Tra polemiche, buon senso e moralismi: il dress code a scuola

Non è certo una novità, quella del dress code a scuola. Una questione ostica e spinosa che anno dopo anno tende ad assumere dimensioni sempre più giganti

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

C’è un periodo dell’anno durante il quale le polemiche sembrano destinate a infuocarsi più di qualsiasi momento. Sono quelle che impazzano sui social, e non solo, quelle condotte dagli studenti e dai genitori da una parte, e dai professori e i dirigenti scolastici dall’altra quando le temperature si innalzano e il caldo diventa quasi insopportabile.

Non si tratta certo di una novità, anzi. Quella del dress code a scuola è una questione ostica e spinosa che anno dopo anno tende ad assumere dimensioni sempre più giganti che esplodono proprio nel periodo che precede l’estate.

E se ci sono scuole e istituti che giocano d’anticipo, stabilendo regole precise, e spesso considerate stringenti dagli alunni, c’è chi invece si ritrova a fronteggiare, spesso senza uno scherma, la situazione in divenire dando vita a episodi davvero spiacevoli.

Le regole del vestiario a scuola (e non solo)

Il malcontento, però, è sempre lo stesso, anche se le regole sono già state fissate. Certo che tutto è destinato a complicarsi quando senza un regolamento scritto, docenti e presidi accusano gli alunni di sfoggiare un abbigliamento indecoroso durante l’orario scolastico.

Eppure nonostante se ne parli da anni, la polemica divampa sotto il caldo della fine della primavera. Perché i ragazzi vogliono dalla loro la libertà totale di esprimersi anche attraverso i capi d’abbigliamento, ma dall’altra parte trovano presidi e docenti che chiedono e impongono un decoro vestiario attraverso restrizioni e divieti.

Le richieste più diffuse sono quelle di evitare canottiere, pantaloncini e gonne sopra il ginocchio, ma non sempre queste sono accolte con comprensione da parte dei giovanissimi. A volte la confusione è dovuta al fatto stesso che non esistono delle regole scritte sull’outfit e che quindi il giudizio è rinviato al parere soggettivo di un docente o di un preside.

La domanda a questo punto è spontanea: può una scuola decidere il dress code degli studenti? La risposta è sì, o meglio non ci sono regole che lo vietano. Ogni istituto, quindi, ha il diritto di regolamentare anche un eventuale dress code per i ragazzi.

Ed è una cosa, questa, che in realtà non riguarda solo il mondo dei giovanissimi, ma anche quello degli adulti.

In ogni lavoro, indipendentemente dalla carica ricoperta, è richiesto tacitamente e non di avere un certo dress code. Alcune posizioni, più delle altre, lo prevedono anche attraverso i contratti collettivi e aziendali che si riferiscono a determinate mansioni, obblighi e sicurezza.

Questo, come nel caso delle polemiche scolastiche, ha dato più volte adito a discussioni e accuse di discriminazioni. Tuttavia, nel quadro più generale delle cose, il lavoratore ha il diritto e il dovere di rispettare il luogo del lavoro attraverso un abbigliamento decoroso e rispettoso per l’immagine dell’azienda e i colleghi.

Per trovare una risposta al quesito più ostico di sempre, che riguarda quindi i lavoratori e anche gli studenti, potremmo dire che la regola generale, che esula dalla divisa o dall’abbigliamento di sicurezza, è affidata al buon senso comune.

Richieste lecite o discriminazioni?

Anche addentrarsi in quello che è definito buon senso comune, però, può diventare difficile. Sopratutto quando questo è sottoposto a limiti e visioni soggettive. E ne sono un esempio le polemiche scolastiche che non si placano e che riguardano le scuole di tutto lo stivale. Alla voce degli alunni si affianca anche quella dei genitori che chiedono maggiore flessibilità di fronte alle ondate di caldo che non risparmiano nessuno.

Il catfight tra alunni e docenti non sembra destinato ad arrestarsi anzi, si arricchisce di episodi spiacevoli, sessisti e anche discriminatori nei confronti degli studenti, e soprattutto delle studentesse, come confermano alcuni fatti di cronaca. Perché a volte il limite tra il moralismo e una richiesta lecita viene superato da entrambe le parti.

Per fortuna, però, c’è anche chi è disposto ad aprire un dialogo con la controparte come dimostra quello che è accaduto tra le aule dell’Istituto statale di istruzione superiore Luigi Einaudi di Dalmine. La diffusione sulle regole del dress code, che vietano l’utilizzo di pantaloni corti, canottiere e abiti succinti, ha creato un malcontento tra gli studenti che però è stato subito ascoltato dalla preside dell’istituto. La richiesta di inserire pantaloni di lunghezza media, fino al ginocchio, è stata accolta dal collegio dei docenti e il compromesso è stato trovato.

E se fosse il dialogo la soluzione a questa inarrestabile polemica?