Malattia delle ossa di cristallo: cos’è l’osteogenesi imperfetta

L'osteogenesi imperfetta è una malattia genetica rara. Sono state identificate cinque forme: sintomi e cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Quando si parla di osteoporosi tutti siamo in grado di capire di cosa si tratta. Per le donne, in particolare dopo la menopausa, ma non solo per loro, questa condizione porta ad un aumento della fragilità ossea ed espone ad un maggior rischio di fratture che, magari si presentano anche dopo un trauma minimo. Ovviamente questa condizione è molto diffusa e tende a peggiorare con l’avanzare dell’età, ma non si tratta dell’unica patologia in cui le ossa si fanno fragili. Perché a volte il problema nasce non tanto dalla debolezza dell’osso che avanza, ma dalla sua fragilità innata legata al fatto che si è formato in modo non ottimale.

Pensate che aumento della fragilità scheletrica, diminuzione della massa ossea e predisposizione alle fratture di diversa gravità sono i segni più classici della osteogenesi imperfetta (OI), malattia genetica rara conosciuta anche come “sindrome delle ossa di vetro o cristallo”.

Scoprire la patologia ed affrontarla al meglio significa offrire grandi possibilità a chi ne soffre: pensate solo alla storia straordinaria di Michel Petrucciani, pianista jazz di fama mondiale, affetto dalla “Sindrome delle ossa di cristallo” che tuttavia non gli ha impedito di diventare una star.

Non una sola malattia

L’osteogenesi imperfetta, in realtà, comprende un gruppo molto eterogeneo di disordini ereditari principalmente del tessuto connettivo. Secondo quanto riportano i dati di Orphanet ha una prevalenza stimata tra 1/10.000 e 1/20.000 in tutto il mondo, colpisce indistintamente maschi e femmine e l’esordio dipende dalla gravità della malattia.

A livello clinico, sono state identificate cinque forme di OI. Il segno clinico più rilevante in tutti i tipi di OI è la fragilità scheletrica che si manifesta con fratture multiple e/o deformità ossee. In Italia, si stimano oltre un migliaio di casi, con un’incidenza elevata in Sardegna dove si registrano, in generale, oltre 11 mila casi di soggetti affetti da malattia rara.

“L’osteogenesi imperfetta – sottolinea il Prof. Paolo Tranquilli Leali, Past President SIOT, Presidente della Fondazione SIOT-Delitala e Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Locomotore dell’Università di Sassari – deve essere sospettata in caso di fratture ricorrenti traumatiche nella stessa sede, di fratture non traumatiche o causate da traumi lievi. La radiografia è utile per evidenziare alcuni elementi caratteristici che possono indirizzare il sospetto diagnostico. La mineralometria ossea computerizzata (MOC-DEXA), inoltre, permette di valutare la densità ossea e si esegue dai tre anni in poi a cadenza annuale. Il trattamento dell’osteogenesi imperfetta deve avere certamente un approccio multidisciplinare quindi medico, ortopedico, fisioterapico e riabilitativo. Il trattamento chirurgico si rende necessario per la correzione delle deformità scheletriche e della colonna e, in ottica di prevenzione, di ulteriori fratture ma come sempre nelle malattie croniche e, soprattutto, in quelle rare, è necessario mantenere sempre un alto livello di ascolto e vicinanza nei confronti del malato e dei suoi familiari”.

Come si affronta il quadro

Nelle forme gravi di osteogenesi imperfetta la terapia standard prevede l’utilizzo dei bifosfonati per contrastare la perdita di densità minerale ossea e ridurre il dolore osseo e il rischio di frattura, e dell’ormone della crescita (GH). Molto importante è la prevenzione del deficit di vitamina D e calcio nel paziente.

La fisioterapia precoce, inoltre, è fondamentale per migliorare l’autonomia del paziente attraverso la valutazione dei deficit motori e la riduzione del rischio di cadute. “Crediamo che per tutte le patologie e ancor più per quelle rare, la multidisciplinarietà e l’empowerment del paziente rappresenti uno strumento fondamentale per la gestione ottimale ed efficiente della terapia – segnala Antonella Celano, Presidente APMARR. Per questo motivo, il percorso di cura deve andare verso il paziente che va ascoltato e coinvolto, insieme al caregiver”.

“Supposizioni e superstizioni su cosa sia o non sia l’osteogenesi imperfetta creano spesso più ostacoli e difficoltà della patologia stessa – commenta Leonardo Panzeri, Presidente dell’Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta, As.It.O.I. Per questo motivo As.It.O.I. da quasi quarant’anni supporta la ricerca scientifica e la presa in carico fornendo anche e non solo informazioni a vari livelli. È necessario che venga fornita la corretta dignità di vita ad ognuno. Grazie ai progressi della ricerca e a una presa in carico dei pazienti sempre più efficace, l’aspettativa di vita per i soggetti affetti da Osteogenesi imperfetta è di gran lunga aumentata rispetto al passato”.