Il numero di persone colpite da influenza negli ultimi 7 giorni sta aumentando: la curva ha visto un’impennata, con una salita dovuta ai 435mila casi registrati dall’osservatorio RespiVirNet. Secondo il report si tratta di una crescita, seppure ancora contenuta, rispetto alla settimana precedente. Si moltiplicano, quindi, i consigli degli esperti per contenere l’epidemia, che dovrebbe raggiungere il picco a fine anno. Ma a preoccupare è anche la notizia del primo caso di influenza aviaria da ceppo H5N5, che ha interessato una persona.
Influenza, casi in aumento
Con l’arrivo delle prime piogge consistenti, accompagnate da un calo delle temperature subito dopo la cosiddetta “estate di San Martino”, è cresciuto anche il numero di persone alle prese con l’influenza. Secondo i dati di RespiVirNet, il portale della Sorveglianza Integrata dei virus respiratori dell’Istituto Superiore di Sanità, nell’ultima settimana rilevata (dal 3 al 9 novembre) l’incidenza di casi stimati di infezioni respiratorie acute in Italia risulta pari a 7,64 casi per 1.000 assistiti (vs 7,24 dell’ultimo bollettino), con circa 435mila nuovi casi, per un totale di circa 1.737.057 casi a partire dall’inizio della stagione. Il report, quindi, ha fornito una fotografia aggiornata grazie alla possibilità di divulgare i numeri in forma interattiva.
Chi è più colpito
Confermando una tendenza consolidata, l’incidenza maggiore è stata rilevata tra i bambini, in particolare nella fascia di età 0-4 anni, con circa 23 casi per 1.000 assistiti. L’età pediatrica, però, è considerata un “vettore” per la trasmissione dei virus influenzali anche ad altre categorie di persone, come genitori e nonni dei bambini. Secondo gli esperti, tuttavia, l’intensità di circolazione è considerata tecnicamente bassa o al livello basale per tutte le regioni, quindi in linea con l’andamento delle scorse stagioni autunnali e invernali.
Quando è previsto il picco di influenza
Secondo i virologi, invece, il picco di circolazione del virus influenzale predominante e dunque anche dei casi di contagio si prevede che avvenga tra fine anno e inizio 2026, in particolare con la riapertura delle scuole. Come spiegato da Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene Generale e Applicata presso l’Università di Milano e Direttore scientifico di Osservatorio Virusrespiratori.it. “è difficile per ora prevedere il picco, le condizioni meteo incidono, in particolare l’abbassamento repentino della temperatura e l’aumento dell’umidità. I rapporti sociali intensi durante le festività di fine anno e poi la ripresa delle scuole possono essere le condizioni per il raggiungimento del picco della stagione”.
Come sono cambiate le rilevazioni
In realtà un vero confronto è reso difficile dal fatto che è stata cambiata la metodologia con la quale sono registrati i casi: il sistema di sorveglianza, infatti, è stato modificato nelle definizioni. Non sono più osservate le sindromi simil-influenzali (ILI), ma le infezioni respiratorie acute (ARI). Quanto ai casi Covid, invece, risultano più bassi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, così come i dati sui ricoveri ospedalieri, che interessano prevalentemente la fascia di età over65. A preoccupare, invece, è quanto si sta verificando negli Stati Uniti, soprattutto sul fronte dell’influenza aviaria.
L’influenza aviaria preoccupa gli USA
Oltreoceano, infatti, è stato segnalato il primo caso umano di influenza aviaria da ceppo H5N5. Si tratta di un residente dello stato di Washington, risultato positivo alla malattia che in genere colpisce i volatili o il pollame. Come confermato dalle autorità statunitensi, è la prima volta che il virus colpisce una persona a partire dallo scorso febbraio scorso. Il caso, infatti, arriva dopo nove mesi trascorsi senza che avvenissero infezioni umane negli Stati Uniti. In precedenza, invece, si erano verificati 70 casi di contagi, nel periodo tra il 2024 e l’inizio del 2025. Le vittime erano per lo più lavoratori di allevamenti di bovini da latte e pollame. Ad oggi, comunque, ufficialmente è avvenuto un solo decesso, in Louisiana, attribuito all’infezione.
Cosa cambia rispetto al passato
Il virus circola in modo evidente negli Stati Uniti già da tre anni, ma con il ceppo predominante H5N1, che è responsabile di epidemie – anche su vasta scala – di uccelli selvatici, allevamenti avicoli e, più di recente, in bovini da latte. Questo ha portato a una serie di conseguenze anche gravi: per prima cosa, negli ultimi mesi si sono registrato casi di aviaria in quasi 70 allevamenti di pollame, con oltre 1,7 milioni di volatili coinvolti. In secondo luogo e proprio a causa dei rischi, sono stati abbattiti diversi animali, come polli. Negli USA, quindi, si è verificato un aumento anche molto elevato del costo delle uova, che ha costretto il governo federale a intervenire: da un lato sono stati predisposti finanziamenti per calmierare i costi per gli utenti finali, quindi i consumatori e cittadini americani; dall’altro sono state decise importazioni di uova anche da Paesi limitrofi, come il Messico. Il pericolo, però, resta la possibilità di spillover, cioè di passaggio del virus all’uomo. Ad oggi è noto che questo può diffondersi attraverso saliva, muco, feci e latte dei bovini infetti. Non esiste ancora, però, alcuna evidenza di trasmissione da persona a persona negli Stati Uniti.