Prurito, apparentemente inspiegabile che insorge in assenza di attacchi di insetti o di esposizione protratta al sole. Bruciore. Senso di pesantezza alle gambe, soprattutto di sera. Comunque la si descriva, la malattia venosa cronica rappresenta uno dei malanni più tipici della bella stagione. Ma non bisogna sottovalutarla e soprattutto occorre riconoscerla, anche per seguire i trattamenti più indicati caso per caso.
Un problema femminile
I disturbi appena elencati, anche se apparentemente “semplici”, nascono per il ristagno del sangue venoso che non riesce a risalire verso il cuore per un insufficiente funzionamento delle valvole venose e delle pompe muscolari degli arti inferiori.
Insidiosa e potenzialmente pericolosa se la circolazione non consente il normale flusso del sangue e alla lunga capace di dar luogo a flebiti e alla formazione di piccoli coaguli, questa condizione arriva a interessare, con quadri e gravità differenti, circa una donna su due.
Conoscere la situazione è fondamentale: molto utile per chi vuole informarsi è la pagina Facebook “Riscopri le tue gambe”, sulla quale gli angiologi Elia Diaco e Pier Luigi Antignani saranno disponibili in diretta oggi e domani.
Come abbiamo detto, in ogni caso, i fastidi sono spesso generici e sottovalutati. Ma sarebbe sempre importante capire bene le condizioni circolatorie delle vene delle gambe.
“Si tratta di sintomi generici che vanno inquadrati dallo specialista, angiologo o chirurgo vascolare, che si possono manifestare a tutte le età: nelle donne in genere compaiono dopo la gravidanza – spiega lo stesso Antignani, Presidente FIV, Fondazione Italiana Vascolare e Presidente Onorario SIDV, Società Italiana di Diagnostica Vascolare. La malattia venosa cronica è la terza patologia più diffusa dopo allergie e ipertensione, eppure solo una persona su tre sa di essere malata e segue uno stile di vita e terapie farmacologiche idonee, che vanno attuate precocemente ancora prima che compaiano i capillari dilatati sulle gambe, per prevenire le temibili complicanze, quali varici, tromboflebiti e ulcere altamente invalidanti”.
Fondamentale la diagnosi per la giusta cura
La visita angiologica serve a inquadrare il paziente e a individuare i fattori di rischio, primo tra tutti la familiarità, ma anche i fattori ormonali, l’attività lavorativa, l’eccessiva attività agonistica, altri aspetti che possono portare ad un’alterazione del sistema venoso.
Gli accertamenti strumentali si avvalgono dell’ecocolordoppler degli arti inferiori, che va eseguito rigorosamente a paziente sdraiato e in piedi. Accertata la diagnosi, è fondamentale partire dal cambiamento dello stile di vita associandolo all’utilizzo delle calze contenitive e all’assunzione di terapie farmacologiche qualora prescritte dallo specialista.
Nei casi in cui la situazione dovesse progredire con la formazione di varici venose – dilatazioni che si formano a seguito della malattie venosa cronica, dolorose specie nel periodo estivo – la parola può passare al chirurgo.
Una terapia innovativa della quale in questi ultimi anni è stata dimostrata la comprovata efficacia è la scleromousse, che può essere praticata ambulatorialmente, solo da mani esperte, senza tagli e senza anestesia.
“La scleromousse – spiega Diaco, angiologo e chirurgo vascolare – è una tecnica innovativa che può sostituire in tutta sicurezza tranquillamente lo stripping (il classico intervento) e il laser su vene di diametro da 7 millimetri a 2 centimetri con ottimi risultati. Si inietta all’interno un liquido sclerosante schiumoso che agisce sulle pareti della branca varicosa e forma un trombo chimico che nel giro di qualche mese viene distrutto da cellule chiamate macrofagi e la vena varicosa scompare. Naturalmente va praticata da personale molto esperto e in maniera eco-guidata”.