West Nile, nuova vittima in Veneto. Morto un uomo che non era stato all’estero

Arrivano a oltre 580 i casi di infezione in Italia, trasmessa dalla zanzara comune. Per gli esperti, la miglior cura è la prevenzione

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Eleonora Lorusso

Giornalista, esperta di salute e benessere

Milanese di nascita, ligure di adozione, ha vissuto negli USA. Scrive di salute, benessere e scienza. Nel tempo libero ama correre, nuotare, leggere e viaggiare

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La West Nile preoccupa, soprattutto dopo la seconda vittima registrata in Veneto. Si tratta di un uomo di 73 anni, morto in seguito a complicanze legate alla cosiddetta “febbre del Nilo”. Aveva 73 ed era residente a Lonigo, in provincia di Vicenza. È la seconda persona in Veneto a perdere la vita a causa dell’infezione trasmessa dalle zanzare, ma solo nel mese di ottobre si contano ufficialmente 582 casi confermati, con 39 decessi da inizio anno.

Nuova vittima di West Nile in Veneto

Nel caso del 73enne si tratta di un’infezione di tipo autoctono, ossia non legato a persona che si sono recate all’estero, in Paesi considerati “a rischio”. Il paziente, quindi, non aveva effettuato viaggi fuori dall’Italia prima di manifestare sintomi, segno che il contagio era avvenuto nel luogo di residenza. L’infezione era stata contratta un paio di mesi fa: le cure in ospedale, presso la struttura Cazzavillan di Arzignano dove l’uomo si trovava ricoverato in terapia intensiva, non sono bastate a salvarlo. Fatali sono state anche patologie di cui la vittima soffriva già da tempo e che avrebbero compromesso il sistema immunitario, rendendolo più vulnerabile nei confronti dell’infezione da virus West Nile.

Cos’è la West Nile

Nel caso dell’uomo, si sarebbe verificata una forma di “malattia neuroinvasiva”, cioè la forma più grave dell’infezione, i cui sintomi principali sono febbre alta, debolezza muscolare e complicanze neurologiche. Come spiega l’Istituto di Sanità sul portale Epicentro, “La febbre West Nile (West Nile Fever) è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus, Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome). Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America”.

Come e chi trasmette la “febbre del Nilo”

Come spiegano ancora gli esperti di Epicentro, “I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri”. Il veicolo di trasmissione, dunque, è la zanzara comune.

La diffusione della West Nile in Italia

Al momento l’anziano di Vicenza è la seconda vittima in Veneto. La prima era stata una donna di 81 anni, residente a Castelmassa, in provincia di Rovigo. Infettata dal virus in agosto, anche lei soffriva di patologia pregresse. Tra le altre zone dove si registrano focolai in Italia ci sono Lazio, Campania, Piemonte e Lombardia. Intanto sono state rafforzate le misure di prevenzione e sorveglianza in diverse province, soprattutto attraverso operazioni di disinfestazione delle aree dove si trova la maggior concentrazione di zanzare.

La prevenzione

La prevenzione, infatti, rimane la principale arma contro la diffusione della febbre del Nilo. “Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare”, spiega l’ISS, che aggiunge: “è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

  • usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto
  • usando delle zanzariere alle finestre
  • svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante
  • cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali
  • tenendo le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate.

Quali cure contro l’infezione

“Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita”, spiega Epicentro. A volte, infatti, non sono neppure evidenti sintomi gravi: “La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave”, si legge sul portale dell’Istituto Superiore di Sanità.

La differenza con la “febbre spaccaossa”

La febbre West Nile è comunque differente rispetto alla cosiddetta “spaccaossa”, causata dalla zanzara di genere Aedes. È il nome con cui ci si riferisce alla Dengue o alla Chikungunya, due malattie virali trasmesse appunto da un’altra zanzara. Sono entrambe caratterizzate da forti dolori muscolari e articolari, che si uniscono a febbre alta, mal di testa, dolori, eruzioni cutanee, nausea e vomito. Trattandosi di sintomi severi, se riscontrati, viene consigliato di rivolgersi subito al proprio medico o al Pronto Soccorso.