Più si sale, meno ossigeno è disponibile. Questa è una regola fissa. Ed è proprio questa situazione che in qualche modo può predisporre chi è maggiormente sensibile ai malanni delle alte quote, anche e soprattutto se non si è perfettamente in forma per età o per malattia.
Così, è importante non esagerare. Ed adattarsi progressivamente, per ridurre i rischi di mal di testa, tachicardie, affanno, difficoltà a riposare normalmente ed altri fastidi. Insomma: è sempre importante acclimatarsi. Magari sfruttando i segreti dei colibrì.
Se non ci credete andate a rileggere una ricerca di qualche tempo fa, condotta all’istituto americano CalTech, che ha preso spunto proprio dalle caratteristiche di questi piccolissimi volatili. Il loro segreto? Anche ad altezze considerevoli, come appunto accade ai colibrì delle Ande peruviane, questi animali sanno conservare l’ossigeno grazie all’assunzione di nettari che li aiutano a dilatare le vie respiratorie.
Così si adattano al clima e soprattutto trattengono più a lungo l’ossigeno nel torace, con un miglior “rendimento” ovviamente in termini percentuali, degli scambi che naturalmente avvengono tra aria e sangue.
Ovviamente, non possiamo pensare di fare nostro l’incessante movimento dei piccoli uccelli. Ma possiamo comunque fare in modo di limitare le possibilità che emergano fastidi.
Indice
Perché nasce e come si manifesta il mal di montagna
Prima di tutto, si inizia spesso con il classico “fiatone”. Quando l’ossigenazione del corpo cala, infatti, si aumenta la ventilazione ovvero la quantità di aria che entra nei polmoni, sia facendo respiri molto profondi sia soprattutto accelerando gli atti respiratori e quindi andando incontro ad un’accelerazione della frequenza del respiro. Contromisura: più che fare piccole inspirazioni ripetute, se possibile fate respiri profondi.
Capitolo cuore: finché si rimane a riposo se non si superano ad alta quota il numero dei battiti può salire solo in maniera impercettibile. Ma se ci si stanca, magari per una camminata in salita, la frequenza cardiaca aumenta. Inoltre tende anche ad aumentare la pressione arteriosa, sia massima che minima. Questo può accadere già a partire dai 1500 metri, e i valori crescono soprattutto quando si fa attività fisica. Va comunque detto che questo effetto sulla pressione può essere in genere legato alle prime ore dall’arrivo alle alte quote: almeno a riposo, dopo qualche giorno i valori della pressione tendono a ritornare normali.
Infine, non bisogna dimenticare che nei primissimi giorni dopo l’arrivo in montagna l’ipossia, cioè la carenza relativa di ossigeno tipica delle alte quote, si può tradurre in un aumento degli ormoni dello stress, prima tra tutti il cortisolo. La conseguenza è che, oltre ad avere battiti cardiaci più frequenti ed innalzamenti della pressione, si possono avere anche difficoltà a prendere sonno normalmente.
L’insonnia da alta montagna, che si può rivelare sia nella difficoltà a cadere tra le braccia di Morfeo sia in un risveglio anticipato, è quindi un fattore da mettere in conto: ovviamente anche in questo caso il rischio è maggiore se gli sforzi fisici sono particolarmente intensi.
Ultima cosa da ricordare: non stupitevi se nei primi giorni di ipossia relativa ad alta quota vi sembra di urinare di più. È una reazione del tutto normale, legata allo stimolo che la carenza d’ossigeno può indurre sui reni, le nostre “lavatrici” del sangue. Niente paura comunque: se non fate “pazzie”, tutto torna alla normalità in breve tempo.
Come fare una “buona” passeggiata
Ecco cinque semplici regole che possono aiutarci ad adattarci progressivamente alle quote più alte e a muoverci per gite e passeggiate.
Evitate un eccessivo incremento della frequenza cardiaca, e per questo, oltre al ritmo dei passi, è importante evitare salite eccessivamente ripide e zaini troppo pesanti, anche perché se lo sforzo diventa eccessivo si possono mettere a repentaglio le articolazioni.
Usate zaini tecnici di peso leggero e indumenti che consentano un’adeguata traspirazione. Camminando regolarmente in pianura si consuma circa mezza caloria per chilo di peso per chilometro, ed il consumo arriva a raddoppiarsi se ci si muove su un sentiero ripido.
Muovete bene i piedi che debbono “entrare” sul terreno per spingere e non devono solo essere appoggiati, vanno tenuto ben diritti, per distribuire la forza del passo su tutta la pianta. Così date una una posizione corretta a tutto il corpo e soprattutto alla schiena, riducendo il rischio di dolori.
Indossate calzature che consentano una buona circolazione del sangue nel piede e ben allacciate. La parte posteriore del piede andrebbe leggermente rialzata, quindi il tacco dovrebbe aggirarsi sui due centimetri. Attenzione anche alla calze: meglio che siano traspiranti.
Adottate i bastoni. Il Nordic Walking coinvolge le gambe, ma anche le braccia ed altri fasci muscolari. Consente di ridurre il carico su caviglie, ginocchia ed anche e si riprendono i movimenti classici dello sci da fondo, ovvero il cosiddetto passo “alternato”.
Il consiglio finale
La prima regola per non sbagliare in montagna è evitare di trasformarsi improvvisamente – e senza la giusta preparazione – in alpinisti. Impariamo a prestare attenzione alle sollecitazioni che il corpo riceve, specie se non si è allenati e in buona salute, anche perché in montagna, complice anche l’ipossia (cioè la carenza di ossigeno) che si può riscontrare ad esempio sopra i 2000 metri, a cuore e vasi viene imposto uno stress significativo, che deve mettere in guardia soprattutto chi soffre di ipertensione e i cardiopatici. Non bisogna comunque esagerare, soprattutto se si è superata la soglia degli “anta”.
Per questo è fondamentale uno screening, che preveda una valutazione adeguata di cuore e vasi, anche in risposta a stress intensi, apparato respiratorio, muscoli, ossa e articolazioni. Il tutto per ridurre il rischio di problemi che potrebbero nascere anche per le difficoltà d’adattamento dell’organismo, che alle alte quote ovviamente mette in atto manovre di compensazione in grado ci far fronte al calo dell’ossigeno disponibile.