C’è chi si nasconde dietro le favole dei luoghi comuni, ignorando il fatto che però questi nascono da realtà tutt’altro che confortanti. È il caso del gender gap, che per quanto qualcuno sostenga che le donne oggi abbiano gli stessi diritti degli uomini, mostra con prepotenza uno scenario che tarpa le ali, e anche la libertà, all’universo femminile.
Certo le cose sono cambiate, e come dimostra il periodo storico che stiamo vivendo stiamo raccogliendo i frutti di secoli di incessanti battaglie condotte proprio dalle donne. Eppure non è abbastanza, non quando parliamo di lavoro e di soldi, non quando parliamo degli impegni domestici e familiari che, per quanto si dica il contrario, gravano ancora troppo sulle donne.
E non lo confermano solo le esperienze di chi, per diventare genitore, si è visto costretto a scegliere tra i figli e la carriera, ma anche i dati presentati a inizio dicembre dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Da questi, infatti, è emerso che lo scorso anno 44.000 donne hanno lasciato il loro posto di lavoro perché impossibilitate a conciliare la vita privata e familiare con la loro professione.
Le grandi dimissioni delle donne
I numeri parlano chiaro e dimostrano tutta l’importanza di agire, e di farlo in maniera urgente, affinché le donne possano uscire definitivamente dal ruolo di angelo del focolare che per anni gli è stato cucito addosso. Per far sì che anche a noi vengano dati gli stessi diritti degli uomini e soprattutto ci vengano concesse delle opportunità che, invece, si traducono sempre in rinunce.
Perché in Italia essere una madre lavoratrice è ancora un’utopia, un sogno che in poche riescono a realizzare. E più gli anni passano, più la situazione sembra peggiorare. A confermarlo sono i dati pubblicati dall’Ispettorato nazionale del lavoro a inizio dicembre. Solo nel 2022, infatti, sono state più di 40.000 le neomamme si sono viste costrette a dare le dimissioni dopo la nascita di un figlio. Un dato, questo, che se confrontato con il 2021 vede aumentare la percentuale del 17,1%.
La relazione annuale, che ha indagato le scelte sia di donne che di uomini che sono diventati genitori, ha registrato 61.391 dimissioni, di cui la maggior parte sono state presentate da donne (72,8%). Il motivo è da ricercarsi proprio nell’impossibilità o nella grande difficoltà di conciliare la vita privata e il lavoro.
Mamme che lasciano il lavoro: l’allarmante scenario italiano
La relazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro parla chiaro e non lascia spazio a fraintendimenti: la maggior parte delle donne che presenta le dimissioni lo fa perché impossibilitata a conciliare il lavoro con l’impegno genitoriale. Il 63% delle lavoratrici, infatti, ha indicato proprio questa motivazione nella causa delle dimissioni.
Il 32,2% di loro, invece, ha ammesso di non avere una rete di supporto, tra parenti e nonni, e quindi l’impossibilità di sostenere i costi dell’asilo nido privato o quelli di una baby sitter è diventata la causa delle dimissioni. A queste motivazioni si aggiungono anche gli orari di lavoro inconciliabili, la distanza da casa e le condizioni del lavoro stesso.
Il 79.4% delle dimissioni sono arrivate da persone con un’età compresa tra i 29 e i 44 anni con un solo figlio o in attesa di questo. L’uscita dal mercato del lavoro, da parte dei neogenitori, si è registrata soprattutto tra impiegate e operaie (92%) e nelle microimprese.