Che si tratti di una svista sul lavoro, una parola detta nel momento sbagliato o un’opportunità mancata, forse hai sempre vissuto gli errori come qualcosa di cui vergognarti, da nascondere o provare a dimenticare al più presto (magari fosse facile!).
Eppure, studi psicologici e neuroscientifici confermano che gli errori sono una delle fonti di apprendimento più efficaci e veloci di cui possiamo disporre!
Quando sbagliamo, infatti, il nostro cervello non si limita a “segnalare” l’errore, ma si attiva in un modo che ci aiuta ad imparare. In pratica, ogni errore diventa una sorta di “palestra”, dove il cervello si allena per trovare soluzioni migliori e per non ripetere (si spera) lo stesso sbaglio in futuro.
Questo meccanismo prende il nome di apprendimento per tentativi ed errori, o trial and error, ed è il metodo attraverso il quale abbiamo imparato a camminare e a parlare. Che ci piaccia o no, anche i tentativi fallimentari sono necessari e utili per ottenere informazioni su cosa funziona e cosa no, in modo che possiamo aggiustare il tiro e avvicinarci sempre di più alla soluzione desiderata.
Un approccio particolarmente utile per trasformare davvero gli errori in occasioni di crescita è adottare quella che la psicologa Carol Dweck ha chiamato mentalità di crescita (Growth Mindset). Secondo Dweck, non è tanto l’errore in sé a fare la differenza, ma il modo in cui lo interpretiamo. Chi sviluppa questa forma mentis non vive l’errore come un fallimento personale, ma come un’occasione per migliorare, imparare, aggiustare il tiro. Non a caso, sono proprio queste persone a cercare feedback, a non scoraggiarsi subito, a rimanere curiose anche di fronte agli ostacoli. E la buona notizia è che questa mentalità non è un talento innato, ma una prospettiva che possiamo scegliere di coltivare ogni giorno.
Indice
Le emozioni legate agli errori
Quando sbagliamo è comune provare emozioni quali colpa, vergogna e autosvalutazione, come se il nostro valore dipendesse dalla capacità di non sbagliare mai. Ma il modo in cui ci sentiamo deriva da un apprendimento sociale, non è una risposta innata.
Se ci ripensi, da bambine i nostri errori potevano generare divertimento, risate o in alcuni casi anche punizioni, quindi siamo cresciute con la convinzione di dovere nascondere gli errori commessi, sia per evitare il giudizio e la figuraccia, sia per non essere etichettate come inadeguate o incompetenti.
Oggi, anche se riusciamo a comprendere in maniera razionale che l’errore può insegnarci molto, sul piano emotivo c’è bisogno di un’elaborazione maggiore e tutt’altro che automatica. Resta difficile fare i conti con come ci sentiamo dopo aver commesso uno sbaglio, in particolar modo in ambiti delicati come quello relazionale.
Questo è un ostacolo a una cultura positiva del fallimento; richiede lavoro e soprattutto la disponibilità a cambiare sguardo, a non considerare più l’errore come una macchia, bensì come un passaggio naturale e funzionale al nostro personale percorso di crescita.
Buone ragioni per commettere errori
Commettere errori non è solo inevitabile, ma come dicevamo può essere una risorsa utilissima per la crescita personale, scolastica e professionale.
Ecco alcune buone ragioni per sbagliare, supportate da studi scientifici e pedagogici.
Sviluppo della consapevolezza di sé e della resilienza
Imparare dagli errori stimola la riflessione personale e aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé. Questo processo permette di riconoscere i propri limiti e punti di forza, favorendo l’accettazione di sé e la crescita personale. La consapevolezza di sé, infatti, è il punto di partenza per rompere schemi negativi, migliorare le relazioni e affrontare le difficoltà con maggiore resilienza e determinazione.
Miglioramento dell’apprendimento e delle competenze
Le neuroscienze ci dicono che il cervello impara più velocemente quando riconosce un errore. L’esperienza dell’errore attiva aree cerebrali coinvolte nella memoria e nell’apprendimento, come la regione temporale inferiore, e favorisce la formazione di nuove connessioni cognitive. Questo rende l’apprendimento più saliente e duraturo rispetto alla semplice memorizzazione di informazioni.
Sviluppo del pensiero critico e della creatività
L’errore, se analizzato e compreso, diventa uno stimolo per sviluppare il pensiero critico e la capacità di trovare soluzioni alternative. In ambito educativo, una “pedagogia dell’errore” aiuta studenti e studentesse a partecipare attivamente al proprio percorso di apprendimento, a non temere il fallimento e a trasformare i desideri in obiettivi raggiungibili attraverso la visione positiva dei tentativi e della sperimentazione.
Gestione dello stress e delle emozioni
Aver commesso errori in passato aiuta a interpretare meglio il contesto e a gestire meglio le situazioni di stress. Chi sa trarre insegnamento dai propri sbagli è spesso più capace di risollevarsi dopo un insuccesso, affrontando le sfide con energia rinnovata e maggiore equilibrio emotivo.
Aumento della fiducia in se e riduzione dell’ansia da fallimento
Trasformare l’errore in un’opportunità rafforza la fiducia in sé stesse e libera dalla paura di sbagliare. Secondo le ricerche questo atteggiamento è apprezzato molto anche in ambito professionale, dove dimostrare di aver imparato dai propri errori aumenta la stima da parte di colleghi e superiori.
Opportunità di miglioramento e innovazione
La storia dell’umanità e della scienza è costellata di errori che hanno portato a grandi scoperte e progressi. Saper riconoscere e correggere gli errori è ciò che consente di migliorarci costantemente, sia a livello individuale che collettivo.
Imparare a perdonarsi
Se tutto quello che hai letto finora ti ha aiutata a guardare l’errore da un’altra prospettiva, sappi che non è ancora finita: c’è un altro passaggio importantissimo per trasformare davvero lo sbaglio in crescita ed è la capacità di perdonarsi.
Una competenza che va appresa, perché nella retorica dell’errore come colpa o vergogna, raramente qualcuno ci ha insegnato a farlo. E no, non è “una cosa che dovremmo saper fare da sole”. È un percorso che si costruisce con il tempo, con consapevolezza e un po’ di allenamento emotivo. E in questo percorso, l’ingrediente che fa davvero la differenza è l’auto-compassione.
Perché possiamo anche riconoscere e ammettere l’errore, assumerci la responsabilità e decidere di perdonarci, ma se continuiamo a parlarci con durezza, a giudicarci senza pietà e a farci terra bruciata dentro, sarà difficile trasformare davvero quell’errore in qualcosa di utile.
L’auto-compassione è ciò che ci consente di trattarci con la stessa gentilezza che riserveremmo a un’amica cara in difficoltà. Non le diremmo frasi taglienti tipo “sei sempre la solita” o “non impari mai”; presteremmo ascolto, avremmo comprensione e l’onestà di guardare la situazione per intero, con tutte le sue luci e ombre.
La ricerca in psicologia ci dice che praticare il perdono e l’auto-compassione riduce ansia, senso di inadeguatezza, depressione e ci aiuta a riflettere con più lucidità su ciò che è accaduto.
Quindi, così come ci sono dei buoni motivi per sbagliare, ce ne sono altrettanti per perdonarsi e trattarsi con gentilezza. Perché perdonare non vuol dire giustificare o far finta che non sia successo niente, al contrario: vuol dire riconoscere l’errore, affrontare le emozioni che ne derivano e allo stesso tempo smettere di punirsi all’infinito.
È un processo che coinvolge pensieri, relazioni, identità che, quando funziona, ti permette di realizzare davvero che il tuo valore non è mai messo in discussione, nemmeno quando sbagli.
Perdonarsi è un percorso. Da dove iniziare?
Ok, ma come si fa, concretamente, a perdonarsi? Non esiste una formula magica, ma ci sono alcuni passi da seguire che possono aiutarti.
Il primo è ammettere l’errore, senza scuse e senza negazioni.
Poi serve accogliere le emozioni che emergono (anche se fanno male) e imparare a distinguere la responsabilità dalla colpa tossica. Ovvero: assumersi la responsabilità significa dire “ho sbagliato, voglio capire cosa è successo e come posso rimediare”. Sentirsi in colpa in modo tossico, invece, è quel rimuginare continuo che ti fa sentire sbagliata in generale, come persona, non solo per ciò che hai fatto. La differenza sta nell’esito: l’assunzione di responsabilità ti apre alla possibilità di imparare qualcosa, la colpa ti fa restare bloccata a punirti per giorni, settimane… a volte anche anni.
Un altro passo utile è cambiare attivamente la narrazione nella tua testa: tu non sei il tuo errore. Sei una persona che sta vivendo, che ha un bagaglio di esperienze, emozioni e circostanze che hanno portato a quella scelta. Sei una persona che sta imparando.
Infine, se e quando è possibile, prova a riparare, anche solo con un gesto simbolico, ciò che è stato danneggiato. E se senti che da sola è troppo difficile, non c’è nulla di sbagliato nel chiedere aiuto a persone di cui ti fidi o a professionisti.
Per rendere tutto questo più concreto, esistono anche tecniche semplici da integrare nella tua quotidianità. Il journaling, ad esempio, aiuta a fare chiarezza: scrivere ciò che è accaduto, come ti sei sentita e cosa potresti fare di diverso ti permette di uscire dal loop mentale e iniziare a muoverti verso il perdono e la risoluzione.
Chiedere feedback a chi ti sta intorno, poi, può darti una prospettiva più obiettiva e aiutarti a sbloccare nuove idee su come migliorare.
Puoi provare anche la riflessione guidata, che aiuta a trasformare l’errore in un insegnamento pratico con queste domande:
- Cosa è successo realmente, oggettivamente?
- Cosa ho imparato da ciò che è successo
- Cosa ho capito di nuovo su di me, sulle altre persone, sul mondo?
- Cosa farò di diverso la prossima volta?
In ultimo ma non per importanza, non sottovalutare la potenza della condivisione. Parlare apertamente dei propri errori con amici, colleghi o in uno spazio sicuro aiuta a normalizzare l’esperienza e a liberarsi dalla paura del giudizio.
Imparare dagli errori non è semplice né immediato, richiede volontà e un approccio consapevole, oltre che qualche strumento giusto. Ma tutto inizia dal capire che sbagliare non è fallire, è aprire una porta, magari proprio quella che ti serve per andare avanti.