Quante volte, leggendo la storia, per fortuna a lieto fine, della terribile malattia del figlio di Elena Santarelli, abbiamo pensato quanto si fosse dimostrata stata salda e coraggiosa. Quante volte abbiamo provato incredulità e ribrezzo nello scoprire i commenti cattivi, rancorosi, pieni d’odio di tante donne nei suoi confronti. E quante volte abbiamo pensato: “Se capitasse a me, saprei essere altrettanto forte?”.
Ho divorato il bellissimo libro che ha scritto Una mamma lo sa, un pugno nello stomaco che ognuna di noi dovrebbe leggere. Che racconta e insegna (senza voler istruire nessuno) tantissimo.
Conduttrice per una sera alle Iene, Elena è tornata sulla malattia di Giacomo. Ma lo ha fatto da un’altra prospettiva, raccontando come si possa e si debba tornare a vivere, durante e dopo la malattia di un figlio. Senza sentirsi in colpa, sporca, o madre sbagliata.
Lo ha fatto con un monologo di 2 minuti pieno di sentimento ed emozione, riuscendo a trattenere la sua, di emozione, tranne quando ha ringraziato le mamme amiche che non sono state fortunate come lei, ma che non l’hanno mai condannata e le hanno ricordato che non ci si deve mai vergognare per la proprio felicità.
Stasera non voglio parlarvi della malattia di mio figlio, ma di come si torna a vivere, durante e dopo la malattia. Io mi sono vergognata di farlo ho sentito parole che mi hanno fatta sentire sporca, del tipo: “Ma come fai a lasciare tuo figlio solo?”. Mi sono vergognata di tornare a lavorare, di uscire a cena con mio marito, persino di andare dal parrucchiere quando ho sentito un’altra donna sussurrare: “Che cazzo ci fa qui la Santarelli, io con un figlio malato starei a casa..”. E a casa ci tornavo, mi buttavo subito sotto la doccia, per pulirmi dallo sporco che mi avevano appiccicato addosso. “Fai schifo” mi dicevo “Cosa ti è venuto in mente?”. Grattavo via lo smalto appena messo sulle unghie, perché mi sentivo male ad essermi presa un pezzo di vita per me. Quegli sguardi, quelle parole, ti dicono che c’è solo un posto dove devi stare: al fianco di tuo figlio che si sta ancora curando. Quegli sguardi ti proibiscono di essere altro dalla malattia.
E c’è un’altra cosa che ti impedisce di tornare a vivere, ed è il senso di colpa per la fortuna che hai avuto. Perché tante amiche che ho conosciuto in ospedale, mamme come me, oggi non hanno più i loro figli. E quella fortuna sentivo di non meritarla più di loro, così ho cercato di nascondere la mia felicità. Ma quelle mamme mi hanno detto: “Non ti devi vergognare”, ed è solo grazie a loro, a Valeria, ad Elena e Valentina, che non mi hanno condannata ma mi sono state accanto, che ho potuto tornare a vivere tutte le mie emozioni, e finalmente mi sono liberata.
Oggi sono grata che i miei uomini, Giacomo e Bernardo, siano con me. E sono grata di aver imparato questa lezione, una delle poche che posso insegnare alle mie amiche donne: Non sentitevi sporche, non sentitevi in colpa. Mi sono sentita una madre sbagliata, ma non voglio farlo più. E non fatelo neanche voi, non abbiate paura di tornare a vivere.