“Pedalò forte contro il vento del pregiudizio”: così la premier Giorgia Meloni l’ha ricordata, tra le altre donne che hanno reso grande l’Italia, in uno dei suoi più famosi discorsi alla Camera. Fu una vera pioniera Alfonsina Strada, una donna che non si fece fermare da niente e da nessuno e che, in sella alla sua amata bici, fu la prima a correre il Giro d’Italia.
Alfonsina Strada, pioniera del ciclismo femminile
Era il 1891 quando, nel piccolo borgo di Castelfranco Emilia, da una famiglia di braccianti agricoli nacque quella che all’epoca era Alfonsina Morini. Una bambina vivace, il cui gioco preferito era correre in sella alla vecchia e malridotta bici del papà. Pochi anni dopo, si guadagnò il soprannome di “diavolo in gonnella”, partecipando alle prime gare ciclistiche di Reggio Emilia travestendosi da uomo per aggirare le regole che permettevano ai soli maschi di partecipare alle corse.
Era forte, aveva grinta e talento, ma a nessuno importava. Era una donna e il suo destino era quello di diventare moglie. A soli 14 anni fu data in sposa al meccanico Luigi Strada. E fu la sua fortuna. Il giorno delle nozze, l’amorevole e femminista neomarito, le regalò una bici da corsa nuova di zecca e, poco tempo dopo, si trasformò nel suo allenatore, accompagnandola a tutte le gare della Lombardia (la coppia si era nel frattempo trasferita nella grande Milano).
La prima donna al Giro d’Italia
Nel 1924 Alfonsina Strada fu ammessa al Giro d’Italia, la prima donna nella storia ad essere inserita tra gli atleti della più importante competizione ciclistica del paese. Tutti gli altri corridori erano uomini, ma lei ottenne ottimi risultati, almeno fino all’ottava tappa. Nel duro percorso da L’Aquila a Perugia, la forte pioggia la disarcionò e fu costretta a farsi prestare un manico di scopa per rimettere in sesto il volante della sua bici. Arrivò al traguardo, ma fuori tempo massimo e fu esclusa dalla competizione.
Forte anche del calore del pubblico, Alfonsina non si arrese. Non in gara, continuò a correre. Tappa dopo tappa arrivò al traguardo finale, anche lei tra i soli 30 atleti – sui 90 che partirono – che riuscirono a concludere l’impresa su due ruote. All’epoca il Giro, corso su biciclette di ferro e strade non asfaltate, era una vera lotta contro il tempo, il corpo e le intemperie. Non fu mai più ammessa nella Corsa Rosa, ma continuò a prendervi parte, per conto proprio. Divenne sempre più forte e, nel 1938, conquistò il record dell’ora femminile con 35,28 chilometri.
Dalla bici alla moto
Alla morte del marito Luigi, Alfonsina si risposò con l’ex ciclista Carlo Messori con cui, a Milano, aprì negli Anni ’50 un negozio di biciclette. A lavoro, naturalmente, ci andava pedalando. Fino a quando non ne ebbe più le forze e, allora, senza di certo rinunciare le due ruote, l’eroina scambiò la sua bici per una rombante Moto Guzzi rosso fiammante. Si spense nel 1959, a causa di un infarto, proprio mentre stava mettendo in moto il suo bolide.