L’AIDS (acronimo di Acquired ImmunoDeficiency Syndrome) è una malattia infettiva causata dal virus HIV (Human immunodeficiency virus).
L’azione primaria del virus consiste nella progressiva riduzione delle difese immunitarie dell’organismo, rendendolo più vulnerabile alle infezioni e all’insorgenza di alcuni tumori.
Le manifestazioni cliniche dell’AIDS sono aspecifiche e rappresentate da malattie opportunistiche (ossia causate da virus, batteri o funghi patogeni che, in soggetti con una risposta immunitaria non compromessa, non causano alcuna sindrome) e da alcune tipologie di tumori (come i linfomi), agevolate da un serio danneggiamento del sistema immunitario.
Indice
Storia dell’AIDS
Dal punto di vista epidemiologico, si ritiene che la prima infezione da HIV sia avvenuta in Africa verso la fine degli anni 50, a seguito dello spillover – ossia salto di specie – del virus che induce lo stato di progressiva immunodeficienza. L’HIV rappresenterebbe, quindi, la versione mutata del SIV (Simian Immunodeficiency Virus) che convive con le scimmie da molte centinaia di anni.
La trasmissione scimpanzè/uomo si verificò molto probabilmente a causa di un morso. Vi sono prove che gli esseri umani dediti ad attività di caccia, vendita di carne e pelli di scimmia avessero contratto il SIV (“teoria del cacciatore”). Tuttavia, solo alcune di queste infezioni sono state in grado di causare epidemie nell’uomo, e tutte possono collocarsi tra la fine del XIX secolo e l’inizio di quello successivo.
L’origine dell’epidemia e la ragione per cui solo un ceppo specifico del virus – il tipo denominato HIV-1 di gruppo M – sia riuscito a innescare un contagio su scala mondiale, mentre altri sottotipi del virus hanno avuto una circolazione più circoscritta, sono ancora oggi tema di dibattito.
Il virus si diffuse per la prima volta nel 1920 a Kinshasa (allora Léopoldville), attuale capitale della Repubblica del Congo, in quel periodo città coloniale in forte espansione e centro nevralgico di un commercio molto florido. Il grande sviluppo delle ferrovie, così come l’adattabilità genetica del virus, l’aumento demografico, lo sviluppo dei trasporti, la prostituzione, la circolazione di altre malattie infettive e l’abitudine di impiegare negli ospedali siringhe non sterilizzate contribuirono a far dilagare progressivamente l’infezione negli altri Paesi africani.
Alla fine degli anni Settanta l’HIV risultava già diffuso nelle isole dei Caraibi e in alcune zone metropolitane degli USA e del Nord Europa, mentre all’inizio degli anni ’80 si accingeva a diffondersi su scala globale, a seguito di un forte interscambio turistico/commerciale e di trasfusioni con sangue inconsapevolmente infetto.
L’AIDS oggi
Ad oggi non esiste ancora una cura risolutiva o un vaccino per l’eradicazione dell’infezione. Tuttavia in oltre 40 anni di convivenza con questa patologia a livello mondiale, sono stati fatti enormi progressi in campo scientifico.
Oggi, infatti, le persone affette da HIV riescono a condurre un’esistenza pressoché normale. Le evidenze scientifiche dicono che le aspettative di vita per chi oggi scopre di avere l’HIV, e comincia subito il trattamento, sono equiparabili a quelle di chi non ne è affetto.
L’esecuzione del test HIV, svolto per legge in modo anonimo e veloce, è dunque uno strumento importantissimo (l’unico) per la diagnosi precoce di questa sindrome.
Malgrado le terapie attuali siano capaci di offrire una buona qualità di vita alla persona colpita da HIV, lo stigma sociale (alimentato anche da una scarsa informazione sul tema) influenza senz’altro il benessere psicologico e il percorso terapeutico del paziente. Si stima che il 32% di persone affette da HIV è o è stato vittima di episodi discriminatori.
Come si colloca il nostro Paese nella lotta all’AIDS? Nel 2017 l’Italia si è dotata di un piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS); tuttavia a due anni dalla sua entrata in vigore, solo la metà delle Regioni lo aveva recepito con Delibere regionali, nel 38% dei casi era stata nominata la Commissione regionale AIDS e solo il 37% delle Regioni aveva realizzato campagne di comunicazione.
L’arrivo del Covid-19 non ha di certo aiutato la causa, facendo registrare per esempio una diminuzione di oltre il 50% dei test HIV effettuati e ritardi nell’accesso ai servizi sanitari per le visite. La scarsa o cattiva informazione e assenza di sensibilizzazione hanno poi incentivato la diffusione dell’infezione soprattutto tra i più giovani (incidenza più elevata nella fascia di età 25-29 anni).
È evidente come l’emergenza sanitaria da Covid-19 non possa più rallentare la gestione ottimale delle altre patologie, soprattutto di quelle croniche come l’HIV/AIDS.
Ora più che mai si rende necessario un nuovo slancio nell’implementazione del PNAIDS sul territorio, cercando d’identificare correttamente le priorità d’intervento.
Cos’è l’AIDS
La prima disambiguazione opportuna è che, come sopra descritto, AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) e HIV (virus dell’immunodeficienza umana) non sono la stessa cosa.
L’HIV è un virus che aggredisce e distrugge, in particolare, una tipologia di globuli bianchi, i linfociti CD4, responsabili della risposta immunitaria dell’organismo. Infezione da HIV colpisce specificamente questi linfociti, indebolendo gradualmente il sistema immunitario e rendendo la persona più suscettibile alle infezioni opportuniste. Pertanto, la conta dei linfociti CD4 è un indicatore importante per valutare lo stato dell’infezione da HIV e la progressione della malattia verso l’AIDS o risposta alla terapia.
Quando l’HIV non è trattata, il sistema immunitario risulta sempre più indebolito, al punto da non riuscire più a difendersi dall’attacco di altri virus, batteri, protozoi, funghi e tumori che di solito vengono soppressi. L’infezione da HIV, infatti, non ha una propria sintomatologia specifica, ma prende corpo attraverso le conseguenze che genera sul sistema immunitario.
L’infezione può essere silente per anni, senza la manifestazione di alcun sintomo, e ci si può accorgere di averla contratta solo a seguito dell’insorgenza della così detta malattia “opportunistica”.
Ecco perché è di cruciale importanza sottoporsi al test – denominato ELISA – che consiste in un semplice prelievo di sangue, indolore, veloce, anonimo ed effettuabile gratuitamente presso gli ospedali e i centri diagnostici pubblici/privati autorizzati. Quest’ultimo si può trasmettere solo attraverso i seguenti liquidi biologici di persone con HIV inconsapevoli o non sotto terapia antiretrovirale efficace:
- sperma e secrezioni vaginali (tramite rapporto sessuale)
- sangue e suoi derivati (scambio di siringhe o condivisione di strumenti per l’uso di sostanze psicoattive; trasfusioni di sangue infetto)
- latte materno (trasmissione verticale); in realtà, per questa tipologia di contagio l’allattamento al seno è la modalità più rara, mentre è più frequente la trasmissione dell’infezione durante la gravidanza o al momento del parto.
La possibilità di trasmettere l’infezione da Hiv dipende dal tipo di comportamento e, soprattutto, dalla quantità di virus presente nel sangue o nelle secrezioni genitali della persona con HIV.
È massima nelle prime settimane dopo l’infezione. È nulla quando una persona con HIV è in terapia con farmaci efficaci, i quali mantengono persistentemente la carica virale (cioè la quantità di virus presente nel sangue/secrezioni) a livelli non misurabili da almeno 6 mesi.
In questo caso si parla di U=U Undetectable = Untrasmittable (ossia Non rilevabile = Non trasmissibile). Questo concetto si basa sull’evidenza che le persone con infezione da HIV che raggiungono e mantengono una carica virale indetectable grazie alla terapia antiretrovirale non trasmettono il virus attraverso il sesso non protetto. In altre parole, quando l’HIV è “indetectable” nel sangue di una persona, il rischio di trasmissione del virus agli altri è virtualmente nullo. Questo principio ha importanti implicazioni nella lotta contro la stigma associata all’HIV e nella promozione di relazioni sessuali sane e consapevoli tra le persone con HIV e i loro partner sessuali.
Tuttavia, come già evidenziato, a seguito degli enormi progressi scientifici conseguiti dall’inizio di questa pandemia, oggi le persone affette da HIV grazie alla terapia antiretrovirale – associazione di farmaci capaci di bloccare la replicazione del virus rallentando la distruzione del sistema immunitario – sperimentano un più contenuto impatto sull’organismo e ridotti effetti collaterali.
I malati beneficiano di una buona qualità della vita con aspettative simili a chi non presenta infezione da HIV (nel caso in cui, però, sia avvenuta una diagnosi precoce).
Oggi fortunatamente è anche possibile ridurre il rischio di trasmissione verticale (da madre a figlio) se viene somministrata la terapia antiretrovirale alla madre durante la gravidanza e al neonato nelle prime 4/6 settimane di vita. È quindi necessario sottoporsi al test per l’HIV prima o subito all’inizio di una gravidanza.
Sintomi dell’AIDS
L’HIV comunemente si manifesta attraverso due diverse fasi. Nella prima, a distanza di alcune settimane dall’infezione, i pazienti posso accusare sintomi simili a una sindrome influenzale caratterizzata da febbre, dolore articolare e muscolare, gonfiore delle ghiandole linfatiche, manifestazioni cutanee, sudorazioni notturne.
In alcuni casi, come visto, questa prima fase può addirittura restare asintomatica (ossia latente) per molti anni. La progressione dell’infezione varia da individuo a individuo.
Se non si interviene tempestivamente con la terapia antiretrovirale, l’infezione da HIV progredisce ad AIDS. In questa seconda fase, possono insorgere infezioni generate da agenti patogeni “opportunisti”, già presenti nell’organismo, che conducono a sindromi la cui progressione è potenzialmente in grado di condurre alla morte.
Cura dell’AIDS
Attualmente l’infezione da HIV viene contrastata grazie a terapie efficaci date dall’azione combinata di farmaci antiretrovirali, le quali consentono un recupero di funzionalità del sistema immunitario e quindi un rallentamento della progressione della malattia.
È opportuno precisare che non ci si trova in presenza di trattamenti risolutivi, in quanto il virus non viene espulso dall’organismo, ma essi ne impediscono piuttosto la replicazione, azzerando la carica virale nel sangue ed evitando la trasmissione dell’infezione.
Nel 1987 è stato introdotto il primo farmaco antiretrovirale, la zidovudina (Azt), a cui si sono aggiunti negli anni a seguire altri farmaci con diversi principi di azione.
A causa della forte tendenza dell’HIV alla mutazione, è fondamentale non solo scoprire nuovi farmaci, ma anche proporre terapie combinate (associazione di più antiretrovirali) per minimizzare o almeno posticipare il manifestarsi di ceppi virali resistenti ai trattamenti.
Oggi alle persone sieropositive viene suggerita una terapia molto efficace, denominata HAART (Higly Active Anti-Retroviral Therapy), che consiste nella combinazione di vari farmaci antiretrovirali. Se i farmaci sono assunti correttamente, sia in termine di dosaggi sia di tempi, l’infezione da HIV riesce ad essere ben monitorata e l’aspettativa di vita delle persone sieropositive risulta oggi equiparabile a quella del resto delle persone.
Attualmente sono allo studio nuove categorie di farmaci con una funzione più di stimolo e supporto del sistema immunitario, anziché un’azione antivirale di tipo diretto. Oltre a ciò, sono in corso ormai da tanti anni diversi studi per mettere a punto un vaccino con azione preventiva sui soggetti HIV negativi e di rallentamento del decorso della malattia nei soggetti infetti.
Se allo stato attuale un vaccino contro l’infezione da HIV ancora non c’è, esistono azioni da compiere per tutelarsi dal contagio?
Al fine di ridurre il rischio di trasmissione dell’HIV, occorre:
- utilizzare nei rapporti penetrativi il preservativo maschile (condom) o femminile (femidom) in modo appropriato, ovvero sin dall’inizio del rapporto;
- nei rapporti di tipo orale ricorrere al preservativo o al dental dam (fazzolettino in lattice, letteralmente “diga dentale”). Si può minimizzare il rischio, anche se non lo si elimina del tutto, evitando liquido seminale in bocca e non praticando il cunnilingus in presenza di sangue mestruale;
- assumere in modo corretto la profilassi pre-esposizione (PrEP);
- all’occorrenza utilizzare sempre siringhe sterili monouso, così come in caso di agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing vanno impiegati aghi monouso e sterili.
Le trasfusioni, i trapianti di organo e le inseminazioni, nei Paesi europei, sono sottoposti a screening e ad accurati controlli per escludere la presenza dell’HIV.
Le persone con HIV possono donare organi ad altre persone HIV sieropositive. Studi scientifici hanno dimostrato che la donazione d’organi può essere effettuata in sicurezza, purché venga scrupolosamente osservata una serie di principi previsti dal Decreto ministeriale 1 febbraio 2018 (per l’eleggibilità del donatore HIV positivo).
Profilassi pre-esposizione PrEP
La PrEP o profilassi pre-esposizione si avvale di una combinazione di farmaci attivi contro l’HIV da assumere prima del rapporto sessuale a rischio. Correttamente assunta da persone sieronegative a rischio di infezione, la PrEP si è dimostrata efficace nel prevenire il contagio di HIV.
Il protocollo attuale prevede che le compresse siano assunte o quotidianamente (una al giorno) oppure due compresse da 2 a 24 ore prima del rapporto sessuale, seguite da un’altra compressa a 24 ore di distanza dalla prima assunzione e infine un’altra compressa dopo altre 24 ore. Chi decide di assumere la PrEP deve essere seguito da un infettivologo per controllare sia lo stato di infezione da HIV sia eventuali effetti collaterali (presenti raramente).
È anche necessario che le persone che assumono PrEP vengano controllate per la presenza di infezioni trasmissibili sessualmente. Ecco perché coloro che desiderino utilizzare la PrEP come metodo preventivo dell’HIV devono recarsi presso un centro di malattie infettive, eseguire alcuni esami (tra cui un test per l’HIV) e ottenuto un parere favorevole dall’infettivologo, acquistare i medicinali su sua prescrizione in farmacia.
La PrEP deve essere sempre prescritta da un infettivologo a seguito di una serie di esami condotti pre-avvio del trattamento ma può essere rimborsata in Italia.
Fonti bibliografiche:
- CDC, About HIV
- Mayo Clinic, HIV/AIDS
- NHS,