Cos’è l’identità di genere? Facciamo chiarezza una volta per tutte

Esploriamo insieme che cos'è l'identità di genere e la variabilità di questa dimensione, per capire gli aspetti che intervengono nella sua definizione

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Roberto Bernorio

Ginecologo, Psicoterapeuta e Sessuologo clinico

Medico specializzato in Ostetricia e Ginecologia, Psicoterapeuta e Sessuologo clinico, si dedica in particolare ai disturbi del dolore sessuale femminile e ai problemi di coppia.

Pubblicato: 9 Giugno 2021 15:01

Cos’è l’identità di genere?

L’identità di genere consiste nella percezione che ogni persona ha della propria mascolinità o femminilità e risponde alla domanda “chi mi sento di essere rispetto al sesso biologico assegnato al mio corpo?”. Uno dei primi ad aver introdotto questo concetto è stato lo psicologo neozelandese John Money, il quale verso la metà del XX secolo aveva sviluppato questo costrutto per distinguere il ruolo di genere dall’identità.

Mentre il sesso biologico si riferisce alle caratteristiche fisiche sulla base delle quali si viene assegnati alla nascita ad uno dei due sessi, maschio o femmina, l’identità di genere indica la percezione che ciascuno ha di appartenere ad una di queste due categorie.

Sesso e identità di genere spesso vengono considerati strettamente legati ma alcune persone si trovano in una situazione di discontinuità rispetto a queste due dimensioni, e si identificano in un genere diverso rispetto a quello assegnato alla nascita: non sempre chi nasce con organi genitali femminili si sentirà donna, allo stesso modo chi nasce con organi genitali maschili non sempre si sentirà uomo.

L’identità di genere costituisce un senso profondo e soggettivo di appartenere ad un sesso e di non appartenere all’altro ed è il risultato dell’interazione tra aspetti biologici, attitudini genitoriali, educazione ricevuta e contesto socioculturale. Si tratta di un processo di costruzione che inizia dalla nascita e dura fino all’adolescenza: già a 3 anni i bambini possono avere un’espressione di genere non conforme agli standard sociali della mascolinità e della femminilità.

Un glossario: tutte le identità di genere

Nella maggior parte dei casi l’identità di genere si sviluppa in accordo con il genere assegnato alla nascita, in altri casi invece può differire dal sesso biologico. Anche se spesso legata alla distinzione uomo/donna, l’identità di genere in realtà non si limita a questa dicotomia, si tratta infatti di una dimensione continua che prevede una molteplicità di identificazioni possibili tra queste due polarità, vediamone alcuni esempi:

  • Cisgender: indica una persona che si identifica con il proprio sesso biologico;
  • Transgender: indica una persona che non si riconosce nelle aspettative legate al genere assegnato alla nascita, in particolare la persona transgender può sentire di appartenere al genere opposto rispetto a quello assegnato e transitare da un genere all’altro nella dicotomia uomo/donna;
  • Transessuale: indica una persona transgender che si sottopone ad interventi chirurgici o trattamenti ormonali per adeguare il proprio corpo al genere in cui si identifica;
  • Gender Queer o Non-Binary: indica una persona che non si riconosce in un’identità di genere binaria (uomo/donna);
  • Bigender: indica una persona che sente di appartenere ad entrambi i generi;
  • Gender Fluid: indica una persona la cui identità di genere varia nel corso del tempo;
  • Agender: indica una persona che non si identifica in un genere.

Disforia di genere

Per molto tempo si è parlato di “disturbo dell’identità di genere” inteso come un disturbo mentale per indicare coloro che si identificano in un genere diverso da quello che gli è stato assegnato alla nascita.

Nell’ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association uscita nel 2013 (DSM-5) questo termine è stato sostituito con quello di “disforia di genere”, andando verso una visione de-patologizzante. Questa espressione non si focalizza come la precedente sull’identità in sé ma si concentra sul disagio che sperimentano coloro che non si riconoscono nelle aspettative di genere legate al loro sesso biologico.

Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha smesso di considerarlo come un disturbo mentale e nell’ultima versione del manuale International Classification of Diseases (ICD-11) “l’incongruenza di genere” è stata spostata dal capitolo sui disturbi mentali a quello sulla salute sessuale.

Imparare la diversità e l’inclusione

Gli aspetti che entrano in gioco in questo processo sono molteplici: lo sviluppo dell’identità di genere è influenzato dall’interazione tra fattori di natura biologica, psicologica e socioculturale. La società solitamente tende a basarsi sulle caratteristiche biologiche per definire l’identità, siamo abituati a pensare che un bambino svilupperà un’identità di genere maschile e una bambina un’identità di genere femminile, ma queste sono solo alcune delle varie possibilità. L’identità di genere non si limita al binarismo uomo/donna ma è uno spettro continuo di generi tra queste due polarità.

Le aspettative della nostra società non sempre rispecchiano realmente la percezione che molte persone hanno di sé e a causa dello stigma legato a questa diversità può risultare difficile giungere ad una reale accettazione, motivo per cui sarebbe importante creare un contesto rispettoso delle identità in grado di considerare queste differenze come parte della variabilità umana.

Tra le questioni relative all’identità di genere, un modo per rispettare le persone è ad esempio quello di riferirsi a loro con il pronome che utilizzano per parlare di sé, a prescindere dal fatto che la persona aderisca alle caratteristiche generalmente associate al genere femminile o a quello maschile.