Il termine “spasticità” deriva dal greco “spasmos”, che significa “crampo”, e descrive un incremento anormale del tono muscolare, ovvero una condizione caratterizzata da una rigidità eccessiva dei muscoli. Questo segno clinico può essere conseguenza di lesioni a carico del sistema nervoso centrale, sia a livello dell’encefalo che del midollo spinale. Le cause di tali lesioni sono variegate, ma colpiscono in particolare i neuroni motori primari, ovvero quelle cellule nervose responsabili della trasmissione degli impulsi dalla corteccia cerebrale, area preposta alla gestione del movimento, fino ai muscoli, per innescare la loro contrazione.
La Società Italiana di Neurochirurgia (SINCH) riporta che la spasticità affligge circa 12 milioni di individui a livello globale. Un dato significativo riguarda il fatto che l’80% dei pazienti con forme di paresi (debolezza muscolare) o plegia (paralisi) manifesta spasticità, sebbene l’intensità di tale condizione possa notevolmente variare. Analogamente, l’80% delle persone che soffrono di sclerosi multipla, una malattia neurodegenerativa cronica, sperimenta spasticità. È importante sottolineare che ci sono molteplici fattori eziologici alla base della spasticità, rendendola una manifestazione comune a diverse condizioni patologiche.
Indice
Spasticità, che cos’è
La spasticità è una condizione potenzialmente invalidante in cui vi è un aumento del tono muscolare a riposo, e resistenza alla mobilizzazione passiva. I muscoli, dunque, non risultano mai completamente rilassati, possono risultare rigidi oppure tesi, fino a compromettere i normali movimenti, la parola e la deambulazione. La spasticità è dovuta alla combinazione tra paralisi, ipertono e aumentata attività degli archi riflessi spinali, per disinibizione dalle afferenze inibitorie centrali.
Così la definì Lance nel 1980: “La spasticità è un disordine motorio caratterizzato da un aumento velocità-dipendente del riflesso da stiramento tonico (tono muscolare) con esagerati scatti tendinei, che risultano dall’ipereccitabilità del riflesso da stiramento, come una delle componenti della sindrome del motoneurone superiore”. Mentre, nel 2003, viene definita come “un incremento velocità-dipendente dell’ipertono, con uno scatto quando viene superata una certa soglia”.
La resistenza al movimento passivo che si verifica nella spasticità, infatti, è dipendente dalla velocità con cui questa mobilizzazione viene effettuata: muovendo un arto spastico a bassa velocità, la resistenza sarà bassa, mentre muovendolo più velocemente la resistenza aumenterà. È tipico inoltre il “fenomeno del coltello a serramanico”: ovvero, dopo una resistenza iniziale al movimento, si verifica un improvviso rilasciamento muscolare, che permette dunque l’allungamento passivo.
Spesso, si accompagnano alla spasticità altri segni di lesione dei motoneuroni di I ordine, ovvero paralisi che coinvolga soprattutto movimenti volontari, aumento dei riflessi osteotendinei e, in alcuni casi, clono.
Le cause della spasticità
Spesso, dietro la spasticità, ci sono patologie severe:
- paralisi cerebrale
- sclerosi multipla
- ictus cerebrale
- lesioni del midollo spinale
La paralisi cerebrale è una condizione presente dalla nascita, dovuta ad una sofferenza di natura ipossico-ischemica a carico di diverse aree cerebrali, in particolare delle aree deputate al controllo del tono muscolare e dei movimenti. Spesso vi sono deformità osteo-articolari associate, non congenite ma secondarie a retrazioni tendinee e contratture muscolari dovute alla paralisi ed alla spasticità .
Le altre condizioni sono invece acquisite. L’ictus, ischemico o emorragico, si verifica di solito in pazienti in età medio-avanzata, con fattori di rischio cardiovascolari quali ipertensione, diabete, aritmie, e coinvolge diverse aree cerebrali in un pattern definito, che ricalca i territori vascolari. L’ictus cerebrale interessa generalmente un solo emisfero, per cui il deficit motorio coinvolgerà un solo lato del corpo. Può associarsi poi ad altri disturbi monolaterali, quali disturbi del campo visivo, o deficit sensitivi, oppure, se coinvolge l’emisfero dominante, a disturbo della parola (afasia). Molto spesso, la spasticità sta ad indicare invece la presenza di sclerosi multipla.
La sclerosi multipla è più frequente nelle donne, solitamente esordisce in età più giovane rispetto all’ictus, e può associarsi ad altri disturbi quali incontinenza sfinterica, disturbi visivi in un singolo occhio, parestesie, affaticabilità.
Infine, anche patologie del midollo spinale, che interessano gli assoni dei neuroni motori nel loro decorso discendente, possono dare paresi e spasticità: in questo caso i disturbi sono localizzati al di sotto del livello della lesione, possono essere bilaterali e si accompagnano quasi sempre ad altri deficit quali paralisi flaccida al livello della lesione, disturbi della sensibilità e disturbi sfinterici.
Altre cause possono essere:
- meningite
- encefalite
- lesioni cerebrali post-traumatiche
- anossia cerebrale
- sclerosi laterale amiotrofica
- leucodistrofie ( ad esempio adrenoleucodistrofia, una grave malattia genetica degenerativa che colpisce il sistema nervoso e alcune ghiandole endocrine)
- paraparesi spastica ereditaria
- fenilchetonuria (malattia del metabolismo degli aminoacidi che causa un ritardo mentale)
Spasticità: con quali sintomi si manifesta?
La spasticità è essa stessa un sintomo: il paziente può avvertire una lieve tensione muscolare oppure essere vittima di spasmi incontrollati di gambe e braccia. Spesso lo spasmo si accompagna a dolore alle articolazioni, fino a provocare lombalgia. Altri sintomi tipici sono:
- la debolezza muscolare
- la rigidità muscolare (i movimenti diventano imprecisi e difficoltosi)
- deformità ai muscoli e agli arti
La spasticità si associa spesso a debolezza muscolare, che può configurare una paresi (difficoltà nell’eseguire determinati movimenti) oppure plegia completa (impossibilità totale a muovere l’arto affetto). Si parla in questo caso di:
- monoparesi, se il deficit motorio interessa un solo arto
- paraparesi, se il deficit motorio interessa entrambe le gambe
- emiparesi, se il deficit motorio riguarda un solo lato del corpo
- tetraparesi, se il deficit motorio interessa tutti e quattro gli arti e, talvolta, anche i muscoli del tronco e del collo
Le complicazioni legate alla spasticità possono essere variegate. In uno stato avanzato, la spasticità può interferire con le funzioni quotidiane e causare dolore. Può inoltre rendere più difficile l’esecuzione di compiti legati all’igiene personale e alle cure di base. Questo può aumentare il rischio di sviluppare lesioni da pressione (piaghe da decubito), che possono portare a infezioni.
Se non trattata, la spasticità può anche condurre a:
- Contratture (articolazioni congelate o immobilizzate).
- Fratture ossee.
- Lussazioni parziali o complete delle articolazioni.
- Infezioni del tratto urinario (UTI).
- Costipazione cronica.
Come avviene la diagnosi di spasticità?
Lo specialista neurologo, per elaborare la sua diagnosi di spasticità, andrà a valutare la forza nell’eseguire determinati movimenti e la resistenza del muscolo all’allungamento passivo. Inoltre, osserverà la presenza di segni e sintomi associati, ad esempio la comparsa di riflessi patologici e primitivi. Il più tipico è il segno di Babinski, una risposta anomala al riflesso cutaneo plantare.
Per completare la diagnosi, viene oggi impiegata la scala di Ashworth, che assegna un punteggio compreso tra 0 e 4 alle alterazioni del tono muscolare:
- 0: durante la mobilizzazione non avviene alcuna modifica del tono muscolare;
- 1: aumento moderato del tono, con sensazione “di gradino” quando l’arto viene flesso e allungato;
- 2: aumento evidente del tono, ma con mobilizzazione ancora possibile;
- 3: importante aumento del tono, con movimento passivo difficile;
- 4: contrattura fissa in flessione o in estensione.
È fondamentale che la spasticità venga individuata e diagnosticata tempestivamente, affinché lo specialista possa andare a fondo del sintomo scoprendone le cause: solo con una corretta diagnosi è possibile studiare il giusto trattamento che possa migliorare il più possibile la qualità di vita del paziente.
Spasticità: i trattamenti
Trattare la spasticità è fondamentale per migliorare la qualità di vita della persona. L’approccio tipico prevede l’impiego di diverse tecniche terapeutiche, con l’associazione di farmaci e trattamenti fisioterapici: scopo dei primi è la riduzione del dolore e dell’ipertono, scopo dei secondi è il rinforzo dei muscoli sani e la mobilizzazione di quelli affetti da spasticità.
I farmaci utilizzati per il trattamento della spasticità sono:
- il diazepam, una benzodiazepina utilizzata per rilassare i muscoli spastici. Può tuttavia dare sensazione di sonnolenza e ridurre la lucidità, anche se di solito questi effetti tendono a svanire nel tempo;
- il baclofen, un miorilassante che agisce come agonista dei recettori GABA-B. Può essere somministrato sia per via orale che per via intratecale, impiantando chirurgicamente una pompa d’infusione sottocutanea e un catetere che rilascia il farmaco ad intervalli predefiniti. È possibile avvertire vertigini, disturbi psicologici, debolezza e un senso di sedazione;
- la tizanidina, farmaco miorilassante agonista dei recettori alfa2adrenergici presinaptici. Tra gli effetti collaterali vi sono vertigini, senso di sedazione, debolezza muscolare, ipotensione e bradicardia.
Altri trattamenti della spasticità sono:
- le iniezioni di tossina botulinica nei muscoli affetti, che bloccano la trasmissione a livello della giunzione neuromuscolare riducendo così l’azione eccitatoria del motoneurone di II ordine sul muscolo;
- la terapia fisica e occupazionale, studiata per ridurre il tono muscolare, mantenere o migliorare la gamma di movimento, e per aumentare la forza e la coordinazione. Può consistere in: stretching, rafforzamento muscolare, utilizzo di bretelle o gessi temporanei, impacchi freddi, stimolazione elettrica, fisiokinesiterapia passiva;
- la rizotomia dorsale selettiva, un intervento chirurgico che consiste nel taglio selettivo delle radici nervose sensitive (fibre nervose che inviano messaggi sensoriali dai muscoli al midollo spinale): la rigidità muscolare diminuisce, mentre le altre funzioni restano intatte. L’intervento non può però essere effettuato in pazienti affetti da paralisi cerebrale mista con rigidità o distonia predominanti, da meningite, idrocefalo congenito o infezione cerebrale congenita, pazienti con grave scoliosi e per i quali non si prevede un recupero funzionale successivo all’intervento chirurgico. Attualmente è poco utilizzata.
Fonti bibliografiche:
- Società Italiana di Neurochirurgia, Spasticità
- Penn Medicine, Spasticity
- American Association of Neurological Surgeons, Spasticity