Palmina Martinelli, morta per non vendere il proprio corpo: la sua storia

All'epoca della sua morte aveva solamente 14 anni, in ospedale aveva fatto i nomi ma erano stati assolti: la vicenda di Palmina Martinelli

Foto di Virginia Leoni

Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Aveva solo 14 anni, era poco più di una bambina Palmina Martinelli ed è morta tragicamente. La sua è una storia di dolore, una vicenda che ancora oggi chiede giustizia e verità. Da quei tragici fatti sono passati più di 40 anni, era l’11 novembre del 1981 e forse si stava preparando per tentare di fuggire da casa. Un tentativo invano, perché era stato fermato e il destino a cui è andata incontro è stato crudele, doloroso e merita di essere chiarito.

È morta Palmina Martinelli, dopo aver sofferto per 22 giorni a causa delle ustioni. Dopo aver fatto i nomi di quelli che, secondo lei, erano i suoi carnefici, ma che secondo la giustizia italiana erano innocenti. È morta dopo che le fiamme ne hanno bruciato il corpo in una doccia. Tutto per non vendere il proprio corpo e per sottrarsi a un destino che pareva già essere stato scritto.

Palmina Martinelli, la vicenda della giovane

Per raccontare la storia di Palmina Martinelli bisogna fare un deciso passo indietro nel tempo, bisogna tornare all’11 novembre del 1981. Siamo in Puglia a Fasano, lì la famiglia di Palmina è tornata a vivere dopo anni a Torino, sono in 10 fratelli e non mancano le difficoltà economiche. Questo è il contesto in cui cresce e vive.

Forse l’11 novembre del 1981 stava pianificando di fuggire da quella vita, ma quello che è certo è che non ci è riuscita. Quello che è accaduto lo racconta lei stessa, mentre è agonizzante in ospedale, lo dice con un filo di voce ai medici e al pm Nicola Magrone. Fa i nomi di chi l’ha arsa viva e dice come hanno fatto.

Non voleva vendere il suo corpo, prostituirsi come una delle sorelle, che aveva addirittura il nome del suo padrone tatuato su una gamba. E questo non le sarebbe stato perdonato.

Le cure sono inutili, Palmina muore, ma resta la registrazione di ciò che ha raccontato. Di quei due fratelli per parte di madre, Enrico e Giovanni di Locorotondo, che, a quanto pare, gestivano un giro di prostituzione. Ha raccontato che hanno usato alcol e accendino. Pare che poi sia corsa nella doccia per spegnere il fuoco, ma l’acqua non c’era. Lì la trova il fratello.

Una ventina di giorni dopo muore. È il 2 dicembre del 1981.

C’è un processo, ovviamente, i due, però, vengono scagionati dalla Cassazione per “non aver commesso il fatto”. La 14 enne si sarebbe data fuoco da sola e una prova sarebbe la lettera lasciata alla madre che si chiude con un addio per sempre.

In questi anni, però, c’è sempre stata una persona che si è battuta per sapere la verità: Giacomina Martinelli, la sorella di un anno più grande.

Giacomina Martinelli alla ricerca di giustizia per Palmina

Avevano un anno di distanza ma la loro vita è stata diversa. Quella di Palmina Martinelli è finita nel 1981, tranciata di netto e senza che sia stata fatta luce sulla sua fine.

Una ricerca di giustizia di cui si è fatta portavoce la sorella Giacomina, Mina. “Aveva un anno meno di me ma sembrava più grande, più saggia – aveva detto in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera -. Fossi rimasta lì, avrei fatto la sua stessa fine”. All’epoca dei fatti, infatti, è in servizio da una signora di Bari. Ed è da lì che sente la notizia di un’adolescente di Fasano bruciata.

Ed è grazie a lei che il caso di Palmina qualche anno (nel 2016) fa è stato riaperto, nuove prove dimostrerebbero che si stava coprendo il volto dal fuoco e che quel “per sempre” sul biglietto non sarebbe stato stato scritto da lei. Il fascicolo risulta ancora aperto.

A quella 14enne morta in maniera atroce, giovane donna vittima di una grandissima brutalità, sono state dedicate strade, concerti, spettacoli teatrali: “Anni fa, però, non pensavamo di arrivare fin qui. Nessuno parlava più di Palmina – ha spiegato la sorella al Corriere della Sera in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne -. Oggi, invece, le vengono intitolati teatri e giardini e si ricorda il suo nome. A Roma, questa estate, hanno aperto un centro antiviolenza chiamato “Palmina Martinelli”. La vittoria è che adesso tutti sanno che Palmina non si è suicidata. La mia speranza è che chiudano il caso come omicidio volontario a opera di ignoti”.