Il primo calciatore gay dichiarato in serie A: battaglia per la normalizzazione

Si può essere apertamente gay e giocare a calcio a grandi livelli, magari in serie A? Il ritorno di Jankto in Italia porterà in auge questa discussione ed è una chance per tutti

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista, redattore e copywriter. Ha accumulato esperienze in numerose redazioni, scoprendo la SEO senza perdere il suo tocco personale

Pubblicato: 9 Luglio 2023 21:33

Sta per arrivare in Italia il primo calciatore gay dichiarato. Si tratta di Jakub Jankto, vecchia conoscenza del nostro campionato, e a essere onesti non è proprio il primo in termini assoluti, ma lo è a questo livello. La sua storia ha fatto il giro del mondo, lanciando un messaggio chiaro, di coraggio e speranza.

Il suo coming out è stato epocale e, pur non avendo portato a una serie di esempi simili, ha rappresentato una crepa nel muro del silenzio. Tutto è accaduto a febbraio e ha spiegato come ci siano state settimane molto delicate in seguito.

Ha avuto il supporto di sua moglie e con lei ha spiegato il tutto al figlio avuto insieme. Questa è stata ovviamente la fase più delicata. Oggi non si erge a simbolo di una battaglia ma è felice perché libero di poter essere se stesso in ogni aspetto della sua vita. Pronto ad approdare a Cagliari, in quella serie A che lo aveva già apprezzato e lanciato, porterà con sé la sua storia, offrendo la chance al nostro Paese di contribuire a una vera e propria rivoluzione sociale.

Jankto: l’Italia può abbattere un muro

Il calcio sa essere uno sport molto tribale nel suo approccio. Guardando agli spalti, in maniera differente da nazione a nazione, si riscontra una reticenza quasi assoluta al cambiamento. Dalla ricerca dello scontro, verbale o fisico, alla necessità viscerale di abbattere l’altro più che esaltare i propri.

Non è un caso se Jankto, in seguito al suo coming out, abbia dichiarato: “Non avessi fatto il calciatore, l’avrei detto prima. Per il 90% ci sono state reazioni positive ma anche messaggi negativi. Mi è successo giocando fuori casa”.

La sua è una scelta ben precisa, atta a liberare se stesso e, al tempo stesso, sensibilizzare un ambiente come quello sportivo, e nello specifico calcistico, che pare ancora garantire un adeguato nascondiglio per quel generale sentimento d’odio verso l’altro, il diverso da sé, che nel resto della società sarebbe ormai inaccettabile.

Il ritorno in serie A di Jankto deve portare a delle riflessioni, a quella normalizzazione gridata a gran voce dai Pride in tutto il mondo. La vicenda Lukaku ha fatto discutere tutt’Europa, ma ora giunge la chance di non creare un caso Jankto. Pubblico e stampa possono far meglio, remando insieme affinché quel sentimento di paura venga almeno in parte soppiantato dalla speranza, quella d’essere per la prima volta visti, compresi e accettati.

Fare coming out nel calcio

Fare coming out nel mondo del calcio è sempre stato difficoltoso. La vita da spogliatoio spesso rispetta determinate regole non scritte e, in molti casi, si preferisce il silenzio a una verità “scomoda”.

Come detto, si tratta di un mondo rimasto immobile nel tempo sotto certi aspetti. Il futuro è rappresentato dalla tecnologia ma sul fronte umano è ancora alto e solido il muro eretto. Lo ha reso evidente Patrice Evra a inizio 2023: “Se ne parli, li rovini, ma ogni squadra di calcio ha almeno due calciatori gay”. Nel calcio tutto è chiuso. Se dici che sei gay, sei morto”.

Jankto torna in serie A e di colpo questa serie A 2023/24 può trasformarsi in qualcosa di diverso dal solito, in un trampolino per discussioni sociali troppo spesso accantonate.