Io dico sempre che sono una donna ma sono un architetto
Dicembre 2012, Milano. Viene inaugurata Piazza Gae Aulenti, il centro nevralgico della riqualificazione urbanistica dei quartieri Garibaldi, Isole e Varesine e viene dedicata a lei, alla grande architetta, nell’anno della sua morte. Una piazza circolare di 100 metri di diametro, e 2300 metri quadri di superficie, che oggi porta il suo nome e che, probabilmente, le sarebbe piaciuta.
Chi era Gae Aulenti
Gae Aulenti, all’anagrafe Gaetana Aulenti, nasce nel 1927 in provincia di Udine da una famiglia di origine meridionale. È ancora giovanissima quando, nella sua mente e nel suo cuore, prende forma il sogno di lasciare il segno, nel presente e nel futuro del Paese. Così, abbandonata la sua città di nascita, si trasferisce a Milano per iscriversi al Politecnico di Milano dove si laurea. Nel 1953 Gaetana consegue l’abilitazione per esercitare la professione.
Inizia subito a lavorare, lo fa dapprima nell’ambiente universitario come redattrice e assistente. Ma il suo sguardo curioso la porta a osservare con attenzione minuziosa quello che succede nel mondo del design. È proprio in quello che muove i primi passi creando un’icona del settore: la celebre lampada Pipistrello realizzata per lo showroom di Olivetti.
Quello è solo l’inizio: Gae Aulenti si occupa di disegnare lo showroom di Buenos Aires della Olivetti, e anche questo progetto le permette di far conoscere il suo nome ai più. Quello stesso nome che, da lì a poco, verrà invocato da Gianni Agnelli che all’architetta commissionerà la ristrutturazione della sua casa a Milano. Un sodalizio, quello tra la Aulenti e la famiglia Agnelli, che vedrà nascere diversi progetti e una profonda amicizia che durerà per sempre.
L’archistar che non voleva esserlo
Diventata l’architetta personale di Gianni Agnelli, nel 1980 Gae viene incaricata del restauro e dell’allestimento del Museo Orsay: il suo lavoro è ormai riconosciuto a livello internazionale, ma è in Italia che la Aulenti riceve la medaglia d’oro benemeriti della cultura e dell’arte nel 1994. Tutti parlano di lei, tutti la vogliono per i loro progetti: Gae è un’archistar a tutti gli effetti, la prima a esserlo. Ma non è un riconoscimento a cui ambisce: tutto ciò che desidera è che il suo lavoro venga conosciuto e riconosciuto.
Le nuove “archistar” sono il frutto dei nuovi linguaggi della comunicazione. Io preferisco cercare l’essenza del progetto.
Tantissimi altri premi si susseguono negli anni: il Premio Ubu per la scenografia di Le Baccanti e La torre, il Premio Imperiale conferitole dalla Japan Art Association di Tokyo e il Marble Architectural Awards 2007. Gae ancora non lo sa, ma la sua opera e la sua identità stanno riscrivendo la storia del design internazionale.
L’architetta donna dalla parte delle donne
Il lavoro di Gae Aulenti, oltre che all’indiscusso valore progettuale che le ha portato un riconoscimento a livello globale, ha oggi un importantissimo valore sociale e mediatico. È stata la promotrice dell’estetica e della lotta al razionalismo, la mente visionaria che ha saputo immaginare opere di design e di architettura che si connettono con l’ambiente urbano già esistente. È stata la fautrice del movimento Neoliberty, ma non solo.
A lei va il merito di aver trasformato il mestiere dell’architettura in una professione anche per donne, un lascito tutt’altro che scontato a quei tempi. Durante tutta la sua vita Gae Aulenti ha contribuito con una identità ben precisa, la sua, alle lotte per l’emancipazione di genere: non esistono lavori per soli uomini e lei lo ha dimostrato esortando anche le sue colleghe a fare lo stesso.
Ci sono un sacco di altre donne architetto di talento, ma la maggior parte di loro preferisce lavorare con gli uomini. Ho sempre lavorato per me stessa, e questo mi ha insegnato molto. Le donne in architettura non devono pensare di essere una minoranza, perché nel momento in cui lo fai, vieni paralizzato da questo pensiero.
Architetta di indiscutibile bravura, Aulenti è stata una figura chiave per l’Italia e per la società in generale perché ha imposto, preteso e ottenuto che il suo lavoro e il suo ruolo professionale venissero riconosciuti indipendentemente dal genere. Coraggiosa e tenace, Gae si è espressa senza freni o limiti sperimentando nuove forme e modalità di produzione, facendo ricerche e audaci proposte. Il suo contributo, oggi, non apparterrebbe all’umanità intera se lei non avesse combattuto per essere riconosciuta professionalmente.
Mi fa imbestialire la ghettizzazione in genere. A cominciare da chi dice: come architetto ho preso una donna.
Ma lei ha fatto molto di più: ha scavalcato gli ostacoli, ha abbattuto qualsiasi muro che la società ha innalzato e ha sostenuto se stessa e le sue colleghe con convinzione e tenacia, diventando così la protagonista indiscussa dell’architettura contemporanea scardinando per sempre lo stereotipo dell’architetto uomo.