Filosofo, scrittore, giornalista, semiologo e saggista, e poi ancora editorialista, umorista, docente universitario e bibliofilo. Umberto Eco nella sua vita è stato tante cose ed elencarle tutte sarebbe impossibile perché lui è riuscito professionalmente a ricoprire tanti ruoli, pur non lasciandosi mai definire da questi singolarmente. Raccontare l’uomo nella sua totalità è difficile, ma possiamo ricordarlo per tutto ciò che ci ha insegnato e per tutto ciò che ci ha lasciato. Lui che per noi è stato, e sempre sarà, un maestro di vita.
Si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo.
Le sue più grandi passioni, quelle che lo conducevano e lo legavano al sapere dell’umanità intera, sono state condivise con tutti noi attraverso capolavori immensi e una fervida attività culturale che non si è mai arrestata, tra cui spicca il best seller Il nome della rosa, pubblicato nel 1980. Ripercorriamo la sua storia.
Umberto Eco, biografia di un maestro
Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, Umberto Eco sviluppa la grande passione nei confronti della filosofia e della cultura medievale, che non abbandonerà mai più, durante gli anni universitari alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino. A questa si aggiungerà anche una particolare attenzione nei confronti della cultura di massa. Lui stesso affermerà, in occasione di un’intervista su wikinews.org, di essere un “utente compulsivo”, dedito al mondo dell’open source.
È durante questi anni che, studiando Tommaso D’Aquino, sul quale scriverà la sua tesi, abbandonerà per sempre la fede: “Anche se io sono ancora innamorato di quel mondo, ho smesso di credere in Dio durante i miei 20 anni, dopo i miei studi universitari su Tommaso d’Aquino. Potete dire che egli mi ha miracolosamente curato dalla mia fede”. (Time, 13 giugno 2005 – Wikipedia)
Gli anni ’60 segnano, invece, l’inizio della sua carriera universitaria. Il filosofo insegna a Torino, a Milano, a Firenze e a Bologna ed è tra i fondatori del DAMS; contemporaneamente lavora come saggista e giornalista collaborando con i più importanti quotidiani italiani. Negli anni ’80, invece, si avvicina alla narrativa e vince il Premio Strega con la sua prima pubblicazione, Il nome della rosa, best seller internazionale tradotto in ben 47 lingue.
Umberto Eco, il suo pensiero
Allievo del filosofo piemontese Luigi Pareyson, Umberto Eco sviluppa un pensiero sulla realtà che si basa tra il rapporto tra soggetto e oggetto: la verità non può mai essere la stessa, perché è costruita secondo un processo soggettivo interpretativo.
Il suo pensiero, oggi, echeggia in ogni suo insegnamento, nei suoi libri e in quella monografia La filosofia di Umberto Eco che è un vero e proprio omaggio monumentale alla sua stessa esistenza.
Sono nato ad Alessandria, nel nord-ovest della penisola italiana. Dal carattere dei miei concittadini ho imparato la virtù dello scetticismo, che implica un costante senso dell’umorismo, per mettere in forse anche le cose in cui si crede sinceramente. Può darsi che questo spieghi molti casi in cui ho ironizzato, o addirittura parodiato, testi sui quali avevo scritto con grande convinzione. Non prendersi mai troppo sul serio mi è sempre sembrato un giusto atteggiamento filosofico.
Le sue opere celano, neanche troppo velatamente, i dibattiti filosofici ai quali lui stesso prende parte, come l’esistenza di Dio, la natura, l’universo e il vuoto. Utilizza i romanzi per raccontare le storie realmente accadute o per provare a spiegare le leggende e i misteri che ruotano attorno a figure e situazioni particolarmente emblematiche. Parla dei Cavalieri dei Templari, per esempio, e del Sacro Graal ne Il pendolo di Foucault. Il Cimitero di Praga, invece, è un romanzo monumentare e cinico incentrato sulle teorie complottistiche che riguardano la storia del popolo ebraico.
Umberto Eco si è spento il 19 febbraio del 2016, ma la sua presenza è prepotente in tutto quello che ci ha lasciato. In tutto quello che ci ha insegnato. Di lui mancano però tante cose. Come il suo spirito critico, l’ironia, la lucidità, la comprensione del presente. E soprattutto la capacità di essere sempre un passo avanti.
È bello qualcosa che, se fosse nostro, ci rallegrerebbe, ma che rimane tale anche se appartiene a qualcun altro.
Umberto Eco, lezioni di vita
Raccontare tutti gli insegnamenti di Umberto Eco è impossibile, perché tutta la sua vita si basa sull’esplorazione della conoscenza e sulla trasmissione di essa. Eppure vogliamo riassumerne alcuni, quelli che attraverso parole, lettere e rubriche si sono trasformati in lezione di vita.
Come quella che il filosofo ha dedicato a suo nipote, attraverso una riflessione sulla tecnologia e un consiglio che oggi più che mai è attuale, quello di stare in guardia “Da una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria”. Così Umberto Eco, attraverso l’Espresso, ha invitato tutti i giovani di oggi a studiare a memoria, perché se è vero che internet non può sostituirsi alla conoscenza, il computer non può assumere il ruolo del cervello.
E poi ancora quell’insegnamento sulla storia, considerata una maestra di vita, avvenuto attraverso le parole del filosofo pronunciate in occasione del discorso all’Onu contro la perdita della memoria: “Il problema che entra in gioco è che nessuna civiltà (nel senso antropologico della parola, intesa come sistema di idee scientifiche e artistiche, miti, religioni, valori e abitudini quotidiane) può sussistere e sopravvivere senza una memoria collettiva”.
E infine, quella lezione di vita che sembra quasi una dichiarazione d’amore nei confronti del sapere dell’umanità, nascosta tra le pagine del suo capolavoro Perché i libri allungano la vita. “Il libro è un’assicurazione sulla vita, una piccola anticipazione di immortalità. All’indietro (ahimè) anziché in avanti. Ma non si può avere tutto“, ha scritto il filosofo ponendo un accento fondamentale sull’importanza della lettura non solo per arricchire il bagaglio culturale e il linguaggio, ma per assumere nuove consapevolezze, di sé stessi e della realtà. E per vivere tutte le vite che vogliamo.
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”