Lo smart working è ormai una prassi sempre più consolidata nel nostro paese, ma dal 1° settembre 2022 entreranno in vigore nuove regole, appena ufficializzate, per regolamentarlo. Questa nuova disciplina porta modifiche sia per i datori di lavoro che per i lavoratori stessi, partendo dall’obbligo dell’accordo scritto, fino al decreto conciliazione vita-lavoro.
Smart working: cosa cambia dal 1° settembre
Addio allo smart working come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi in Italia. Dal 1° settembre entra, infatti, in vigore una nuova regolamentazione, che cambia le dinamiche con le quali è stato svolto in questi ultimi anni. Questo perché, tra le misure ancora prorogate con l’approvazione ufficiale del Decreto Aiuti bis, non c’è lo smart working. Il 31 agosto cesseranno tutte le regole fin qui adottate.
Ma cosa cambia davvero dal 1° settembre? Andiamo per ordine, partendo dal punto più importante: la necessità di un accordo scritto, che regolamenti il rapporto tra il datore di lavoro e gli impiegati che vorranno usufruire della modalità agile. Quindi, a differenza di prima, il capo non potrà più chiedere lo smart working in maniera unilaterale.
Questo perché non ci saranno più indicazioni generali, emanate dal Governo, valide per tutti, ma ogni azienda potrà regolamentare, a seconda delle proprie esigenze e di quelli dei suoi lavoratori, come portare avanti questa pratica lavorativa. Infatti, i singoli datori di lavoro potranno stipulare accordi individuali con i propri dipendenti.
Ci sono una serie di criteri che dovranno essere rispettati in questi accordi, per permettere a entrambe le parti di ricevere benefici dallo smart working. Prima fra tutte la durata del periodo di questa pratica, che dovrà essere decisa in partenza e già sottoscritta nell’accordo. Secondo criterio, le due parti dovranno stabilire con precisione se e come eseguire un’alternanza tra lavoro in presenza e da casa.
Terzo punto, deve essere precisato il luogo dell’esercizio della prestazione lavorativa; in egual modo l’accordo dovrà contenere un elenco delle attrezzature e degli strumenti in dotazione all’impiegato, per poter svolgere la mansione in modalità agile.
Importante la precisazione che riguarda i tempi di riposo, e la garanzia al diritto alla disconnessione, che garantisce al dipendente la possibilità di poter staccare terminato il turno di lavoro.
Nelle nuove regole si sanciscono le forme e modalità di controllo della prestazione lavorativa, che devono essere compatibili con la normativa sulla privacy e lo Statuto dei Lavoratori. Ultimo, ma non meno importante, si stabiliscono le forme e modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Resta spinosa la questione dei fragili, caregiver e dei genitori di figli minori di 14 anni, che sembrano essere stati “esclusi” da questa regolamentazione, restando in una zona d’ombra non ancora definita. Alcune lacune sono colmate dal Decreto legge sulla Conciliazione vita-lavoro, in vigore dal 13 agosto scorso, che favorisce una più equa ripartizione dei compiti di cura tra uomini e donne, e che dovrebbe garantire la precedenza in smart work proprio per le suddette categorie di lavoratori.
La regolamentazione dello smart working in Italia
L’Italia, rispetto alla media europea, ha una percentuale di smart working molto più bassa. Nonostante l’attività sia disciplinata nel nostro Paese, sia per il settore pubblico che per quello privato, dalla Legge 22 maggio 2017, n.181, questa nuova regolamentazione, in vigore dal 1° settembre, è parsa necessaria, con l’incremento notevole di utilizzo di questa pratica, a seguito della pandemia.