Cosa sono le lipoproteine e come incidono sul colesterolo

La dieta associata ad uno stile di vita sano può migliorare la colesterolemia modulando la disponibilità di alcune lipoproteine rispetto ad altre

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Fabrizio Brunori

Biologo Nutrizionista

Biologo Nutrizionista si occupa di Bioterapia Nutrizionale®, trattando di nutrizione in condizioni fisiologiche e patologiche accertate.

Pubblicato: 14 Maggio 2024 12:44

Sentiamo spesso parlare genericamente di colesterolo e di lipoproteine. In realtà, esistono diversi tipi di lipoproteine deputate al trasporto di proteine e di lipidi e che svolgono differenti funzioni.

Che cosa sono le lipoproteine

Si tratta di complessi macromolecolari costituiti, come suggerisce il nome, dalla combinazione di quantità variabili di proteine e di lipidi. Hanno una forma sferica e sono idrofile. Infatti, grazie alle lipoproteine è possibile trasportare i lipidi che sono per struttura chimica insolubili in acqua, nel liquido interstiziale e nel sangue, cioè, in ambiente acquoso. Tali particelle trasportano nel plasma umano in percentuali diverse a seconda della loro natura le proteine, i triacilgliceroli o trigliceridi, il colesterolo ed i fosfolipidi. Le lipoproteine sono sintetizzate soprattutto a livello del fegato e dell’intestino e vengono comunemente classificate ricorrendo al criterio della densità. Infatti, è possibile così identificare:

  • I CM: i chilomicroni sintetizzati nell’intestino tenue (lipidi alimentari);
  • Le VLDL (Very low Density Lipoproteins);
  • LDL (Low Density Lipoproteins);
  • HDL (High Density Lipoproteins);
  • IDL (Intermediate Density Lipoproteins).

Ma che cosa significa densità? La densità è associata alla composizione delle lipoproteine che a sua volta riflette la funzione a cui sono deputate. La densità è inversamente proporzionale alla quantità di colesterolo presente nella particella: tanto più colesterolo trasportano e tanto meno sono dense. Infatti, le lipoproteine a densità più alta (HDL) sono relativamente più ricche di proteine e povere di trigliceridi e di colesterolo, mentre quella a densità più bassa (LDL) sono più ricche di colesterolo, trigliceridi e povere di proteine.

Le LDL sono deputate a trasportare il colesterolo sintetizzato dal fegato alle cellule e sono comunemente chiamate “colesterolo cattivo”. Infatti, durante questo percorso il colesterolo trasportato dalle LDL si può depositare nella parete delle arterie favorendo la comparsa dell’aterosclerosi. Con il trascorrere del tempo si assiste ad un progressivo ristringimento del lume dei vasi a seguito della formazione di placche, dette ateromi, che ostacolano parzialmente o completamente il flusso del sangue. Questa condizione è strettamente correlata al rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Diversamente, le HDL vengono chiamate “colesterolo buono” perché sono una sorta di spazzini del nostro organismo, svolgendo una funzione opposta rispetto a quella svolta dalle HDL: trasportano il colesterolo in eccesso proveniente dai diversi tessuti, compresa la parete dei vasi, verso il fegato che provvederà ad eliminarlo attraverso i sali biliari con le feci.

Colesterolo ed i fattori di rischio per l’ipercolesterolemia

Il colesterolo è una sostanza grassa che spesso viene impropriamente demonizzata, quando invece svolge delle funzioni indispensabili per l’organismo umano. Infatti, così come l’ipercolesterolemia rappresenta un rischio per la salute anche un livello troppo basso di colesterolo è un campanello d’allarme che richiede approfondite indagini diagnostiche; tranne quando si è in presenza di alcune condizioni patologiche per cui è necessario che il livello del colesterolo sia mantenuto basso farmacologicamente. È una sostanza che partecipa a regolare molti processi fisiologici quali:

  • La sintesi degli ormoni steroidei come il testosterone e gli estrogeni (ormoni sessuali);
  • Svolge un ruolo chiave alla sintesi della vitamina D;
  • È un costituente ubiquitario delle membrane cellulari e contribuisce a regolarne la fluidità;
  • Contribuisce alla produzione della bile che è indispensabile per la digestione.

Esistono diversi fattori di rischio per l’ipercolesterolemia che può anche avere una componente ereditaria, quindi, la genetica ha un ruolo fondamentale. In presenza di fattori ereditari si parla di ipercolesterolemia familiare, che è condizione correlata ad un’alta incidenza di problemi cardiaci sin dall’età giovanile. Solitamente, i livelli di trigliceridi sono normali. Un altro fattore in grado di favorire l’ipercolesterolemia è rappresentato dall’età. Infatti, con il trascorrere degli anni si registra un fisiologico incremento del valore di colesterolo. Infine, anche l’etnia condiziona il livello di colesterolo nel sangue come nel caso negli afroamericani che, infatti, tendono ad avere valori più alti. Inoltre, l’ipercolesterolemia può essere favorita da patologie quali, ad esempio, il diabete o l’ipotiroidismo.

C’è anche un altro aspetto che riguarda le donne, in parte correlato all’età, che merita di essere approfondito. Durante il periodo fertile, le donne hanno un rischio cardiovascolare minore rispetto a quello degli uomini perché gli estrogeni prodotti dalle ovaie riducono il colesterolo nel sangue. Tuttavia, quando una donna entra in menopausa, nel sangue si verifica una riduzione della concentrazione di estrogeni a seguito dell’interruzione dell’attività delle ovaie. Di conseguenza, il colesterolo totale ed in particolare il colesterolo-LDL tendono ad aumentare, a differenza del colesterolo-HDL che tende a diminuire. Le linee guida definiscono ipercolesterolemia la condizione in cui il livello di colesterolo totale nel sangue è al di spora di una certa soglia. Di seguito, sono indicati valori desiderabili riferiti al colesterolo totale, all’LDL e all’HDL riportati nelle raccomandazioni.

  • Colesterolo totale: ≤ 200mg;
  • Colesterolo LDL: ≤ 100mg;
  • Colesterolo HDL: ˃50mg.

Cosa possiamo fare per prevenire l’ipercolesterolemia

Si tratta di intraprendere uno stile di vita sano che preveda, innanzitutto, di abbondonare tutta una serie di cattive abitudini non solo alimentari. Fortunatamente, abbiamo nelle nostre mani un’arma potente per mantenere il colesterolo entro i limiti consigliati e questa si chiama prevenzione.

Ma in che misura possiamo ridurre il colesterolo? In realtà, non c’è una risposta netta che possiamo dare a priori. Infatti, da un lato il risultato dipende dalla presenza di fattori predisponenti rispetto ai quali non possiamo fare nulla quali, ad esempio, l’età o la familiarità. Dall’altro lato, possiamo intervenire attivamente modificando le nostre abitudini. Lo scopo è quello di attuare un controllo non farmacologico della colesterolemia, attraverso un piano alimentare, quando non è necessario ricorrere a terapie farmacologiche specifiche. Tuttavia, anche i pazienti che stanno assumendo farmaci per il colesterolo alto quali, ad esempio, le statine devono seguire una dieta specifica.

Di seguito, sono riportate le principali indicazioni che dovremmo rispettare:

  • Dieta sana ed equilibrata, diminuire i grassi saturi ed in particolare gli acidi grassi trans presenti in molti prodotti industriali perché riducono il colesterolo HDL ed aumentano il colesterolo-LDL. Il risultato è un aumento del rischio cardio-vascolare e della mortalità;
  • Mantenere il peso corporeo nella norma poiché sovrappeso e obesità sono associati ad un aumento dei valori del colesterolo;
  • Ridurre o preferibilmente evitare il consumo di bevande alcoliche;
  • Smettere di fumare poiché il fumo riduce le HDL (colesterolo buono) e danneggia i vasi accelerando il processo di indurimento delle arterie. Infatti, c’è una progressiva riduzione dell’elasticità;
  • Rinunciare alla sedentarietà. È stato dimostrato che praticare attività fisica regolarmente migliora il livello di colesterolo buono e aiuta a ridurre il livello del colesterolo cattivo.

Il ruolo della dieta nel regolare la colesterolemia

Innanzitutto, è bene precisare sin da subito che adottare un regime alimentare specifico può aiutare a raggiungere una colesterolemia entro i valori normali di colesterolo, ma può non essere sufficiente. Poiché, gran parte del colesterolo è sintetizzato dal nostro fegato mentre solo una parte viene introdotto attraverso la dieta. Ciò che mangiamo può incidere fino a circa il 25-30% del colesterolo totale. Questa è la ragione per la quale in presenza di alcuni fattori quali, ad esempio, ipercolesterolemia familiare, la dieta può non essere sufficiente, da sola, a controllare la colesterolemia.

Sappiamo che alcuni alimenti come la verdura, i cereali e la frutta sono completamente privi di colesterolo. Tuttavia, l’ipercolesterolemia va contrastata attraverso una dieta specifica e non soltanto consumando più frequentemente alimenti naturalmente privi di colesterolo rispetto ad altri, quali il burro o lo strutto, che ne sono particolarmente ricchi. Quindi, è necessario adottare regolarmente un modello alimentare come, ad esempio, quello della dieta mediterranea che si è dimostrato molto efficace nel ridurre il livello di colesterolo. Arrivati a questo punto, non ci resta che scoprire quali sono gli alimenti “amici” del cuore in grado di migliorare il profilo lipidico circa il colesterolo totale, il colesterolo LDL e il colesterolo HDL.

  • I legumi: da consumare almeno due volte alla settimana per la ricchezza di fibre e di steroli vegetali;
  • I cereali integrali come il grano, l’avena, l’orzo, il farro, il miglio o la segale;
  • La verdura;
  • La frutta;
  • L’olio extravergine di oliva;
  • Il pesce azzurro come, ad esempio, lo sgombro, le aringhe, le acciughe, le alici, la leccia ecc.

I polifenoli presenti nell’olio extravergine di oliva sono dei potenti antiossidanti ma possiedono anche altre proprietà. Infatti, riducono i trigliceridi e il colesterolo cattivo LDL mentre aumentano il livello del colesterolo buono HDL. Inoltre, dall’osservazione che esiste una bassissima incidenza di mortalità cardiovascolare in alcune popolazioni come gli eschimesi, in cui il pesce è l’alimento cardine della dieta, è stato attribuito questo effetto protettivo agli acidi grassi omega-3. Il pesce azzurro ma anche la trota, il tonno ed il salmone sono particolarmente ricchi di acidi grassi omega-3: in particolare di acido eicosapentaneoico (EPA) e di acido docosaesaenoico (DHA). Oltre alle fonti animali di omega-3, esistono anche fonti vegetali in cui l’omega-3 principale è acido α-linolenico (ALA) e di cui sono ricchi i semi oleosi come, ad esempio, i semi di lino, i semi di chia, i semi di canapa, le noci, le mandorle ecc.

Gli acidi grassi omega-3 sono in grado di diminuire significativamente i trigliceridi ed il colesterolo totale e, al contrario, aumentano il colesterolo buono HDL. Inoltre, gli acidi grassi della seria omega-3 sono i precursori di molecole antinfiammatorie, a differenza degli acidi grassi omega-6, che aumentano la fluidità del sangue riducendo l’aggregazione piastrinica. In realtà, ciò che è veramente importante ai fini dell’effetto cardioprotettivo non è tanto la quantità assoluta di omega-3 introdotti attraverso la dieta, ma il rapporto tra gli omega-3 e gli omega-6.

Per completezza di informazione, riportiamo che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha reso noto a proposito degli acidi grassi omega-3 che “il rapporto rischio/beneficio di questi medicinali nel prevenire la recidiva di malattie cardiache o ictus è ora negativo”. Infine, dobbiamo ricordare che esistono alcuni alimenti che sono delle fonti alimentari significative di colesterolo a cui è necessario prestare molta attenzione. Tra i cibi appartenenti a questa categoria possiamo menzionare:

  • Il burro, lo strutto, il lardo, la panna ecc.;
  • I formaggi soprattutto stagionati;
  • Il tuorlo delle uova;
  • I salumi;
  • Le frattaglie: il cervello, il fegato e i reni;
  • Le carni ed in particolari quelle grasse.

Fonti Bibliografiche