Si è rifiutata di cantare l’inno: Asra Panahi è stata uccisa dalla polizia in Iran

È stata picchiata violentemente perché si era rifiutata di celebrare Ayatollah Ali Khamenei con un canto. Così, a soli 16 anni, Asra Panahi è morta

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

È successo di nuovo, come se si trattasse di una sorta di maledizione che si ripete, e che non lascia scampo a nessuna. Come quelle che vediamo nei film, o leggiamo nei racconti del terrore. Ma questa non è finzione, è una realtà drammatica e feroce che trova nelle donne private della loro stessa libertà le vittime di un regime del terrore, quello iraniano.

È successo che Asra Panahi, studentessa iraniana di soli 16 anni, è stata uccisa dalla polizia che ha fatto irruzione nel suo liceo. È stata picchiata a morte perché si era rifiutata di unirsi a un coro intonato per celebrare Ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema dell’Iran.

La violenza è stata troppo furiosa, efferata, e i soccorsi sono stati inutili. Asra è morta in ospedale per le ferite riportate dall’aggressione. Il suo nome, adesso, compare insieme alle altre, in quella lista marchiata dal sangue versato da chi ha osato rivendicare la propria libertà di pensiero, di scelta, di persona.

Asra Panahi è stata uccisa

Aveva solo 16 anni Asra Panahi, e chissà quanti sogni grandi e straordinari voleva realizzare. Lei che aveva capito che la spensieratezza che appartiene alle sue coetanee, nel resto del mondo, non sarebbe stata sua, non adesso che le donne del suo Paese erano sotto attacco. Proprio lei, che nonostante la sua giovane età, aveva già le idee chiare su chi voleva essere: una donna libera.

Libera dalle imposizioni del regime, dalla repressione che vuole mettere a tacere le proteste di tutte le donne, da quelle rigide regole che attaccano la dignità delle donne e le privano di quelli che sono i loro diritti fondamentali e umani. È questo che voleva essere Asra, è questo quello che vogliono tutte le donne che vivono in Iran.

E invece è successo che, all’improvviso, le forze dell’ordine di Ardabil sono entrate nel liceo femminile Shahed, proprio quello in cui studiava Asra Panahi, con una richiesta, quella di cantare canzoni per sostenere e celebrare la Guida Suprema dell’Iran. Ma Asra non l’ha fatto, e quel rifiuto le è costato la vita.

La polizia, infatti, ha risposto con la violenza alla scelta di non cantare, trascinando le ragazze in alcune aule e picchiandole ferocemente come è stato raccontato da alcuni membri del sindacato degli insegnanti che hanno assistito alla scena.

Le studentesse colpite sono state portate in ospedale, tra queste c’era anche Asra Panahi, ma le sue ferite erano troppo gravi, e la sedicenne è morta.

A nulla sono valsi i tentativi delle forze di sicurezza di negare quello che è successo, di attribuire la morte della giovane a un attacco cardiaco. È un copione questo, usato anche per Masha Amini, a cui nessuno crede più.

Il destino delle donne in Iran

Con la morte di Asra Panahi, il bilancio delle vittime in Iran continua a salire. A questo drammatico resoconto si aggiunge di un’ondata di arresti e di violente repressioni che non accennano a terminare. Perché è questo il modus operandi della polizia del Paese che vuole mettere a tacere le proteste, le idee e le richieste delle donne, che però non si fermano e, anzi, continuano al grido di Donna, Vita e Libertà.

Non lo fanno perché non possono più accettare i modi violenti e repressivi del regime, perché non è giusto che qualcun altro scelga per loro e le privi di una libertà inalienabile. Non lo fanno per le loro sorelle, per Masha Amini che è morta per aver indossato male il velo, per Hadith Najafi che, come loro, era scesa tra le strade a protestare e per Asra, l’ennesima vittima del regime.