Non so se vi ho mai raccontato che ho vissuto molte vite, probabilmente anche aiutata dai tanti traslochi e cambi di residenza dovuti al lavoro itinerante del marito, che di professione fa il mister di calcio a 5 in serie A. Con la famiglia abbiamo abitato in Toscana per molti anni, poi ci siamo trasferiti in Romagna, a due passi da Cesenatico e Cesena, per finire in Veneto ormai da quasi dieci anni, dove abito ancora adesso. È stato proprio nella mia fase romagnola che ho deciso di intraprendere la carriera da giornalista, complice un caporedattore che mi scelse al primo colloquio, e grazie alla mia innata curiosità, ho praticamente trattato ogni argomento che potesse diventare un articolo.
È così che ho scritto di sport, cronaca bianca, cronaca nera, gossip e storie vere, per un periodo poi sono diventata un’esperta di leggende e castelli infestati, complice anche il fatto di vivere in una zona geografica ad alta densità di storie da brivido, e grazie a questo sono riuscita ad avere una rubrica su un settimanale nazionale organizzando un tour con al seguito un fotografo che potesse immortalare con le immagini quello che poi io sarei riuscita a trasmettere con le parole.
Fu un successo, e io diventai un punto di riferimento per gli appassionati, amatoriali e professionisti, del genere. Uno fra tutti Daniele Gullà, perito biometrico e forense, uno dei massimi esperti di fotografia scientifica multispettrale, che per primo riuscì a registrare la voce di una bambina all’interno di un castello durante il temporale grazie ai suoi mezzi digitali fotografici sofisticati. Sapete cosa mi è sempre piaciuto di Daniele? Che il suo fosse un approccio scientifico, che la sua ricerca fosse finalizzata a smascherare le credenze, perché la teoria della biopsicocibernetica non crede all’esistenza di spiriti, ma ritiene che la coscienza umana sia talmente suggestionata dai fantasmi, da modificare l’ambiente circostante in cui tutto può accadere. Una specie di “non ci credo, ma vediamo come va a finire.” Ed è proprio nella prima delle loro indagini sul paranormale che avviene quello che è divenuto uno dei casi più studiati e più conosciuti dagli amanti del mistero, la registrazione avvenuta durante la notte, a castello chiuso, e con i sigilli di un notaio, della voce di una bambina che urla la parola mamma (potete recuperarla qui).
Quella che vi sto per raccontare è una leggenda da brivido, una storia tramandata oralmente per tre secoli, e parla di una bambina scomparsa prematuramente all’età di sei anni nei meandri di un castello in provincia di Rimini, il castello di Montebello, stiamo parlando del fantasma di Azzurrina. Guendalina Malatesta, questo il suo reale nome, era albina. La superstizione popolare del tempo collegava l’albinismo alla stregoneria, per questo il padre aveva deciso di farla sempre scortare da un paio di guardie e, per proteggerla, non la faceva mai uscire sola da casa.
Vano fu anche il disperato tentativo della madre di tingerle i capelli con pigmenti naturali, che, a causa della malattia, lasciavano soltanto un velo azzurro nella candida chioma, da qui il soprannome di Azzurrina.
La leggenda narra che il 21 giugno del 1375, nel giorno del solstizio d’estate, la piccola giocasse nel castello con una palla di stracci mentre fuori infuriava un temporale, a un certo punto la palla rotolò giù nelle segrete, la bambina per seguirla cadde, si sentì gridare, le guardie accorsero nel locale entrando dall’unico ingresso esistente, ma non la trovarono. Il suo corpo scomparve. Si racconta che il fantasma della piccola sia rimasto intrappolato nel castello e che torni a farsi sentire nel solstizio d’estate di ogni lustro, cioè ogni cinque anni, e la data deve finire per zero o per cinque.
Nel 1989 il castello è stato restaurato dai proprietari, la famiglia dei conti Guidi di Bagno, e aperto al pubblico; da quel momento vari gruppi di parapsicologi si sono susseguiti all’interno per catturare la presenza di Azzurrina, e ci sono riusciti, registrando su nastro una voce di bambina, che, piangendo disperata, chiama mamma. Era come un pianto confuso tra i rumori di un lontano temporale, non c’erano dubbi sul fatto che fosse la voce della bambina scomparsa e a questo punto, incuriosita, decido di visitare il castello e devo dire che è un’esperienza indimenticabile.
Arrivo alla rocca che è già buio, una leggera nebbia è appoggiata sul torrione centrale, la strada è tutta in salita, l’atmosfera è certamente suggestiva.
Prima di entrare nel castello c’è una corte con un pozzo, davanti a me una cassapanca, la guida spiega che è stata portata lì dalle crociate, dipinta di rosso. Il colore non si è mai sbiadito, tanto che in molti hanno pensato che fosse sangue vero: vi è raffigurata una donna incinta all’interno di una tenda. Era utilizzata dalle tribù per il controllo demografico, quando veniva raggiunto il numero stabilito di nuovi nati, le donne incinte venivano legate con le gambe incrociate sopra questa cassapanca e fatte morire di travaglio insieme al nascituro. Nella stessa stanza, dove si trova quest’oggetto, il custode, una sera, sentì dei rumori e, quando si voltò, vide una donna scalza camminare sul soffitto, era a testa in giù e la sua lunga chioma sfiorava il pavimento. Ancora oggi si possono vedere le impronte della donna rimaste indelebili sul soffitto: solo ora a distanza di anni iniziano a sbiadire.
Arriviamo nell’androne, dove si dice sia scomparsa la bambina, l’effetto è impressionante, c’è una rampa di scale che porta in questa stanza ristrutturata e sopra spicca un quadro dipinto di azzurro e illuminato dello stesso colore: Azzurrina è lì che ci guarda, la guida accende il registratore e si sente il pianto di una bambina nel temporale. Poi il rumore della palla che rimbalza lungo le scale, il rintocco delle campane, la voce di una bimba che chiama “Mamma”.
Fantasia, realtà o sola suggestione? Lascio a voi la risposta.
Il castello di Montebello vi aspetta e Azzurrina, con un po’ di fortuna, potrebbe accogliervi sulla rampa di scale. Vietato l’ingresso ai deboli di cuore.