Alice De André torna in teatro con Take Me Aut, l’eroe che è in me, di cui è regista e autrice. Presentato in 2 anteprime estive, lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito. Si replica il 19 ottobre al Teatro Gerolamo di Milano.
Strutturato in due atti, lo spettacolo mette in risalto la forza e la coesione del gruppo, dove la caduta di uno comporta il crollo di tutti. Attraverso una riflessione sull’eroismo e il superamento delle paure, invita il pubblico a considerare come, nonostante le nostre apparenti differenze, siamo tutti accomunati dalla stessa vulnerabilità e dalle stesse paure.
Alice, nipote di Fabrizio De André, ci ha raccontato come è nato Take Me Aut, l’eroe che è in me, della sua collaborazione con la Fondazione Un Futuro per l’Asperger e come è riuscita a mostrarsi per quello che è, indipendentemente dal suo cognome.
Come è nata l’idea del tuo spettacolo, Take Me Aut, l’eroe che è in me e di cosa parla?
Lo spettacolo parla di eroi ed è nato dopo che abbiamo svolto un laboratorio in classe, che si chiama Il viaggio degli eroi, in cui i ragazzi si sono dovuti interrogare su chi fossero gli eroi per loro. All’inizio, ovviamente, siamo partiti dai classici, come Batman, l’Uomo Ragno, insomma tutti i personaggi Marvel. Ma, devo dire, che alcuni ragazzi hanno portato figure più particolari, come Samvise Gamgee del Signore degli anelli o Forrest Gump. Considerando però quelli più classici, ci siamo chiesti: ‘se questi eroi non avessero i super poteri, sarebbero comunque degli eroi?’ E la risposta è stata: ‘sì’, perché quello che li rende eroici non sono né il mantello né la maschera, ma le azioni che compiono e che li fanno essere semplicemente umani, in quanto mossi dal senso di giustizia e dal voler aiutare il prossimo.
Poi ci siamo concentrati sulle paure di questi eroi e abbiamo scoperto che sono le stesse che abbiamo noi. Prendiamo ad esempio Spiderman, Peter Parker è un ragazzo timido, che ha paura di dire quello che pensa e di parlare con le ragazze. Fondamentalmente abbiamo umanizzato la figura del super eroe per accorgerci che possiamo essere tutti eroi.
Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con la Fondazione Un Futuro per l’Asperger ONLUS, quale legame hai con questa associazione? È da tanto che lavori con loro?
Sì, collaboro da quando hanno aperto. Inizialmente, davo loro una mano, tenendo delle lezioni di cineforum. La Fondazione è stata istituita dal compagno di mia mamma [Sabrina La Rosa ndr]. Lui ha un figlio che ha la Sindrome dei Asperger con cui sono cresciuta ed è come se fosse mio fratello. Standoci assieme ho imparato a conoscere le caratteristiche di questo disturbo, che hanno a che fare con le relazioni. Chi ha questa sindrome fatica a interagire, si isola, rifugge il contatto visivo, non sente la necessità del rapporto umano. Ho pensato che un corso di teatro avrebbe potuto aiutare i ragazzi con la Sindrome di Asperger, anche perché sono consapevoli delle loro difficoltà, vorrebbero uscire da questa situazione ma spesso non hanno gli strumenti per farlo. Quindi vedendo mio fratello, mi si sono chiesta cosa avrei potuto fare nel mio piccolo per aiutarli. Essendo diplomata in pedagogia teatrale, ho proposto un corso di teatro presso la realtà formativa della Fondazione che si chiama Scuola Futuro Lavoro. Ho fatto una prima prova due anni fa di dieci incontri e poi un laboratorio più lungo, da settembre a giugno.
Per te chi sono gli eroi di oggi?
Tutti possiamo eroi, facendo piccole azioni. Questo è il senso dello spettacolo. Nessuno è più eroe degli altri, tutti noi possiamo cambiare le cose, partendo da aspetti impercettibili per arrivare a qualcosa di più grande, ed essere così eroici. Penso anche al periodo storico che stiamo vivendo. Se tutti noi facessimo qualcosa, forse le cose andrebbero diversamente.
Tempo fa hai dichiarato che la cosa più difficile per te è stata far pace col bisogno di essere all’altezza. Il riferimento è al tuo cognome importante, De André. Come ci sei riuscita? È stata la tua battaglia da eroina?
Più che una battaglia è stato il mio modo di venirne fuori, di presentarmi come me stessa e dire ‘questa sono io’. A chi dice ‘tu sei il tuo cognome’, io rispondo no, sono questa cosa qui e mi fa piacere farlo vedere, venir fuori per questo. Poi, sicuramente la battaglia dei valori e dei principi è in comune con quella che è la battaglia di mio nonno [Fabrizio De André ndr], con quella che la battaglia di mio padre [Cristiano De André ndr], con quella che è la battaglia della mia famiglia perché condividiamo dei valori e dei principi che sono molto solidi. Però, ognuno si occupa del suo.
Infatti tua sorella Francesca ha partecipato al Grande Fratello, faresti mai un’esperienza in un reality?
No [ride ndr].
Sei attrice di teatro e televisiva, regista, autrice: come ti vedi tra 10 anni?
Bella domanda. Mi vedo lavorare. Se mi chiedi che cosa voglio fare, io voglio lavorare e non è poco di questi tempi. Io amo follemente il mio lavoro, adoro tutto quello che ha a che fare col palcoscenico e voglio starci il più possibile. Voglio fare tanto e continuare a fare tutto questo. Mi vedo sul palco o dietro le quinte o sul proscenio.