Melanoma: come nasce e qual è la differenza con i nei

I segnali per distinguere un melanoma da un neo normale: quanto è pericoloso, come comportarsi per prevenirlo e quali sono le cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Non è il tumore più frequente della pelle, per fortuna. Numericamente i tumori come quello squamo-cellulare o il basalioma si osservano anche dieci volte di più del melanoma, ma per fortuna sono meno gravi. Perché il melanoma minaccia pesantemente la salute, a meno che non si scoperto precocemente. Anche se le cure sono in continua evoluzione ed offrono risultati sempre più significativi anche nelle forme più avanzate, il melanoma – circa 3100 casi l’anno nei maschi e 2850 nelle femmine ogni anno in Italia – deve essere individuato prima possibile perché così facendo si può anche eliminare, con una prognosi migliore. Per questo arrivare presto è fondamentale.

Come nasce un melanoma

Il tumore nasce quando i melanociti, particolari cellule, prendono una deriva maligna e quindi far modificare un neo preesistente. O addirittura ne fanno generare uno nuovo. Il melanoma può quindi insorgere sulla pelle apparentemente sana o essere conseguenza della modificazione in senso maligno di un neo già presente sull’epidermide. Attenzione però: quando il melanoma viene diagnosticato precocemente è generalmente una malattia guaribile completamente. Se invece non è individuato in tempo e di conseguenza trattato, può diffondersi ad altre parti dell’organismo, come fegato, polmoni, ossa e cervello. Per questo i nei, in fase preventiva, vanno tenuti sotto controllo.

Il melanoma è il tumore più aggressivo della pelle legato alla trasformazione dei melanociti, responsabili del colore della pelle e dell’abbronzatura, su cute apparentemente sana o alla modifica di un neo preesistente – ha recentemente ricordato Ignazio Stanganelli, Direttore del Centro Clinico-sperimentale di Oncodermatologia – Skin Cancer Unit dell’Istituto Tumori della Romagna (IRST) IRCCS. Sappiamo che uno dei fattori di rischio principali è proprio l’esposizione ai raggi solari e le scottature, soprattutto in giovane età. È importante aumentare la conoscenza di questo tumore perché, sebbene la ricerca negli ultimi anni ci abbia dato nuovi strumenti efficaci e mirati, la prevenzione rimane l’arma più potente che abbiamo”.

Come è fatta la pelle e cosa sono i melanociti

La pelle è composta da tre strati sovrapposti. Profondamente si trova l’ipoderma, fatto soprattutto da grasso e tessuto elastico che ha azione isolante che il pannicolo adiposo riveste nei confronti degli organi interni. Questi così vengono protetti dalle variazioni ambientali legate al caldo e al freddo. Subito sopra si trova il derma, costituito soprattutto da tessuto connettivo muscoli e vasi sanguigni. Il derma rappresenta una sorta di “serbatoio” di sangue e nutrimento per la soprastante epidermide. In esso si trova anche uno strato di proteine speciali, che forma il tessuto collagene, strutturate in una rete che permette alla pelle di essere elastica ma nello stesso tempo compatta. Quando si creano leggere lesioni in questa rete di supporto non appaiono lesioni esterne, ma possono comparire le antiestetiche smagliature.

In media il derma è quattro volte più spesso dell’epidermide, lo strato più superficiale, che è a sua volta formato da cinque strutture sovrapposte. La parte più esterna dell’epidermide, che è del tutto priva di vasi sanguigni tanto che quando ci produciamo un sottile taglio molto superficiale non vediamo uscire sangue, si chiama strato corneo. È formato da pelle ormai “inutilizzabile” pronta a sfaldarsi. Lo strato corneo è quindi fatto di pelle praticamente “morta” e lasciano spazio a una sostanza chiamata cheratina che agisce come “impermeabilizzante” cutaneo.

Sotto lo strato corneo si trovano strutture vive, che ricevono il nutrimento da parte del derma attraverso un processo che viene definito “diffusione” degli umori. Il loro nome è melanociti, e si trovano nello strato più profondo dell’epidermide. I melanociti producono la melanina, sostanza che ha il compito fondamentale di proteggere le cellule cutanee assorbendo i raggi Ultravioletti. Infatti i granuli di melanina, che sono prodotti quando la pelle viene sottoposta a stimoli radianti come può accadere con i raggi solari, si spostano attraverso i piccoli “bracci” dei melanociti fino alle cellule dell’epidermide, che vengono quindi “protette” anche se non immediatamente, dalle radiazioni. Proprio da alterazioni dei melanociti si sviluppa il melanoma.

Proteggersi dal sole aiuta a prevenire il melanoma?

Ogni volta che ci esponiamo al sole una serie di radiazioni interagisce con il corpo, creando un insulto fisico, un fattore irritante, nei confronti del quale la pelle attiva una serie di meccanismi di risposta, diversamente modulati a seconda dell’entità della radiazione incidente. La risposta cutanea consiste nell’attivazione di meccanismi di difesa che coinvolgono il sistema immunitario, i sistemi di autoriparazione cellulare, i mediatori dell’infiammazione e le cellule produttrici di melanina. L’abbronzatura, quindi, non è altro che una risposta di difesa della pelle alla fotoesposizione, tramite la stimolazione dei melanociti (speciali cellule cutanee) che aumentano la produzione di melanina.

Due tipi di radiazioni, le ultraviolette A e B, entrano soprattutto in gioco nei delicati rapporti tra pelle e sole. Per capire meglio questi effetti si può fare un gioco: basta cioè alla “A” di UV-A, Aging, cioè invecchiamento, e alla B di UV-B, Bruciatura. Il gioco di parole attribuisce alle due principali componenti lo spettro solare i rispettivi ambiti di influenza. Gli ultravioletti A possono accelerare, quando in eccesso e per lungo tempo, il fotoinvecchiamento della pelle che non è un processo accelerato di senescenza della cute, quanto piuttosto un fenomeno legato proprio ai raggi solari.

L’arrossamento, o eritema solare, è invece una reazione infiammatoria UVB mediata, che provoca vasodilatazione e arrossamento della cute. A seconda dell’intensità della fotoesposizione e, quindi, della gravità dell’effetto, l’infiammazione si estrinseca con sintomi e segni crescenti, dal fastidio, al prurito, al dolore con sintomi generalizzati in caso di scottature. Se queste si ripetono, soprattutto in soggetti particolarmente sensibili per caratteristiche della pelle, aumenta il rischio di sviluppare a distanza di tempo lesioni neoplastiche. Per questo la protezione dai raggi solari è fondamentale, fin da bambini.

Chi sono i soggetti più a rischio

In genere queste lesioni tumorali traggono origine dai nevi, agglomerati di melanociti (particolari cellule cutanee) che possono essere presenti fin dalla nascita o comunque dalla prima infanzia oppure comparire durante tutto il corso della vita. I nevi possono subire trasformazioni visibili anche ad occhio nudo; possono apparire come placche sanguinanti che prima cicatrizzano, ma poi si riformano quando la crosta cade, senza mai guarire del tutto. Sul fronte della comparsa, Prima della pubertà il riscontro di melanoma è puramente aneddotico. In genere questa neoplasia si manifesta in persone di età compresa tra i 30 ed i 60 anni e di classe sociale medio-alta.

Considerato fino a pochi anni or sono una neoplasia rara, oggi mostra una incidenza in crescita costante in tutto il mondo e numerosi studi suggeriscono che essa sia addirittura raddoppiata negli ultimi anni.  Questa forma tumorale può insorgere in qualsiasi parte del corpo, anche all’interno della bocca o degli organi genitali. Va comunque ricordato che le sedi più comuni sono la testa, il collo e il tronco per gli uomini, gli arti per le donne. Le lesioni più insidiose sono quelle a livello di sedi che normalmente non vengono controllate, come il capo (perché coperto dai capelli) o nelle pieghe interdigitali dei piedi.

I tipi di melanomi cutanei

I melanomi cutanei (possono essere colpite anche altre zone del corpo come l’occhio) possono nascere in diversi momenti sulla pelle oppure essere originati da nevi già presenti.

Sono quattro i tipi di melanoma della pelle: la forma più comune è il melanoma a diffusione superficiale (circa sette casi su dieci sono di questo tipo), il melanoma modulare, che è il più aggressivo perché tende ad approfondirsi nella cute precocemente, e i più rari lentigo maligna melanoma e melanoma lentigginoso acrale.

Il principale fattore di rischio per il melanoma cutaneo è l’esposizione eccessiva alla luce ultravioletta rappresentata soprattutto dai raggi del sole. L’eccessiva esposizione al sole, specie se in tenera età, può danneggiare col tempo il Dna cellulare e favorire la trasformazione tumorale. Anche le lampade e i lettini solari vanno utilizzati con grande attenzione e mai sotto i 18 anni.

A rischio più elevato di sviluppare melanoma sono anche le persone con immunodeficienze, ad esempio per precedenti chemioterapie o trapianti, e chi soffre di malattie ereditarie come lo xeroderma pigmentoso, patologia in cui il Dna non riesce a riparare i danni causati dalle radiazioni.

Sicuramente infine incidono la predisposizione familiare, la presenza di lentiggini o di nei, soprattutto se sono grossi, dai bordi irregolari, di forma e colore variabile o se questi sono più di cinquanta diffusi sulla pelle.

differenza fra neo e melanoma
Fonte: DiLei
Qual è la differenza fra neo e melanoma e come fare prevenzione

Le differenze fra neo e melanoma passano dalla prevenzione

Per la prevenzione, fondamentale è tenere presenti le prime cinque lettere dell’alfabeto. La A indica l’asimmetria del neo, che, la B fa ricordare che i bordi del melanoma sono frastagliati, al contrario di un normale neo. La C sta per colore e ricorda come in un melanoma possano essere presenti più sfumature di colore (marrone, nero, rosso, bianco) quando in un neo normale il colore è quasi sempre uniforme, più o meno intenso.

La D sottolinea come siano importanti le dimensioni del neo: se il diametro della lesione supera i 6 millimetri, specie se accompagnato da una crescita, lenta ma progressiva, bisogna allarmarsi. Infine la E fa memorizzare che occorre andare dal medico se quello che sembra un neo cambia nei suoi aspetti, cioè la sua evoluzione, o se cresce in alto (elevazione).

L’importanza della mappatura dei nei

Occorre tenere sotto controllo i nei. È basilare che ogni persona si sottoponga alla mappatura. Poi il controllo andrebbe ripetuto nel tempo sulla scorta delle indicazioni del dermatologo. L’esame è completamente non invasivo e si effettua in ambulatorio. Si può praticare con macchinari sempre più moderni che permettono avere una risoluzione sempre più elevata e quindi di rilevare anche nei estremamente piccoli. Inoltre, grazie alla possibilità di scannerizzare e tenere in memoria le immagini, lo specialista può valutare non solo i mutamenti dei nei eventualmente presenti ma anche di individuarne di nuovi.

Il controllo con questo semplice esame dovrebbe cominciare già nei primi anni di vita e poi essere ripetuto con regolarità e con scadenze prefissate in base alle caratteristiche della persona e della sua pelle. Il dermatologo può dare i tempi corretti per i controlli, caso per caso: non dimenticate che grazie alla tecnologia si possono ridurre gli interventi inutili e si può scoprire circa il 20 per cento in più di melanomi rispetto a quanto si riscontra con la sola visita.

Le persone di pelle chiara, quelle con molti nei, chi ha avuto un parente di primo grado di melanoma dovrebbero sottoporsi a controlli più serrati. Il rischio è infatti correlato al fototipo: debbono fare più attenzione appunto le persone con pelle chiara, occhi azzurri e capelli rossi, mentre le persone con pelle scura od olivastra, occhi marroni/neri e capelli neri hanno un rischio minore. Il fototipo, ovvero le caratteristiche della pelle, definiscono la necessità di protezione e il tipo di controlli da fare, previo consulto del dermatologo.

Come funziona la diagnosi del melanoma?

Per avere la certezza di diagnosi di melanoma occorre effettuare una biopsia, cioè il prelievo di una piccola area di tessuto alterato che può essere poi studiata al microscopio per valutarne la composizione cellulare. Importante è anche il test dell’epiluminescenza, che va effettuato dallo specialista dermatologo e si basa su una speciale tecnica di ingrandimento e illuminazione della pelle che consente di osservare anche gli strati più profondi. Una volta riconosciuta la lesione si effettuano esami più specifici, come ad esempio la presenza di mutazioni molecolari tipiche di alcune forme di melanoma cutaneo e utili per definire prognosi e trattamento oltre a controlli come TC, Pet o risonanza magnetica per identificare eventuali metastasi.

Gli stadi del melanoma cutaneo

Fondamentale è definire la stadiazione del tumore, perché in base a questa valutazione si può individuare la cura migliore per ogni singolo caso. In particolare per il melanoma si possono avere quattro diversi stadi:

  • Stadio I: la lesione ha uno spessore inferiore a 1,5 millimetri ed è limitata all’epidermide o eventualmente allo strato superiore del derma.
  • Stadio II: la lesione ha uno spessore compreso tra 1,5 e 4 millimetri e ha invaso il derma. Generalmente quando un melanoma viene definito di stadio II significa che non ha ancora raggiunto le ghiandole linfatiche (linfonodi) vicini alla lesione. In alcuni casi, tuttavia possono essere presenti interessamenti linfonodali invisibili con conseguente rivalutazione del livello di gravità.
  • Stadio III: la lesione ha uno spessore maggiore di 4 millimetri e ha raggiunto i linfonodi adiacenti. Capita frequentemente che in questa fase di malattia siano presenti diversi focolai tumorali nella zona interessata dal melanoma.
  • Stadio IV: è il più grave e riguarda melanomi che si sono diffusi attraverso il sangue o il sistema linfatico, dando metastasi a livello di altri organi, generalmente fegato e polmoni, ma anche cervello, ossa ed organi interni. La gravità dipende anche dal numero e dalla sede delle metastasi.

Come si cura il melanoma?

La cura va sempre studiata caso per caso e può modificarsi. Per questo lo specialista individua la terapia sulla base di alcuni parametri come la sede della lesione, lo stadio, l’età e lo stato di salute del paziente.

Alla base dell’approccio c’è sempre l’asportazione chirurgica, la cui entità dipende dallo stadio del tumore, cui si può associare la valutazione dei linfonodi “”sentinella”. Queste sono le prime ghiandole linfatiche “in contatto” e quindi ricevono linfa, ed anche eventuali cellule neoplastiche dalla lesione. Se i linfonodi sentinella mostrano di contenere cellule tumorali vengono asportati tutti i linfonodi dell’area ed è molto probabile che il tumore abbia già dato luogo a metastasi. Per questo i pazienti con linfonodi positivi (stadio III) vengono trattati anche con terapie mirate o radioterapia.

I melanomi di stadio IV sono molto difficili da curare: anche in questo caso si procede comunque asportando chirurgicamente le metastasi operabili e offrendo un trattamento. I risultati delle cure sono drasticamente mutati, in meglio, grazie alle combinazioni di farmaci che possono andare ad agire in presenza di particolari mutazioni e/o immunoterapia. Questo approccio, caso per caso, consente all’organismo di reagire specificamente nei confronti delle cellule tumorali.

Tra le notizie sulle ricerche, una va segnalata. Nei pazienti con melanoma resecato ad alto rischio, il trattamento adiuvante con un vaccino a mRNA personalizzato combinato con l’anti-PD-1 pembrolizumab ha migliorato la sopravvivenza libera da recidiva e ha ridotto in modo significativo il rischio di recidiva o decesso, che risulta quasi dimezzato, rispetto al solo pembrolizumab, indipendentemente dal carico mutazionale del tumore. A dirlo sono i risultati dello studio di fase 2b mRNA-4157-P201/KEYNOTE-942, presentato al congresso annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR), a Orlando, in Florida.

Fonti bibliografiche