Sogni premonitori: cosa sono (se esistono) e in quale cornice psicologica collocarli

È davvero possibile prevedere il futuro nei propri sogni? Coincidenza o potenzialità nascoste della psiche?

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Pierluca Nicolò

Psicologo, Psicoterapeuta e Professore di Psicoterapia Analitica

Psicologo psicoterapeuta e professore a indirizzo analitico archetipico, opera come psicoterapeuta in varie città del centro Italia e online. Autore di vari articoli e libri in ambito psicologico, è anche docente di materie psicologiche.

Esistono davvero i sogni premonitori? Sono fenomeni naturali? A entrambe le domande possiamo dare una risposta, ma dobbiamo liberarci prima di tutto di convinzioni paranormali o pregiudizi.

La tradizione romantica del sogno considerava il materiale onirico come un messaggio che proveniva da un altro mondo per entrare in contatto con il divino e ricevere messaggi profetici. La psicologia analitica, ovvero la psicologia che presuppone l’esistenza di una vita psichica profonda (inconscio collettivo), si confronta metodologicamente e per scopo scientifico con tutti fenomeni psicologici con cui entra in contatto.

È parere di Jung (1946/1954) e Hillman (2010) infatti che i fenomeni della natura e quindi della psiche vanno osservati per quello che sono, in modo oggettivo, non attraverso una teoria, un metodo o una cultura di riferimento che considera inutile o indimostrabile un aspetto della natura facendolo sprofondare nell’inesistenza.

Per onorare una massima greca sozein ta phainomena cioè salvare i fenomeni è necessario quindi accoglierli in qualsiasi forma si presentino, con una lente “trasparente”, che fa vedere l’oggetto osservato per quello che è. Il problema fondamentale della psicologia però è che oggetto osservato (fenomeno psicologico) e osservatore (essere umano dotato di psiche) sarebbero coincidenti, non esisterebbe un punto di vista esterno.

I fenomeni naturali tra causalismo e spontaneità

Nonostante tale premessa la psicologia non è in grado di definire con metodologie certe e ripetibili quando e se siamo in presenza di un sogno premonitore: infatti si pensa che la mente umana non possa riuscirci con la concentrazione come quando si svolge un compito!

Piuttosto se questi dovessero esistere, sarebbero sicuramente fenomeni spontanei e privi di condizioni che possiamo chiamare causali (ovvero indagabili nel principio causa-effetto). Anche se esistono degli studi sperimentali come quelli del professor Krippner e i collaboratori (2009) in cui si indagano sogni telepatici, sogni fuori dal corpo, sogni lucidi e anche quelli premonitori, con risultati concordanti.

In effetti domandarsi se le premonizioni oniriche sono reali sarebbe un quesito mal posto: un sogno ha un significato prima di tutto simbolico e che riguarda necessariamente la psiche del sognatore. Allo stesso tempo, però, non riteniamo in questa sede di dover discutere con cultura del sospetto la ricorrenza e le numerosissime testimonianze di chi fa esperienza di “sogni premonitori”, sostenendo quanto questo fenomeno umano sia legato a esigenze di sentirsi speciali o a profezie che si auto avverano.

Sarebbero questi atteggiamenti poco utili alla scienza che ha il dovere di creare conoscenza sui fenomeni naturali con i contributi degli studiosi. Vediamo chi ha fornito chiavi di lettura che possono illustrare un fenomeno di questo tipo, il sogno premonitore.

La funzione prospettica del sogno

Partiamo quindi con il contributo di Jung rispetto alla tipologia di sogni su cui vogliamo discutere. Secondo lo studioso svizzero il sogno avrebbe tra le altre una funzione prospettica, e la definisce come un’anticipazione di future azioni coscienti che affiorano nelle profondità psichiche, come uno schizzo preparatorio o una bozza di progetto.

Un sapere prospettico caratterizzerebbe la psiche che non coincide con la parte cosciente. Sarebbe però ingiusto chiamarli sogni “premonitori”, perché non sarebbero più profetici di una prognosi medica o una previsione metereologica!

Si tratterebbe quindi di una precombinazione di probabilità che può coincidere con il comportamento reale delle cose, ma che non è necessariamente uguale in tutti i dettagli: solo in questo caso infatti si potrebbe parlare di profezia (Jung, 1916/1928).

La coincidenza significativa, ovvero il principio di sincronicità

Nel corso degli anni gli studi di Jung affrontano in modo diretto la questione spinosa dei fenomeni privi di causa, e che quindi non si prestano a una matematizzazione. Questi fenomeni venivano inclusi nel principio di sincronicità (1952) creando un ponte tra la psicologia e la fisica quantistica.

Infatti Jung fu spinto a pubblicare questo saggio dal confronto multidisciplinare con due fisici come Jordan e soprattutto Pauli, premio Nobel per la fisica assegnatogli per il principio di esclusione (due elettroni non possono occupare lo stesso spazio fisico perché si respingono): sarebbe quel principio fisico per cui le particelle di materia pur essendo vuote si respingono e non ci è permesso di passare attraverso i muri! (Fabbro, 2021).

Nella definizione che ne dà Jung (1952) col termine sincronicità si intende la risultante di due fattori: 1) un contenuto psichico che si presenta in sogno o come presentimento che poi coincide 2) con un dato di fatto obiettivo direttamente (letterale) o indirettamente (simbolico).

Alla base di questa idea con numerosi studi, precursori nella storia e nella filosofia, ed esempi concreti riportati dallo studioso svizzero, vi sono ipotesi in comune con le scoperte della fisica moderna: ad esempio fenomeni fisici che superano i limiti spaziali e temporali come avviene nell’inconscio collettivo con la ricorrenza delle forme archetipiche; o anche la disintegrazione radioattiva che si è presentata come effetto  privo di causa spingendo a pensare i fisici che le leggi ultime della natura non siano da ricercare nel principio di causa-effetto.

Jung utilizza questi fenomeni fisici per trarre analogie con gli eventi di sincronicità definendoli fenomeni della natura, che non sono causati o riproducibili ma spontanei accadimenti psichici veicolati da un principio ordinatore interno alla psiche profonda, rappresentato dagli archetipi dell’inconscio collettivo.

Il fisico Wolfgang Pauli (1948) intendendo il sogno come processo psichico puro, composto da immagini fantastiche, sarebbe in grado di rivelare contenuti, che dalla sua esperienza lo hanno condotto a essere creativo in ambito di ricerca scientifica. Von Franz (1988) sosteneva che Pauli definiva la conoscenza fisica una scoperta di immagini interne attraverso eventi esterni  e viceversa in linea con il principio di sincronicità.

Le strutture mentali del fisico sono in qualche modo connesse o speculari alle strutture della materia; persino l’esperimento pratico viene pregiudicato dalla rappresentazione mentale dell’osservatore, quindi secondo questi eminenti studiosi la psiche profonda (inconscio collettivo) sarebbe intrecciata alla micromateria (i quanti) di cui si compone il mondo materiale. In questa cornice psicofisica o di sincronicità possiamo collocare i sogni premonitori?

Quindi i sogni premonitori sono reali?

Citando ancora Jung (1952) in conclusione questi eventi sarebbero a-causali cioè privi di una causa determinabile, e rappresenterebbero una coincidenza ma significativa, ovvero carica di senso psicologico trasformativo!

Sono coincidenze significative perché ricorrono spesso nelle esperienze umane così come hanno documentato gli studiosi citati e altri ancora tra tanti come Peat (2014), Cambray (2009), Hopcke (1997), Mindell (2000), Frigoli (2016). Se dovessero esistere i sogni premonitori così come qualsiasi evento psichico connesso a un dato di fatto concreto, dovrebbe essere considerato un atto creativo come un’opera d’arte che esprime il disegno luminoso delle profondità dell’anima.

Sarebbe quindi molto più utile accogliere esperienze di questo tipo come fenomeni psicologici, quindi come tentativi della psiche profonda di mostrare una scintilla spontanea di un’armonia possibile tra il nostro mondo interno e il mondo concreto, piuttosto che sentirsi in grado fare premonizioni o addirittura spaventarsi di avere un potere magico. Nulla di tutto ciò sarebbe reale né tantomeno funzionale al benessere psichico.

Fonti bibliografiche:

  • Fabbro, F., Che cos’è la psiche, Astrolabio, Roma, 2021, p. 44.
  • Hillman, J., Prefazione dell’autore, in Psicologia alchemica, 2010, Adelphi, Milano, 2013, pp. 13-14.
  • Jung, C. G., 1961, Ricordi sogni riflessioni, Jaffé, A., a cura di, BUR, Milano, 2012.
  • Jung, C. G., 1916/1928, Considerazioni generali sulla psicologia del sogno, in Opere vol. 8, La dinamica dell’inconscio, 1976, Boringhieri, Torino, 2012, pp. 273-274.
  • Jung, C. G., 1946/1954, Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche, in Opere vol. 8, La dinamica dell’inconscio, 1976, Boringhieri, Torino, 2012, p. 88.
  • Jung, C. G., 1952, La sincronicità come principio di nessi acausali, in Opere vol. 8, La dinamica dell’inconscio, 1976, Boringhieri, Torino, 2012, pp. 477, 531, 537.
  • Krippner, S., Bogzaran, F., P. De Carvalho, A., Sogni straordinari, Astrolabio, Roma, 2009.
  • Nicolò, I Fondamenti Psicologici della Fisica Moderna, IV versione, Amazon I.P., Rieti, 2023.
  • Pauli, W., 1948, Esempi moderni di “Hintergrundsphysik”, in Psiche e natura, Adelphi, Milano, 2006, p. 26.
  • Von Franz, M. L., 1988, Psiche e Materia, Boringhieri, Torino, 1992, pp. 12-13.