Yocheved Lifshitz, 85 anni, è stata liberata dai miliziani di Hamas che l’avevano rapita dal kibbutz di Nir Oz, vicino al confine con Gaza. La donna dall’ospedale di Tel Aviv, dove è ricoverata, ha raccontato i momenti drammatici del rapimento e quel che ha vissuto dopo, tra percosse e minacce.
La testimonianza dolorosa di Yocheved Lifshitz, l’85enne liberata da Hamas
Parole piene di dolore e disperazione quelle di Yocheved Lifshitz, 85 anni, che ha raccontato di come è stata rapita e delle condizioni della detenzione a cui è stata sottoposta per 17 giorni. “Ho passato l’inferno. Non avremmo mai pensato che sarebbe successo questo“, ha dichiarato durante una conferenza stampa dall’ospedale di Tel Aviv, supportata nella traduzione dall’ebraico in inglese dalla figlia Sharone, che vive a Londra.
La donna è stata rapita durante l’attacco a Israele del 7 ottobre – insieme a circa 25 altri ostaggi – ed è stata liberata lunedì sera insieme a Nurit Cooper, 79 anni. “Si sono scatenati nel nostro kibbutz. Mi hanno presa in ostaggio. Mi hanno messa su una moto e si sono lanciati in un boschetto”, ha raccontato la donna, che ha anche spiegato di essere stata picchiata con dei bastoni dai sequestratori, riportando ferite alle costole che le hanno causato problemi respiratori. Il marito è ancora prigioniero di Hamas insieme a circa 220 ostaggi.
Con molta lucidità Yocheved ha raccontato i momenti più drammatici del rapimento da parte dei miliziani di Hamas: “Non hanno fatto distinzione tra giovani e anziani, è stato molto doloroso. Ci hanno portato all’ingresso dei tunnel. Siamo arrivati nel tunnel e abbiamo camminato per chilometri sulla terra bagnata. C’è un gigantesco sistema di gallerie, come ragnatele”.
Il racconto dei 17 giorni di prigionia di Yocheved Lifshitz
Una volta raggiunta la destinazione, la donna ha raccontato che la prigionia è proseguita con i miliziani di Hamas che hanno trattato gli ostaggi “gentilmente”, prendendosi cura “dei nostri bisogni”. Poi ha aggiunto: “Ci hanno detto ‘crediamo nel Corano’ e non vi faremo del male”.
La donna ha sottolineato che “c’era un medico che veniva ogni due-tre giorni e portava i farmaci di cui avevamo bisogno”, aggiungendo che un prigioniero rimasto gravemente ferito in un incidente motociclistico è stato curato. Agli ostaggi veniva consentito “di lavarsi e mangiare”, mentre a lei così come agli altri sono stati tolti gioielli e l’orologio.
Da mangiare “ci hanno dato pane pita, formaggio a pasta dura, formaggio cremoso magro e cetriolo e quello è stato il nostro cibo per l’intera giornata”, specificando “dormivano su materassi sul terreno“.
Secondo Yocheved Lifshitz il gruppo sembrava “davvero preparato”, come se l’operazione fosse stata pianificata da molto tempo, ha aggiunto.
La figlia Sharone ha spiegato che il rilascio di sua madre è “un piccolo raggio di luce, ma c’è anche un’enorme oscurità, la guerra è ancora in corso. Mia madre vuole trasmettere le informazioni, vuole lavorare per farli tornare a casa, ne sono certa. Lei e papà erano separati, lui é tenuto in un altro posto. Spero che anche lui torni sano e salvo al più presto possibile”, ha concluso.