Filippo Facci ha pubblicato un post su Facebook che è stato censurato dal social: accanto alla foto di Greta Beccaglia, la cronista sportiva di Toscana Tv molestata nel dopopartita Empoli-Fiorentina, sabato 27 novembre, ha scritto: “Uheila, come va? Sono Topo Gigio. E questa è una vittima di molestie sessuali”. Ovvero: non avendo lui naso e orecchie (non troppo, almeno) da topo, Greta è ben lungi da poter essere equiparata a una vittima di violenza. Secondo il giornalista, infatti, “una pacca sul sedere non può essere considerata un episodio di violenza“.
Dopo la censura, Facci ha rincarato la dose su Twitter scrivendo: “Facebook mi ha sospeso per una settimana per via del post sottostante. Io me ne fotto. Ma voi almeno – sapete di chi parlo – siete contenti?“
E ancora: "Sono sessista. Faccio prima a metterla così, senza spiegare, senza farmi ricattare da questa pandemia di demenza a cui non voglio prostituire la mia ventura senilità. Il caso della giornalista che ha fatto una tragedia per la pacca sul sedere (cioè: la stiamo facendo noi giornalisti, la tragedia) mi paralizza, va oltre la mia capacità di argomentare, non ce la faccio, e allora dico: sono sessista. Sento dire di violenza sessuale, processi, contrizioni, vedo dappertutto la foto della vittima in bikini: che lei, secondo me, dopo ‘sto casino, di pacche sul culo ne vorrebbe una a settimana. Lo dico perché sono sessista".
A intervistato dall'Ansa spiega: "Una pacca sul sedere non può essere considerato un episodio di violenza tale da intestarsi una battaglia contro la violenza per tutto il genere femminile. Su Repubblica ho trovato scritto in un articoletto in basso che un’assessora è stata picchiata dai no vax in treno. Questo episodio ha avuto uno spazio infinitesimale, molto meno dell’episodio della giornalista, ma quella è violenza. Quindi, come ho scritto su Twitter, mi sono autodichiarato sessista per chiuderla lì".
Ci sono tante forma di violenza, è vero, c’è quella verbale, quella fisica, quella psicologica. Così come ci sono tanti gradi delle stesse. Il confine che separa le une dalle altre, ma soprattutto il livello di intensità di ognuna, è sottile e soggettivamente interpretabile. Ma sempre di violenza si tratta. Se hai 37, 8 o 40 di temperatura, hai comunque la febbre. Stari più o meno male, ma sempre ti dovrai curare. Se di fronte ad un ceffone o ad un femminicidio proviamo orrore e rabbia, davanti a una palpata di culo o a un commento sessista la sensazione è comunque di fastidio e sgomento. Come di fronte a tutto quello che non va fatto, per universale sensibilità, educazione e buon gusto.
Perché chi ha visto il filmato della giornalista, come me, da una cosa in particolare sarà rimasto colpito: la facilità, la superficialità, con cui quel signore passando palpa il sedere a Greta, che sta trasmettendo in diretta, come fosse cosa lecita e inevitabile. "C’è una bella ragazza, è pure girata di spalle, che fai, non le tocchi il sedere?"
E l’indifferenza, o meglio, l’esaltazione del branco, quando subito dopo un altro passante si avvicina e a microfono aperto si lascia andare al turpiloquio.
Non si può, è pericoloso, mettere un termometro alla violenza. Sopra la palpata, l'insulto verbale lo è, sotto è goliardia. Perché torneremmo indietro di secoli, perché si sdoganerebbero tutta una serie di atteggiamenti fortunatamente superati. Perché scrivere "vedo dappertutto la foto della vittima in bikini", ERGO, "lei, secondo me, dopo ‘sto casino, di pacche sul culo ne vorrebbe una a settimana" è proprio l'espressione di quella victim blaming (colpevolizzazione della vittima) benzina tossica che alimenta ogni forma di violenza.