Parità retributiva: a che punto siamo davvero? L’Italia e l’Europa a confronto

Il gender pay gap resta un problema, in Italia le donne guadagnano il 5% in meno, in Europa il divario arriva al 12,7%. Nel privato, la disparità tocca il 20%

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Francesca Secci

Giornalista

Sarda, ma anche molto umbra. Giornalista pubblicista, sogno di una vita, da maggio 2023, scrive soprattutto di argomenti che riguardano l’attualità.

Pubblicato: 18 Settembre 2024 10:52

Oggi, 18 settembre, non è una data qualunque. È la Giornata internazionale della parità retributiva, istituita dall’Onu nel 2019 per ricordarci quanto sia ancora sbilanciato il piatto della bilancia quando si parla di soldi tra uomini e donne.

Sì, perché sebbene la parità formale sia sancita, quella che troviamo nei portafogli racconta un’altra storia. E qui non si parla di spiccioli: in media, le donne guadagnano meno del 5% rispetto agli uomini in Italia, mentre in Europa il divario arriva al 12,7%.

Il gender pay gap: la differenza che pesa

Quando si parla di gender pay gap, si va al nocciolo del problema: la differenza di salario orario medio tra uomini e donne. Non è una questione di abilità o competenze, ma di un sistema che ancora non permette alle donne di accedere agli stessi livelli di remunerazione e carriera dei loro colleghi maschi. Fattori come il ruolo che si ricopre, le interruzioni di carriera per maternità o assistenza familiare e l’assenza dalle stanze del potere fanno sì che questa disparità persista, anno dopo anno.

Italia: la facciata ingannevole della parità

Sorpresa: in Italia, il gender pay gap sembra meno pronunciato rispetto alla media europea. Ma non facciamoci ingannare dai numeri e proviamo ad approfondire: se le differenze retributive sono più sottili, le opportunità sono altrettanto ridotte. La sotto-occupazione femminile è una realtà (il tasso di occupazione femminile in Italia si attesta solo al 66%, tra i più bassi in Europa), così come lo è l’esclusione dai ruoli dirigenziali, dove solo il 28,6% ricopre tale ruolo. Insomma, i conti sembrano tornare solo in apparenza, ma il prezzo pagato dalle donne è ben più alto di quello che appare sui report ufficiali.

Nel panorama lavorativo italiano, le donne continuano a essere penalizzate, specialmente nel settore privato. Qui, dove la trasparenza salariale è un miraggio, le differenze retributive tra uomini e donne diventano un abisso.

Nel pubblico, dove esistono tabelle salariali che garantiscono un certo grado di equità, il gender pay gap è contenuto attorno al 4-5%. Ma nel privato? Qui il divario si espande fino al 20%! Questo significa che per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna guadagna solo 80 centesimi, nonostante ricopra lo stesso ruolo. Questa differenza è ancora più accentuata in settori come quello finanziario e assicurativo, dove il divario può arrivare fino al 30%​, secondo fonti Eurostat.

E non si tratta solo di soldi: è il valore professionale delle donne a essere svalutato. Nel privato, le dinamiche aziendali e le negoziazioni individuali schiacciano le lavoratrici, costringendole a lottare per ottenere il riconoscimento che meritano. Dove la trasparenza manca, le disuguaglianze prosperano, e il gender pay gap diventa lo specchio di un sistema che continua a negare alle donne l’equità che spetta loro di diritto.

Età e carriera: una strada in salita

L’età è uno dei peggiori nemici delle donne nel mondo del lavoro. Quando si è giovani, il divario salariale tra uomini e donne è già un’ingiustizia, ma con il passare del tempo si trasforma in una vera e propria voragine. Parliamo di una differenza che si fa sentire: se per le più giovani il gap può essere inferiore al 5%, già tra i 35 e i 44 anni sale fino al 15%, e per le donne oltre i 50 anni, può arrivare a un insopportabile 20%.

E perché succede? Perché sono ancora le donne a pagare il prezzo delle interruzioni di carriera per prendersi cura della famiglia. Maternità, assistenza ai figli o ai genitori anziani: tutti questi fattori lasciano segni profondi, non solo sullo stipendio, ma anche sulle opportunità di avanzamento e sui contributi pensionistici. E mentre gli uomini continuano a crescere professionalmente, le donne sono costrette a ripartire da capo, subendo gli effetti di una cultura che penalizza il loro ruolo sia sul lavoro che a casa.

La situazione in Europa

Anche in Europa, il divario retributivo di genere nel settore privato è una ferita aperta che non accenna a rimarginarsi. Nel 2022, Paesi come la Repubblica Ceca hanno registrato un gender pay gap del 20,5% nel privato, mentre in Belgio si è fermato “solo” all’8,1%.

Come per l’Italia, il problema della trasparenza nel campo del privato è una malattia che ha contagiato molti stati; le trattative salariali sono un campo di battaglia in cui le donne perdono regolarmente. Nel settore pubblico, grazie a griglie salariali trasparenti, il divario è molto più contenuto, come dimostra il caso di Cipro, dove addirittura le donne guadagnano lo 0,2% in più degli uomini. Ma il quadro non è roseo ovunque: in Ungheria, anche nel pubblico, il gender pay gap può arrivare al 16,1%.