Anestesia generale, cosa succede nelle fasi in cui non si è coscienti

Il viaggio nell'anestesia generale comporta diverse fasi: ipnosi, analgesia contro il dolore e miorisoluzione per rilassare i muscoli

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Si comincia con il classico “conti fino a dieci”. Quando inizia il “viaggio” dell’anestesia generale alla persona viene proposto un conteggio che in molti casi nemmeno arriva al traguardo. Perché bastano pochi secondi. Sotto l’influsso degli anestetici, il sonno si impadronisce dell’organismo e ci si trova isolati dal mondo esterno. Così si possono effettuare gli interventi chirurgici, con lo specialista che trova il tessuto su cui agire rilassato.

Detto che per ogni intervento l’anestesista studia con il paziente l’ottimale approccio, per poi portarlo avanti, non dimentichiamo che il “viaggio” nell’anestesia generale ricalca spesso una via ben tracciata, fatta di diverse componenti che si mescolano tra loro. Occorre l’ipnosi, cui fa seguito l’analgesia per evitare il dolore. Ed infine occorre avere i muscoli ben rilassati perché il chirurgo possa trattare al meglio i tessuti. Per questo bisogna puntare su un trattamento che mira proprio a questo obiettivo, la miorisoluzione.

Come si fa l’ipnosi

Avete presente quelle storie, quasi aneddotiche, in cui si riporta la vicenda delle persone che si svegliano durante l’anestesia? Ebbene, sappiate che oggi esiste il modo di evitare questo rischio, peraltro davvero minimale, monitorando la profondità della fase di ipnosi. Questo obiettivo si può raggiungere attraverso sistemi di controllo semplici ma allo stesso tempo estremamente efficienti. Ad esempio, ci sono mezzi di analisi e controllo che in pratica riproducono quanto si verifica con un elettroencefalogramma. Attraverso semplici elettrodi appoggiati sulla fronte e collegati ad una macchina che registra i segnali dell’attività del cervello è possibile controllare la profondità dell’anestesia nel corso dell’intervento.

In questo modo si può ottenere davvero un’ipnosi su misura. E soprattutto, conoscendo con maggior precisione la profondità dell’ipnosi, è possibile controllare di non essere in una fase di sonno “normale”, che potrebbe portare a svegliarci. Ma si può anche valutare di non aver ecceduto con i farmaci ipnotici, con conseguente possibile rischio di problematiche legate all’anestesia come il calo drastico ed eccessivo della pressione arteriosa, l’eccessivo rallentamento del battito cardiaco ed eventualmente anche le difficoltà respiratorie. Controllando bene l’ipnosi evitando un’eccessiva profondità, infine, si può anche limitare un rischio tipico degli anziani: la possibilità che si sviluppi un vero e proprio stato di alterazione della mente nel post-operatorio.

Perché è importante l’analgesia

L’anestesia, a ben vedere, ha come obiettivi offrire al chirurgo la possibilità di intervenire senza particolari problemi e soprattutto di limitare quanto più possibile la comparsa di insorgenza di dolore. Questo, anche senza che magari il paziente addormentato lo manifesti lamentandosi, può comunque essere “osservato” indirettamente. Come? Ad esempio attraverso reazioni come aumento della pressione arteriosa o la tachicardia. Insomma: il corpo magari soffre anche senza che ci sia una vera e propria percezione dolorosa.

Per questo si tratta di un passaggio dell’anestesia di grandissima importanza. Ma non basta. Se non si cura con particolare attenzione l’analgesia e quindi non si agisce sul dolore mentre il paziente “dorme” profondamente, c’è il rischio che al momento del risveglio il malato stesso provi già dolore. siamo quindi di fronte ad un’evenienza da limitare ad ogni costo. Va detto che i farmaci utilizzati per analgesia sono quindi basilari e che, a volte, nell’ottica dell’anestesia “personalizzata” lo specialista può anche individuare trattamenti di “rinforzo” dell’analgesia generale, agendo con tecniche specifiche su determinate aree.

I muscoli debbono essere rilassati

Il trattamento di miorisoluzione deve indurre la paralisi dei muscoli. Perché per il chirurgo che deve operare, e soprattutto per la sicurezza del malato stesso, è fondamentale che non ci siano movimenti durante l’intervento. I farmaci, che vengono definiti proprio per la loro attività bloccanti neuro-muscolari vanno dosati con grande attenzione. Perché se è vero che bisogna evitare i movimenti del paziente, bisogna anche fare in modo (che il loro effetto si spenga al momento del risveglio dall’anestesia.

Così il paziente potrà respirare senza difficoltà nel momento in cui ha bisogno di riprendersi quando inizia a svegliarsi. Anche in questo caso, c’è comunque il modo di valutare dall’esterno quanto e come i muscoli rimangono rilassati. Come? Attraverso elettrostimolatori che possono rivelare se il rilassamento c’è ed è efficace. così si evitano problemi. E il malato non viene risvegliato quando ancora i farmaci bloccanti neuro-muscolari sono in attività.