Essere donne ricche e in carriera è possibile. Ma solo se si è magre

Una triste e pericolosa realtà che riguarda le donne e il mondo del lavoro. Perché essere magre non solo favorisce l'accesso alla carriera, ma fa guadagnare anche di più.

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Ci hanno insegnato che l’abito non fa il monaco, che non è giusto giudicare le persone solo dall’apparenza, che “L’essenziale è invisibile agli occhi” perché il vero valore è quello che conserviamo dentro, e non sempre riesce a essere comprensibile.

Parole, queste bellissime, che se applicate alla quotidianità, forse, renderebbero il mondo che abitiamo un posto migliore. Ma l’esperienza ci ha insegnato che alle belle parole, purtroppo, non sempre seguono i fatti, e che le apparenze contano oggi più che mai.

A sottolineare quel cordone ombelicale che lega le donne alle apparenze, soprattutto nel settore del lavoro, ci ha pensato l’Economist, con un articolo irriverentemente critico, ma drasticamente reale che indaga il rapporto tra carriera, stipendi e peso forma. Perché sì, essere ricche e in carriera è possibile per le donne, oggi, ma solo se si è magre.

“L’economia della magrezza”

The Economics of Thinness (L’economia della magrezza), si intitola così, quell’articolo che oggi ci fa riflettere e che non lascia spazio a dubbi su una situazione che riguarda il mondo femminile. E se il titolo, da solo, sembra fastidiosamente provocatorio, aspettate di leggere il sottotitolo.

“È economicamente razionale per le donne ambiziose cercare più che possono di essere magre”, scrive l’autore dell’articolo, svuotando consapevolmente di valore tutte quelle battaglie che abbiamo combattuto fino a questo momento. Perché se è vero che per raggiungere una posizione professionale di rilievo, con tanto di stipendio adeguato, è necessario ambire a un determinato peso forma, è altrettanto vero che non avrebbe più senso parlare di inclusività, body positive e accettazione.

No, al punto dove siamo arrivate adesso, non con poca fatica, sembra davvero assurdo pensare che una donna per fare carriera debba essere magra. Che il suo valore professionale venga associato, prima ancora che alle sue reali capacità, all’ago della bilancia. Eppure, i dati che abbiamo in nostro possesso non fanno che confermare proprio questo.

Le battaglie, quelle che ambiamo combattuto insieme, hanno contribuito a creare una maggiore consapevolezza, in noi e negli altri, che però non è riuscita ad andare oltre le parole. Perché i fatti, come abbiamo visto, ci dimostrano che stereotipi, pregiudizi e discriminazioni sono più reali che mai, soprattutto nel mondo del lavoro.

Insomma, il valore professionale di una donna si misura anche, e soprattutto, con il peso forma. L’intelligenza, la formazione e l’istruzione contano poco se non si fa attenzione al proprio aspetto fisico, se non si rientra nei canoni di bellezza standardizzati che vengono misurati in questo caso, come non mai, con la bilancia.

Ma ci stupisce davvero questa notizia? Davvero abbiamo potuto ignorare il peso dei pregiudizi legati alla bellezza e al peso? Perché basta guardarsi intorno, e spingersi oltre a ciò che conosciamo, per vedere come il weight bias è un problema reale che riguarda l’intera società. E non solo sfocia nel body shaming, ma si traduce in una pericolosa discriminazione che tende a stigmatizzare tutte le persone obese e in sovrappeso.

Grassofobia e fat shaming non sono parole che possiamo pronunciare a cuor leggero, perché si traducono in una tendenza che si manifesta con il disprezzo delle persone grasse. Un atteggiamento, questo, che non tiene più conto del valore di una persona, ma solo ed esclusivamente di quei chili in più che sembrano determinare tutto. Quello che emerge, quindi, è una visione distorta delle persone in sovrappeso, che sono offese in maniera stolta e barbara, o che sono discriminate in maniera silenziosa in qualsiasi contesto, da quello relazionale a quello dell’istruzione, passando anche per il mondo del lavoro.

Non si tratta di luoghi comuni, ma di una realtà che ancora oggi viene troppo spesso ignorata. Lo dimostrano le esperienze delle dirette interessate quelle che trovano il coraggio di raccontare le esclusioni e le discriminazioni, ma anche i dati.

Una ricerca condotta tempo fa dall’Università di Birmingham, negli Stati Uniti, infatti, ha rivelato che per le donne magre le porte del lavoro sono palesemente spalancate, mentre per quelle in sovrappeso la situazione si complica. Gli esperti si sono cimentati in un test ritoccando le fotografie delle candidate, arrotondando la forma del viso delle donne o sfinendola. È emerso che i recruiters hanno scartato in maniera quasi automatica tutti quei CV in cui le donne sulle fotografie apparivano in sovrappeso. Poco importavano le qualifiche, gli studi e le esperienze pregresse, perché il metro di giudizio era quello del peso forma.

Le donne magre guadagnano di più

Le discriminazioni non riguardano solo l’accesso al mondo del lavoro, ma continuano anche sul piano salariale. Sempre secondo l’Economist, infatti, le donne obese e in sovrappeso guadagnerebbero il 10% in meno rispetto alle persone con una silhouette impeccabile. La situazione riguarda il mondo intero, come dimostrano le ricerche condotte negli Stati Uniti, in Canada, in Danimarca e in Gran Bretagna. E più passa il tempo, più il weight bias si radica nella società, dato che nell’ultimo ventennio la discriminazione è cresciuta, anzi raddoppiata.

Reddito e peso corporeo, quindi, sono strettamente collegati, almeno per quanto riguarda il mondo femminile. Lo ha confermato anche un altro studio, pubblicato sul Journal of applied psychology, e condotto dagli esperti della University of Florida e della London Business School, che ha rivelato che le donne magre guadagnano circa 15000 euro in più, all’anno, rispetto alle donne normopeso o in sovrappeso. E più i chili aumentano, più tristemente diminuiscono gli stipendi.

Questo vuol dire che una donna può essere anche poco istruita o poco qualificata per un determinato lavoro, o comunque meno formata rispetto a professioniste in sovrappeso, quello che conta è che sia magra. Un incentivo pericolosissimo, questo, che premia chi ha raggiunto o ha già un peso forma, ma che dell’altra parte punisce e penalizza tutte le donne che non rientrano nei canoni di magrezza attesi e cercati.

Gli uomini e le donne non sono uguali

Se fino a questo momento abbiamo parlato di donne, non è un caso. Perché la verità è che questa attenzione ossessiva nei confronti del peso, che svilisce tutto ciò che è l’identità di una persona, riguarda le donne e solo loro. Secondo l’Economist, infatti, per la controparte maschile il criterio del peso non vale e, anzi, non si registrano discriminazioni o differenze salariali in base all’aspetto fisico.

Una conferma, questa, che arriva anche da altri studi. La Cornell University, per esempio, aveva già evidenziato che le lavoratrici in sovrappeso hanno retribuzioni più basse, mentre gli uomini, indipendentemente dai chili in più, non subiscono nessuna alterazione di trattamento.

Ricche e in carriera sì, ma solo se si è magre. Questa è la triste realtà che devono affrontare le donne nel mondo del lavoro.