Israele, razzi Hamas al rave: la storia di Shani e delle vittime di un conflitto eterno

Dal rapimento di Noa alla tragica morte di Shani: le storie dei giovani e delle giovani vittime dell'attacco di Hamas a Israele

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Giorgia Prina

Lifestyle Specialist

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“Il pericolo di un conflitto ancor più devastante e di un bagno di sangue non è mai stato così grave”. Così scriveva Ilan Pappe, storico e ricercatore figlio di genitori ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista e costretto a lasciare Israele per aver sostenuto il boicottaggio del Paese stesso, nel 2006, in conclusione del suo libro La pulizia etnica della Palestina. Parole che oggi, dopo la violenta controffensiva senza precedenti della resistenza palestinese di Hamas con il lancio di circa cinquemila razzi all’interno del territorio israeliano e un’imponente incursione via terra, riecheggiano con forza e preoccupazione crescente.

Più di 3000 ragazzi ballavano scatenati e ignari all’alba di sabato 7 ottobre al rave party per celebrare la Natura nella festa ebraica del Sukkot nel deserto del Negev, nel sud di Israele. A mostrarlo sono i numerosi video rilanciati sui social network che mostrano i giovani ballare mentre nel cielo si stagliano strisce nere, presagio dei razzi che sarebbero da lì a poco piovuti nella zona facendo più di 260 vittime.

Israele-Hamas: chi sono le vittime dell’attacco

Il cielo inizia appena a schiarirsi e si scatena l’inferno. Prima le sirene antiaeree, poi le esplosioni dei razzi. Sulla spianata della festa arrivano decine di uomini armati, a bordo delle moto, dei furgoni dei blindati. Si scatena la fuga di massa verso le auto. E’ il massacro del Nova Music Festival, il Tribe of Nova, evento di musica elettronica del genere trance. Mega festa con tre palchi e decine di dj in cartellone, uno spazio camping, uno per la ristorazione in mezzo al deserto del Neghev, a due passi dal confine con la Striscia preso di mira da Hamas.

Sono tante e piene d’orrore le storie che giungono fino a noi e che ci giungono dai sopravvissuti. C’è quella di Esther, riuscita a scappare e arrivata incolume alla propria auto, per poi essere tamponata e costretta a saltare a bordo di un’altra, guidata da un ragazzo, ucciso poco dopo da un proiettile. Lei è ancora viva perché si è finta morta a fianco del cadavere del suo salvatore. C’è quella di Ortel, che ha strisciato nel terrore per nascondersi in un aranceto mentre i proiettili gli fischiavano sopra la testa.

Noa Argamani
Fonte: ANSA
Noa Argamani, rapita durante l’incursione nel rave a sud di Israele

Quella che da molti è stata definita un’esecuzione di massa e che ha coinvolto ragazzi e ragazze israeliani, ma anche europei e americani, tra i 20 e i 40 anni. Una ragazza di 22 anni si trovava al rave col suo ragazzo. Girava il mondo come tatuatrice tra Messico e Repubblica Ceca, Svizzera e Croazia, così riporta Il Messaggero, e lo scorso luglio si trovava in Italia sul Lago d’Iseo, nel profilo Telegram postava una foto a Sale Marasino scrivendo “Bella Italy” con le faccine dagli occhi a forma di cuore. “Nella natura è più facile per me connettere al mio spirito l’universo e il mio dio si legge ancora nel profilo il mare e gli alberi hanno un loro modo unico di cantare e così noi preghiamo insieme, dio esaudirà tutti i vostri desideri”.

La storia di Nicole Shani

Sempre Il Messaggero riporta la terribile storia di Nicole Shani Louk. I video del suo corpo sfigurato e buttato nel retro di un furgone aperto, sono giunti fino alla madre, Ricarda Lauk, in Israele, dove vive perché sposata a un israeliano (ma lei e la figlia hanno cittadinanza tedesca). “Nicole ha partecipato al festival con amici dal Messico, ha amici da tutto il mondo, ama viaggiare. Eravamo abituati in Israele a una vita sotto una costante minaccia, ma non voglio pensare che le sia accaduto qualcosa di grave”, scriveva sui social per ritrovarla. Lei e i tre fratelli di Nicole non hanno saputo più nulla, ma il riconoscimento è stato inevitabile, perché sulla gamba si vede il tatuaggio che Nicole mostra sotto il ginocchio nelle foto su Instagram.

Shani Louk, la 22enne tedesca-israeliana, di cui in un primo momento si era confermato il decesso, “sarebbe viva ma gravemente ferita” in un ospedale di Gaza. Così aveva riportato Tagesschau, principale tg di Das Erste, primo canale televisivo della ARD. Il governo di Berlino aveva mandato un accorato appello e la madre della giovane aveva chiesto di fare tutto il possibile e “velocemente” per la liberazione della giovane.

Arriva il 30 ottobre la tragica notizie: Shani Louk è morta. Lo ha annunciato la famiglia della ragazza, come riporta il quotidiano Bild. “Purtroppo abbiamo ricevuto la notizia che mia figlia non è più in vita”, ha detto la madre Ricarda a Rtl. “L’esame del Dna ha identificato quel resto trovato nel terreno, i medici ci hanno spiegato che senza non può essere ancora in vita”.

Pochi giorni dopo anche il papà, Nissim Look, ha parlato dell’accaduto: “Mia figlia è stata uccisa subito dopo il rapimento di Hamas, sono sicuro che non ha sofferto”. L’uomo ha raccontato che Shani e le sue amiche hanno cercato di sfuggire al massacro correndo verso la loro macchina, ma dieci minuti dopo sono state raggiunte da terroristi armati di Hamas che hanno sparato al veicolo, uccidendo sua figlia “sul colpo”. Tuttavia, ancora non è chiaro cosa sia realmente successo prima della morte della giovane. Il presidente israeliano Yitzchak Herzog ha affermato che la partecipante al festival è stata decapitata e che le autorità israeliane avevano trovato la base del suo cranio. “Sono davvero spiacente di riferire che abbiamo ricevuto la notizia che Shani Nicole Louk è stata assassinata. Il suo cranio è stato ritrovato”, ha detto Herzog al quotidiano tedesco Bild, aggiungendo: “Ciò significa che questi animali barbari e sadici le hanno semplicemente tagliato la testa mentre attaccavano, torturavano e uccidevano gli israeliani. È una grande tragedia e porgo le mie più sentite condoglianze alla sua famiglia“.

Nissim Louk, invece, afferma che sua figlia è stata uccisa a colpi di arma da fuoco dieci minuti dopo essere fuggita dal festival, suggerendo che fosse già morta nel filmato in cui giaceva immobile nel retro di un camion. “Fino alle 6.45 circa del 7 ottobre, Shani stava ancora ballando e scatenandosi alla festa ed era circondata da tutti i suoi migliori amici”, ha detto il papà al sito di notizie israeliano N12. “È positivo che finalmente ci abbiano dato una risposta definitiva, questo è di conforto”, ha detto Nissim Louk a Ynet. “Almeno so che non è stata gettata in qualche tunnel di Gaza. Mia figlia amava ballare. Era molto intelligente e spiritosa. È così che voglio che venga ricordata“.

Giovani e giovanissimi, coinvolti in un conflitto che da tempo, da circa 75 anni, macchia quelle terre di sangue e violenza. Una violenza che, a giudicare dal repentino riarmo e dalla controffensiva messa in atto da Israele contro Gaza, sembra mostrare un futuro incerto e tragico. Mai come nel conflitto tra Israele e Palestina la macchia d’olio della violenza si è espansa toccando tutti, in un quadro geopolitico complesso e intricato. “Ho ordinato l’assedio completo di Gaza: basta cibo, luce e benzina. Stiamo combattendo animali umani e ci comporteremo di conseguenza“. Sono queste le parole del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant all’indomani dell’attacco di Hamas.

Noa Argamani: le storie degli ostaggi

Secondo quanto riportano le autorità ebraiche sono oltre 100 gli ostaggi catturati dai combattenti di Hamas dopo l’attacco lanciato sabato contro Israele. Tra loro c’è Noa Argamani, il cui immagini del rapimento hanno fatto in breve tempo il giro del mondo. La giovane ragazza si trovavo al rave con il fidanzato ed è stata portata via in motocicletta.

Dalla medesima festa risulta disperso anche un cittadino britannico di 26 anni, Jake Marlowe. C’è anche la storia di Yoni Asher che ha denunciato l’irruzione di Hamas sabato sera mentre sua moglie, insieme alle due figlie Aviv e Raz, di 3 e 5 anni, erano in casa della suocera, nel Kibbutz Nir Oz. Grazie al servizio di geolocalizzazione del telefono della donna, Yoni è riuscito a rintracciare lo smartphone a Khan Younis, città situata a sud di Gaza. Avendo così conferma della condizione della donna.