Fino a qualche mese fa, quando ancora il mondo non era entrato nell’epoca della pandemia, termini come tamponi e test facevano venire in mente solamente problematiche legate al benessere fisico e psicologico. Oggi, invece, siamo letteralmente sommersi di informazioni su queste parole e ci chiediamo dopo qualche colpo di tosse o altri segni d’infezione virale delle vie aeree quali esami ci possono aiutare per scoprire se abbiamo contratto, magari anche in modo del tutto asintomatico, l’infezione da Sars-CoV-2.
Insomma: è una sorta di “giungla” in cui districarsi è difficile. Detto che il medico è il punto di riferimento per ogni domanda specifica, ecco qualche informazione utile.
In cerca del virus con il tampone
Il classico tampone molecolare, quello che si fa inserendo una sorta di lungo batuffolo di cotone nella parte alta del naso per raccogliere materiale da analizzare, è oggi l’esame più efficiente per individuare il virus. Ma non è infallibile. A volte infatti può essere eseguito mentre è in corso l’incubazione virale e quindi offrire un risultato che viene definito “falso negativo”.
Mediamente il rischio di andare incontro a questa situazione, che si rischia soprattutto quando la carica virale è molto bassa, si aggira intorno al 10-15 per cento. In ogni caso, ad oggi il classico tampone nasale pur non essendo un test completamente ottimale è il più efficace che si ha a disposizione per ricercare la presenza del materiale genetico del virus, ovvero il suo RNA.
Questo viene identificato facendo riprodurre in macchine specifiche che consentono l’amplificazione del patrimonio genetico virale in laboratorio il materiale prelevato, fino ad identificare l’eventuale presenza del genoma di Sars-CoV-2. Va detto comunque che il tampone molecolare, questo il termine scientifico che definisce il test (si punta ad effettuarlo non solo sulle secrezioni nasali, ma anche sulla saliva) appare fondamentale per seguire eventuali contatti di una persona che è stata ritrovata positiva al virus, pur ricordando che oggi i tamponi vengono eseguiti ad una popolazione diversa rispetto ai primi mesi della pandemia, ovvero anche su molti asintomatici, ed esistono anche possibili variabili nelle modalità di esecuzione del prelievo che possono impattare sul risultato, dal semplice “esecutore” del test fino alla macchina per esaminare quanto ottenuto.
La velocità con i test antigenici
E se non si cercasse il virus intero, ma le sue “tracce” biologiche sotto forma di proteine che Sars-CoV-2 rilascia? Questo potrebbe essere un sistema alternativo, si dirà. Ed è proprio questo l’obiettivo dei test antigenici, che si possono eseguire molto più rapidamente tanto da dare risultati in qualche decina di minuti. Questi sempre di più stanno diventando uno strumento di screening, anche per il costo ridotto, come accade ad esempio in alcuni aeroporti. Ma non bisogna credere che siano infallibili.
Gli esiti e l’affidabilità dipendono molto dalla quantità di virus presente e quindi gli antigeni virali che si possono ritrovare: quando la carica virale è molto elevata l’affidabilità del test è alta, ma tende poi a scemare e quindi a dare risultati “falsi negativi” che sicuramente non sono ottimali in termini di controllo dell’infezione. Per questo non bisogna mai dimenticare che un semplice test antigenico negativo non deve essere preso per oro colato in presenza di sintomi e che la conferma dell’eventuale positività deve venire attraverso il classico tampone molecolare.
E gli anticorpi?
L’esame del sangue per rilevare la presenza di anticorpi, in termini di diagnosi per il singolo, è ormai considerato poco utile. In pratica il test va a ricercare la presenza di “soldati” del sistema immunitario che vengono prodotti in seguito all’infezione ed hanno il compito di difenderci dal “nemico”.
Sotto l’aspetto del controllo dell’infezione, tuttavia, avere questa informazione non appare particolarmente utile, sia perché in pratica informano su quanto avvenuto in passato sia perché in una certa fase, all’inizio dell’infezione, possono non essere ancora presenti e quindi “ingannare”. Per questo l’utilità di questo parametro è legata soprattutto ai dati epidemiologici sull’infezione: aiutano infatti a sapere chi ha sviluppato una reazione al coronavirus.