Riaprono gli allevamenti di visoni: perché dobbiamo dire basta

Il 1° gennaio 2022 potrebbe essere la data cruciale per la riapertura degli allevamenti di visoni: rimane poco tempo per agire e per cercare di fermare tutto. L'appello della LAV

Foto di DiLei

DiLei

Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Gli allevamenti di visoni riapriranno. La data fissata è per gennaio 2022, alla scadenza dell’Ordinanza firmata dal Ministro Speranza con la quale sono state prorogate le chiusure fino al 31 dicembre 2021. Una notizia che sa di sconfitta, questa, soprattutto perché sembrava che si fosse imboccata la strada giusta per un’eliminazione definitiva di tutte le strutture che ancora ospitavano animali da pelliccia.

Perché potrebbero riaprire nel 2022

Con la scadenza dell’Ordinanza firmata dal Ministro, attesa per il 31 dicembre 2021, non vi sono elementi ostativi che impedirebbero agli allevamenti di riprendere l’attività. In Italia, quelli attivi benché sottoposti a sospensione, sono appena 5.

Laddove non si esprimano pareri contrari, soprattutto sul fronte ministeriale, gli allevamenti potrebbero far ripartire il ciclo produttivo vanificando così gli sforzi fatti per contenere le criticità emerse a seguito della pandemia, che hanno comportato l’abbattimento di oltre 17 milioni di capi nella sola Danimarca, il maggior produttore di pellicce al mondo.

Allevamenti di visoni, l’appello della LAV

A chiedere a gran voce la soppressione risolutiva di tutte le realtà ancora presenti in Italia è stata la LAV, che si è espressa duramente in merito a questa possibilità e si sta muovendo perché non si concretizzi questo scenario, dopo oltre un anno di stop dovuto alla pandemia.

Le strutture rimaste attive in Italia sono solo 5 ma rischiano di riaprire, diversamente da quanto sta accadendo in Europa dove invece si sta procedendo per una chiusura totale. A spingere verso questa direzione è stata anche l’Associazione Moda Animal Free, che si è espressa per conto di Simone Pavesi: “Occorre la ferma volontà politica di dire basta alla produzione di pellicce animali, retaggio di un modello produttivo del tutto superato e incompatibile con standard etici e di sicurezza sanitaria, come l’emergenza Covid e la chiusura temporanea di questi allevamenti dimostra”.

Allevamenti di visoni, la situazione in Europa

L’addio definitivo degli animali da pelliccia è già avvenuto in diversi paesi europei, come il Regno Unito, la Svizzera, l’Austria, la Slovenia, la Repubblica di Macedonia, la Croazia, il Lussemburgo, la Repubblica Ceca, la Serbia, la Germania, il Belgio, la Norvegia e la Bosnia Erzegovina. E ancora l’Olanda, la Svezia e la Danimarca, mentre l’Ungheria ne ha vietato l’importazione. La Francia smantellerà tutto entro il 2026.

Allevamenti di visoni, perché si deve agire ora

È arrivato il momento di dire basta. E non solo perché gli allevamenti di visoni rappresentano un serio problema per la salute umana, ma anche per le condizioni al limite nelle quali vengono tenuti gli animali. Gabbie anguste, ferite e cure veterinarie insufficienti sono solo alcuni dei punti nodali di una situazione che va affrontata immediatamente e per la quale si chiede un cambio di marcia.

L’appello di LAV, dopotutto, è stato molto chiaro: “In Italia sono 5 gli allevamenti di visoni ancora in attività. Su un sesto allevamento pende un’ordinanza di abbattimento di 3.000 visoni per via di un focolaio di coronavirus. In questi allevamenti ancora attivi il ciclo di ‘produzione’ inizia a marzo e nel mese di maggio nascono i cuccioli, destinati poi ad essere uccisi tra novembre e dicembre per le loro pellicce. Solamente i visoni riproduttori, destinati a mettere al mondo nuovi visoni, si ‘salvano’ da questa strage””

A pochi giorni da un’eventuale riapertura, non c’è quindi tempo da perdere. Da un lato, per salvaguardare la salute degli animali stabulati in gabbie d’acciaio – anche in 2, 3 per ogni spazio – in condizioni di salute precarie e con cure mediche che non bastano mai, dall’altro per preservare la salute umana da possibili focolai di Covid-19 che potrebbero svilupparsi proprio all’interno delle strutture.

È stato infatti stabilito che i visoni sono particolarmente sensibili all’infezione da Sars Cov-2, senza però manifestare sintomi e incrementare la mortalità. Risulta quindi difficile individuare il focolaio e fermarlo, creando così seri rischi per la salute pubblica. L’incremento dei controlli non è bastato a tenere sotto controllo i cluster, ragion per cui il Ministro della Salute Roberto Speranza ne aveva disposto la chiusura fermando così l’intero ciclo di produzione.

Un silenzio che fa rumore

Sorprende come la riapertura degli allevamenti di visoni sia passata completamente sotto silenzio. Nessuna voce contraria, se si fa eccezione per la LAV e pochi altri, si è sollevata per proteggere gli animali da quest’ennesimo scempio al quale potrebbero essere sottoposti.

Presi da altri problemi, forse ritenuti più importanti di questo, non ci siamo accorti che tutto il tempo messo a disposizione dalla proroga dell’Ordinanza è stato sprecato e nessun cambio di prospettiva è stato messo in atto per mettere la parola fine all’allevamento degli animali da pelliccia.

Una cultura che va scardinata, questa, che non appartiene più a una società con valori etici mutati e che guarda sempre con maggior attenzione alle politiche cruelty free. Ce lo hanno spiegato bene le attiviste che si sono più volte espresse sul tema, come Elisabetta Canalis e Flavia Vento, che però non si sono ancora pronunciate in merito all’eventuale ripresa degli allevamenti.

I brand di moda Fur Free

E sì, perché la pelliccia di visone non fa più tendenza. Anzi, le giacche ottenute da queste pelli pregiate sono state sostituite con successo da altri materiali, grazie a un’attenta ricerca che ha consentito di muoversi con un cambio di passo deciso senza che nessun essere vivente dovesse rimetterci la vita.

La fine della storia d’amore tra la moda e le pellicce è avvenuta già da tempo, con le maggiori Maison che hanno spostato lo sguardo verso un altro tipo di soluzione non proveniente da allevamenti intensivi e ben oltre il limite della normalità.

Un brutto colpo per il settore, che in pochi anni è stato messo in crisi dalla diffusa avversione verso le pellicce e che aiuterebbe (con una spinta in più – la soppressione degli allevamenti di visoni che potrebbero riaprire molto presto, con tutte le complicazioni del caso.

Dal 2022, Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent, Alexander McQueen non faranno più uso degli animali da pelliccia per le loro creazioni. A fare da apripista, era stato il brand Gucci nel 2017, cercando anche di sensibilizzare gli altri marchi a intraprendere questa strada sempre più battuta dai consumatori, attenti al benessere degli animali e a compiere una scelta etica.

Gli inserti di pelliccia hanno perso gradualmente il loro fascino e sono stati quasi abbandonati nel tempo, ma le immagini raccapriccianti degli abbattimenti di visoni contagiati dal Coronavirus, che hanno suscitato l’indignazione di tutti, hanno confermato quanto gli sforzi fatti per sopprimere gli allevamenti intensivi fossero stati inadeguati per scrivere la parola fine sul capitolo dello sfruttamento degli animali da pelliccia.

Il senso di questa scelta si legge bene nelle parole del CEO di Kering, François-Henri Pinault, che ha spiegato: “È giunto il momento di fare un ulteriore passo avanti eliminando l’uso della pelliccia in tutte le nostre collezioni. Il mondo è cambiato, insieme ai nostri clienti, e il lusso deve naturalmente adattarsi a questo”.

È così arrivato il momento di cambiare, di prendere una decisione definitiva su un tema che avrebbe dovuto essere affrontato da molto tempo. E, se la pandemia ha voluto insegnarci qualcosa, allora non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione di agire subito.