A ognuno il suo. Senza fare confusione. Perché cefalea, mal di testa o emicrania non sono sinonimi, anche se spesso li usiamo come tali. Occorre riconoscere bene la propria cefalea, per scegliere poi le soluzioni terapeutiche ottimali caso per caso con il medico (a meno che ovviamente non si tratti di un problema davvero occasionale).
A ribadire l’importanza della sfida giusta alle tante forme di cefalea che esistono sono gli esperti in occasione della Giornata Nazionale del Mal Di Testa prevista per sabato 27 maggio. L’iniziativa è promossa dalla SIN (Società Italiana di Neurologia) e dalla SISC (Società Italiana per lo Studio delle Cefalee), per sensibilizzare la popolazione su questa patologia che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce 1 persona su 2 con episodi che si verificano almeno una volta l’anno. Si tratta di una patologia che riguarda anche i più giovani: basti pensare che oltre il 40% dei ragazzi è colpito da cefalea mentre 10 bambini su 100 soffrono di emicrania, una forma comune di cefalea primaria.
Le cefalee non sono tutte uguali
Quando si parla di cefalee occorre riconoscere due grandi categorie. Le cefalee primarie che sono disturbi a sé stanti non legati ad altre patologie e sono le più frequenti. Al contrario le cefalee secondarie dipendono da altre patologie, come, ad esempio, la cefalea da trauma cranico e/o cervicale, quella da disturbi vascolari cerebrali (come (ictus. malformazioni artero-venose, ecc.) o la cefalea da patologie intracraniche non vascolari (tumori cerebrali, alterazioni della pressione liquorale, ecc.). A loro volta, le cefalee primarie comprendono l’emicrania, la cefalea di tipo tensivo, la cefalea a grappolo che si differenziano per la tipologia del dolore, l’intensità, la sua collocazione nella testa, la durata, la frequenza e gli altri sintomi di accompagnamento).
L’emicrania si caratterizza per un dolore pulsante con intensità moderata-severa che, spesso, si localizza nella metà della testa e del volto. Il paziente non riesce a svolgere nessuna delle attività quotidiane perché ogni azione aggrava il dolore e, a volte (emicrania con aura), gli attacchi vengono preceduti, o più raramente accompagnati e seguiti da disturbi neurologici soprattutto visivi. La crisi si manifesta solitamente insieme ad altri disturbi come vomito e intolleranza alla luce, ai rumori e agli odori forti e può durare da alcune ore a 2-3 giorni. Due terzi circa dei pazienti emicranici sono donne.
La cefalea di tipo tensivo, invece, presenta una intensità lieve-moderata, di tipo gravativo o costrittivo (classico cerchio alla testa) della durata di alcuni minuti o ore o anche alcuni giorni, talvolta aggravata dalle attività fisiche usuali e non associata, in genere, a nausea o vomito. È la forma più frequente di cefalea con una prevalenza di circa l’80%. Può esserci familiarità nello sviluppo di questa cefalea così come fattori ambientali tra cui lo stress, l’affaticamento, errate posture o riduzione delle ore di sonno.
Infine, la cefalea a grappolo provoca attacchi dolorosi più brevi (1-3 ore) molto intensi e lancinanti che si susseguono 1 o più volte al giorno per un periodo di tempo in media di 2 settimane (grappolo), alternati a periodi senza dolore. L’area interessata è quella perioculare e, al contrario delle altre due forme, la cefalea a grappolo colpisce prevalentemente gli uomini. In genere gli episodi si ripetono ciclicamente con una cadenza stagionale o di 1-2 periodi all’anno.
I trattamenti mirati per l’emicrania: a che punto siamo oggi
“In Italia il 12% della popolazione adulta soffre di emicrania, una forma di cefalea che si caratterizza per un dolore pulsante con intensità moderata-severa che, spesso, si localizza nella metà della testa e del volto – spiega Alfredo Berardelli, Presidente della SIN. È una realtà che riguarda 6 milioni di persone nel nostro Paese che si trovano a convivere con una patologia talmente debilitante che è stata indicata dall’OMS come causa di maggiore disabilità nella fascia di età tra 20 e 50 anni, ossia nel momento della vita in cui siamo più produttivi”.
Fortunatamente, grazie alla scoperta del meccanismo che genera il dolore emicranico, sono ormai entrate nella pratica clinica nuove terapie a base di anticorpi monoclonali che stanno facendo registrare un importante cambio di passo nella prevenzione dell’emicrania poiché queste terapie riducono il numero di attacchi nella forma episodica risultando efficaci anche nell’emicrania cronica e in quella farmacoresistente. A fronte di tutti questi benefici, inoltre, il numero di effetti collaterali è molto scarso. L’importante, in ogni caso, è far fronte correttamente a questa patologia che non lascia davvero vivere, con accessi di mal di testa che rendono pressoché impossibile la vita con gli altri.
In particolare, sul fronte sociale, la più recente novità riguarda i pazienti con emicrania cronica che è stata riconosciuta come “malattia sociale” dalla legge 18/2020. “I decreti attuativi della legge 18/2020 emanati dal Ministero della Salute – commenta Franco Granella, Presidente della SISC – prevedono finanziamenti pari 10 milioni di euro, per il 2023 e il 2024, con l’obiettivo di realizzare progetti regionali per la sperimentazione di metodi innovativi di presa in carico dei pazienti. Entro la fine dell’anno le varie strutture sanitarie dovranno presentare alla rispettiva Regione le loro proposte progettuali per ottenere i finanziamenti e la SISC sta cercando di aiutarle mettendo a punto procedure e format che possano favorire gli operatori nella realizzazione delle loro proposte”