Natascha Kampusch per otto anni e mezzo è stata segregata dal solitario e squilibrato, Wolfgang Priklopil. Ora, a dieci anni anni dalla liberazione, la donna tornerà a vivere nella casa che per molto tempo è stata la sua prigione. Infatti, come risarcimento il giudice le ha assegnato i beni di Priklopil, compresa la villetta degli orrori a Strasshof, cittadina nella Bassa Austria.
La decisione della ragazza è stata fortemente criticata e addirittura c’è chi ha definito la sua scelta una trovata mediatica. Natascha si è difesa da queste accuse e gli stessi psicologi viennesi hanno affermato che questo è l’unico modo che ha per superare il trauma che ha vissuto. Anzi, si tratterebbe di un atto di coraggio.
La Kampusch è dal giorno della sua liberazione, quando riuscì a scappare approfittando di un attimo di distrazione del suo aguzzino, che è al centro di ingiurie e cattiverie. Perfino l’ex presidente della Corte Costituzionale, Adamovich, ha commentato ironicamente che la ragazza si è trovata meglio in un garage senza finestre per otto anni e mezzo che vivere con i genitori divorziati.
Anche negli ultimi dieci anni le cose per lei non sono andate meglio. Subito dopo la fuga, gli specialisti la isolano in una clinica privata per evitare la curiosità morbosa dei media. A 18 anni lei riesce a trovare il coraggio di ribellarsi da questa nuova prigionia dorata e di rilasciare la sua prima intervista.
Le ingiurie a cui ancor oggi è esposta, per lei, sono il frutto della cattiva coscienza dei suoi cittadini. A cominciare dalle indagini che furono condotte in modo disastroso dopo la sua sparizione e dal suicidio del commissario che le seguì. E poi c’è la morte misteriosa di Priklopil la sera stessa della sua liberazione: si tolse la vita o lo uccisero? Ebbe dei complici o fece tutto da solo? Infine, c’è il capitolo morboso della presunta violenza sessuale che la Kampusch ha però sempre negato.
Le autorità le hanno offerto una nuova identità, ma lei non ha accettato:
Wolfgang mi ha rubato otto anni di vita, non ho avuto infanzia, mi sono trovata libera già adulta. Non voglio che mi si rubi anche il mio nome.
Forse proprio il coraggio e la determinazione di Natascha a non voler dimenticare quanto è successo, dimostrando di essere più forte degli abusi subiti, l’hanno resa spesso oggetto di critiche violente. Doveva limitarsi a recitare la parte di vittima remissiva?