Nasciamo con un sesso biologico definito (“È un maschietto!”, “È una femminuccia!”) ma poi l’identità di genere indica la nostra percezione di appartenenza a uno dei due sessi. Inoltre l’orientamento sessuale che viviamo indica l’attrazione sessuale e affettiva prevalente nei confronti degli altri. Queste sono necessarie precisazioni, ma che ne dite ora di far parlare il cuore?
Imprigionate nella “normalità”
Come ci si sente, da giovanissime, quando non ci si riconosce nella definizione di se stesse? Quando a casa ci immaginano fidanzate con un ragazzo e a noi piace la biondina della 3° C? Quando si è così imprigionate in un ruolo da soffrire maledettamente pur di non andare contro quest’idea? Ci si sente sole e sbagliate. Accusate. Giudicate. Colpevoli. E incapaci di trovare una via d’uscita che non sia quella di fingere di essere “normali”. Ahi, quanto fa male questa parola. Così banale e così feroce, così inoffensiva e così tagliente. È il discrimine tra omologazione e smarrimento, accettazione e emarginazione. Mettiamo da parte etichette e definizioni: cerchiamo invece di dare spazio alla nostra personalità ascoltando il nostro bisogno d’amore.
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Bisogna essere uniche, senza paura
Un buon punto di partenza è il riconoscimento dell’unicità della propria identità. Ognuna di noi è unica e perfetta nella sua imperfezione, senza bisogno di approvazione o consensi. Ma le prime ad approvarci e a darci il consenso siamo proprio noi. E la paura può essere una nemica implacabile quando il nostro vero io cerca di emergere. Ci spinge giù quando noi cerchiamo di andare in superficie. E allora ci vuole coraggio per salire su e finalmente respirare.
Cosa fare, con chi parlare
Il coraggio ci può aiutare a chiedere di uscire alla ragazza con cui stiamo chattando, o alla tipa della 3° C di cui sopra; può spingerci a cercare informazioni e contatti sul mondo LGBTQ; può darci la forza di accettarci e di ascoltare senza timori il nostro cuore; può addirittura convincerci a parlare con i nostri genitori. Perché chi ci è più vicino di mum & dad? Quindi prima di decidere di fare coming out, confidiamoci solo con loro. Non sarebbe corretto se lo venissero a sapere da altre persone. Magari accenniamo l’argomento prima con nostra madre (di solito le mamme ci capiscono più in fretta dei papà): anche se sulle prime può irrigidirsi, poco dopo si schiererà dalla nostra parte, senza se e senza ma. E la stessa cosa farà anche il più burbero dei padri, perché “sarai sempre la mia bambina!” . Cerchiamo di essere forti e confidare nel loro appoggio e nel loro amore, anche per non essere perseguitate dal senso di colpa e dalla vergogna, che non hanno motivo di essere.
Si tratta di vita e di felicità
Concediamoci una concezione fluida della nostra sessualità. Diamoci tempo per sperimentare e capire bene chi e cosa ci fa felici. Se pensiamo che ci piacciano le ragazze, non neghiamoci una relazione con la donna di cui ci sentiamo innamorate, perché vivere l’esperienza è il miglior modo per avere conferme. Senza affrettare i tempi, riflettiamo con calma sulle nostre emozioni e sensazioni.
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Può essere un cammino lungo e piuttosto accidentato. Ma si tratta della nostra felicità e vale la pena percorrerlo con consapevolezza e convinzione. Potremo trovarci da sole a fare i conti con scelte difficili e decisioni critiche: confrontiamoci pure con chi sentiamo affine al nostro mood, ma ricordiamoci che siamo noi sole ad avere il diritto di decidere sulla nostra vita.
Verso il rispetto e l’inclusività
Comunicare agli altri il proprio orientamento sessuale non susciterà sempre una girandola di abbracci e congratulazioni. C’è chi ci volterà le spalle, chi ci criticherà, chi sparlerà di noi. Dobbiamo reagire con indifferenza. Chi si comporta in modo così meschino non merita la nostra attenzione. Ma saranno pochi: gli amici veri ci saranno ancora più vicini. i tempi cambiano e la strada per l’inclusività, il rispetto e la tolleranza è seguita da sempre più persone. E passa anche per la ricerca della nostra felicità.