Ravioli al vapore, quale pasta usare e quanto cuocerla

I ravioli al vapore sono un piatto tipico della cucina cinese a cui ormai non sappiamo dire di "no", ma come si preparano in casa? Ecco cosa sapere

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Serena De Filippi

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I ravioli al vapore sono uno dei piatti più amati della cucina orientale, ormai diventati protagonisti anche nelle nostre cucine. Leggeri ma saporiti, con quel ripieno che sprigiona profumi al primo morso, piacciono al naturale o conditi con un filo di salsa di soia. Prepararli in casa non è complicato, ma la riuscita dipende da due dettagli fondamentali: la pasta e la cottura. Vediamo come fare, passo dopo passo, per portarli in tavola perfetti.

La storia e le origini dei ravioli al vapore

In Cina si chiamano jiaozi e la loro storia risale a quasi duemila anni fa. La leggenda racconta di Zhang Zhongjing, un medico (tra i più grandi esponenti della medicina cinese) che, nei mesi più freddi, nota come molti abitanti delle campagne soffrano di geloni alle orecchie. Per aiutarli, prepara un ripieno di carne di montone con erbe e spezie, lo chiude in piccoli dischi di pasta sagomati a forma di orecchio e li serve in una zuppa calda. L’usanza si diffonde subito e i jiaozi diventano il piatto che accompagna l’arrivo del nuovo anno: durante il Capodanno cinese, in Cina parenti o amici si riuniscono per prepararli insieme, poiché sono simbolo di abbondanza e buon auspicio.

Le differenze tra ravioli cinesi, giapponesi e coreani

La versione cinese, i jiaozi, è la più antica e tradizionale: la sfoglia è sottile ma elastica, e si farciscono quasi sempre con la carne di maiale o manzo e le verdure (cavolo e cipollotto): il gusto è equilibrato, mai invadente. Non a caso sono il piatto simbolo del Capodanno cinese, perché la loro forma ricorda piccole monete portafortuna, e sono ormai famosissimi quanto gli involtini primavera.

In Giappone li conosciamo come gyoza. Derivano proprio dai jiaozi, ma hanno un’impronta diversa: la pasta è più sottile, il ripieno è ricco di aglio e zenzero, e il metodo di cottura più diffuso è lo yaki-gyoza, una base croccante ottenuta in padella con una finitura al vapore. Sempre serviti con salsa di soia e aceto, sono immancabili nei ramen bar e nei bentō giapponesi.

In Corea, invece, prendono il nome di mandu. Hanno spesso forme diverse — a corno, a bordi arricciati o tondi — e il ripieno può includere non solo carne e verdure, ma anche il kimchi, per un gusto più deciso. Possono essere fritti, ma sono altrettanto popolari nella versione al vapore, da intingere in salsa di soia e abbondante peperoncino.

Quale pasta usare per i ravioli al vapore

Nei ravioli al vapore la sfoglia non è quella ricca di uova che usiamo per la pasta italiana, perché con il calore del vapore diventerebbe pesante e si asciugherebbe troppo. Qui serve una base più semplice, fatta solo di farina e acqua, che dopo un po’ di riposo si stende sottile e resta elastica in cottura. In Cina i dischetti sono tirati sottili ma resistenti, così da contenere bene il ripieno senza rompersi. In Giappone, per i gyoza, la sfoglia è ancora più delicata, mentre per i mandu coreani è leggermente più spessa, soprattutto quando il ripieno è abbondante. Se non si ha tempo di impastare, nei negozi di prodotti asiatici si trovano anche le sfoglie già pronte, fresche o surgelate. Meglio evitarle se troppo secche, perché in cottura rischiano di rompersi.

Come preparare la pasta per i ravioli al vapore

Per la sfoglia dei ravioli al vapore bastano farina, acqua e un pizzico di sale. Dopo aver impastato, si forma un panetto e lo si lascia riposare in frigo per un po’. Questo tempo serve perché la pasta si distenda e diventi più facile da stendere sottile, senza rompersi quando inizieremo a farcirli.

Mentre la pasta riposa, possiamo occuparci della farcia. La versione classica prevede carne di manzo con verdure, come verza, carota e porro. Per insaporire bastano un po’ di salsa di soia e, se piace, un accenno di zenzero. Il ripieno deve restare umido, ma non troppo liquido, per non compromettere la chiusura dei ravioli.

Una volta stesa la sfoglia molto sottile, si ricavano dei dischi di circa dieci centimetri. Al centro va sistemata una piccola porzione di ripieno, poi si chiude il raviolo a mezzaluna, sigillando i bordi con le dita e creando le pieghe tipiche della cucina orientale. I ravioli si dispongono nella vaporiera, sui fogli di carta o foglie di cavolo per evitare che si attacchino. Quando l’acqua bolle, bastano quindici minuti di cottura: la pasta diventa traslucida e morbida, e il ripieno resta succoso. Pronti da servire, magari con salsa di soia a parte o, per chi piace, anche la ponzu, che è invece una salsa tipica giapponese a base di soia, succo di agrumi (yuzu o limone), aceto di riso e mirin, ma spesso viene aggiunto anche il dashi.

Quanto devono cuocere i ravioli al vapore

Quando arriva il momento di cuocere i ravioli al vapore, bisogna fare attenzione al vapore. L’acqua sotto deve sobbollire in maniera costante, così il calore li avvolge e la sfoglia cuoce senza indurirsi. In genere bastano dodici, massimo quindici minuti dal momento in cui l’acqua comincia a bollire.

Mentre cuociono, la pasta cambia aspetto: diventa leggermente traslucida, ma resta compatta e tiene bene il ripieno. Se il vapore rallenta o si interrompe, capita che i bordi diventino secchi e il centro resti crudo. Per questo conviene controllare che l’acqua non diminuisca troppo e aggiungerne un po’, sempre calda, se necessario.

Per evitare che si attacchino, si può foderare la vaporiera con foglie di cavolo o carta da forno bucherellata. Non serve girarli: il vapore li avvolge in modo abbastanza uniforme. Un trucco per capire se sono pronti è osservare la pasta: diventa leggermente trasparente, ma deve mantenere la forma senza rompersi al tatto.

Se si usano sfoglie già pronte, i tempi restano simili, ma conviene controllare dopo i primi dieci minuti, perché alcune sono più sottili e cuociono più in fretta. In ogni caso, è meglio servire i ravioli appena tolti dalla vaporiera: altrimenti la pasta tende a indurirsi e il ripieno perde umidità. Così arrivano in tavola nel momento migliore, caldi e profumati.