“Gut-Brain Axis”. Segnatevi questo termine inglese. Indica una via di comunicazione bidirezionale che mette in costante rapporto l’intestino con il sistema nervoso centrale. Ed è una delle “autostrade” biologiche più importanti per il benessere psico-fisico. Lungo questi percorsi invisibili si sviluppano tanti passaggi che si legano al nostro benessere. Non solo fisico, ma anche psicologico. E la scienza trova sempre maggiori informazioni sul microbiota, ovvero quell’insieme di microrganismi che proprio nel tubo digerente rappresentano i “motori” del benessere, quando ovviamente l’equilibrio tra i diversi ceppi è conservato.
Indice
Microbiota e comportamento, quale rapporto?
La ricerca lo insegna. Esiste un asse microbiota – intestino – cervello che, partendo dall’infanzia, influenza lo sviluppo e diverse funzioni dell’organismo per tutta la vita. E si aggiungono sempre nuovi tasselli a queste osservazioni. Basti pensare, parlando di disturbi del comportamento in età pediatrica, all’indagine condotta sulle più recenti ricerche sul tema da parte di un gruppo di ricercatori appartenenti alla SIGENP – Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica.
Sono stati considerati gli studi condotti in tutto il mondo sulla relazione tra i disturbi del comportamento dei bambini e il loro microbiota intestinale. Il lavoro ha considerato 631 pubblicazioni e 22 studi scientifici originali, dimostrando un’associazione frequente tra microbiota intestinale e disordini del neurosviluppo in età pediatrica.
Nei disturbi da deficit di attenzione, iperattività, stati d’ansia sono state riportate disbiosi, cioè stati di squilibrio del microbiota intestinale, con una riduzione di alcuni ceppi di microorganismi, in particolare Faecalibacterium e Prevotella e un aumento di Bacteroides.
“Fino a pochi anni fa le scienze biomediche consideravano il microbiota un insieme di microrganismi con solo funzioni difensive intestinali senza attribuire loro altri effetti specifici – spiega Silvia Salvatore, Professore Associato di Pediatria dell’Università dell’Insubria di Varese. Ora, grazie allo sviluppo della tecnologia, sappiamo che questo complesso sistema svolge un ruolo imprescindibile per molti aspetti e sono stati chiamati in causa anche per alcuni disturbi dell’umore e del comportamento”.
Come fa il microbiota ad agire sulla psiche?
“Sappiamo ora che alcune sostanze, come molecole infiammatorie e neurotrasmettitori, come la serotonina e la dopamina, per esempio, possono essere sintetizzate e modulate da microorganismi che fanno parte del microbiota intestinale – fa sapere l’esperta – e che c’è una comunicazione continua e bidirezionale tra il cervello e l’intestino, che infatti, per la ricchezza di cellule e fibre nervose, viene chiamato anche secondo cervello”.
Dalla revisione sistematica dei dati riportati da studi internazionali su pazienti in età pediatrica è emerso che alterazioni del microbiota intestinale sono spesso presenti nei bambini con disturbi del neurosviluppo e dell’umore: tuttavia, per la prima volta, viene sottolineato che, ad oggi, i risultati sono molto eterogenei e non ancora conclusivi per quanto riguarda i metodi di valutazione del microbiota intestinale, il gruppo di bambini considerati e gli interventi effettuati, sia di tipo nutrizionale sia di utilizzo di probiotici. “Questa osservazione – aggiunge Claudio Romano, presidente di SIGENP – serve per chiarire che l’alterazione del microbiota può avere un ruolo nell’obesità, nelle malattie infiammatorie croniche, nella celiachia ma anche nelle forme di ansia, depressione fino a una possibile coinvolgimento nei disturbi del neurosviluppo”.
L’alimentazione conta per un microbiota sano
Il microbiota può influenzare i comportamenti sociali attraverso la produzione di sostanze, molecole e specifici circuiti neuronali che mediano la gestione psicofisica dello stress e quindi i comportamenti umani. Mantenerne l’equilibrio quindi può essere importante anche per la psiche e per la vita di relazione. I bambini con disturbi dello spettro autistico spesso hanno problemi di alimentazione e presentano diete molto selettive che determinano l’alterazione del loro ecosistema intestinale.
Come fare per mantenerlo in salute? “I primi nemici del microbiota sono gli antibiotici: vanno assunti con cautela, solo quando prescritti e secondo le indicazioni del medico curante – conclude la Salvatore. Quotidianamente influenziamo in nostro microbiota attraverso la dieta. Limitare cibi industriali, prodotti confezionati, carboidrati raffinati, zuccheri semplici e seguire una dieta salutare, come quella mediterranea, sono fondamentali per il benessere psicofisico, già dalle prime epoche di vita”.
Attenzione in gravidanza
La mamma “comincia” la dolce attesa fin dal momento del concepimento. Già da allora, in qualche modo, il microbiota del piccolo che nascerà potrà avere vantaggi dalle abitudini materne. Quindi un microbiota sano, equilibrato, composto da una giusta quantità di microorganismi ‘buoni’ diventa già importante per modulare il comportamento futuro del bimbo.
In questo senso si leggono i risultati di uno studio di qualche tempo fa che dimostra come la composizione del microbiota della madre influenzerebbe lo sviluppo del cervello del feto, influenzando per precisione la crescita degli assoni. La ricerca, condotta su modelli animali, è apparsa su Nature.
L’esperimento prevedeva tre tipologie di microbiota nelle topine in gravidanza: la composizione batterica “classica” (con la varietà e la quantità di microbi più diffusa), la totale assenza di batteri, la presenza di alcuni tipi di batteri e non di altri in seguito a una terapia antibiotica.
Pensate: se l’intestino materno fosse un “deserto” di batteri il feto si troverebbe a mostrare una ridotta connessione cerebrale, con assoni in numero minore e più corti. Questa condizione compromette la capacità di elaborare informazioni sensoriali e può avere conseguenze a lungo termine. Una volta cresciuti, gli animali nati da madri prive della flora batterica erano infatti meno sensibili al tatto rispetto a quelli nati da animali con il microbiota intatto.
Non solo: quando alle madri che erano state private del microbiota venivano somministrati batteri, il feto riprendeva uno sviluppo normale e la prole non mostrava deficit nelle connessioni cerebrali. Perché i batteri intestinali della madre incidono sullo sviluppo del feto? I ricercatori hanno osservato che alcune molecole prodotte dai batteri, ovvero i loro metaboliti, venivano trovate sia nel sangue che nel cervello del feto. Il che dimostra che madre e figlio condividono almeno in parte il microbiota.
Il nostro microbiota, un pianeta da conoscere
Tecnicamente, il microbiota è davvero una megalopoli con tantissimi abitanti, cellule eucariote, procariote e archibatteri o archaea. Il censimento delle cellule microbiche che albergano nel corpo umano è superiore a dieci volte rispetto a quello delle cellule eucariote. La maggior parte di queste cellule procariote si trova nell’intestino umano, e anche sotto il profilo genetico i genomi di questi batteri contiene un numero di geni più che centuplicato rispetto a quello dell’uomo. Insomma: concentriamo l’attenzione sui batteri, ricordando che ci sono anche quelli “buoni”.
Come il mitocondrio, peraltro, il microbiota (ovvero la composizione della flora batterica presente nel tubo digerente) entra in gioco in numerosi processi fisiologici dell’organismo umano. Ad esempio favorisce e regola la digestione degli alimenti, grazie ad una serie di enzimi che sono in grado di trasformare molte delle sostanze che arrivano nel canale digerente con i cibi come lipasi, proteinasi, diastasi.
Inoltre le cellule batteriche sono veri e propri laboratori invisibili, entro i quali si svolgono alcune attività enzimatiche fondamentali per la replicazione degli stessi germi, mentre altri composti enzimatici vengono liberati all’esterno, nel canale intestinale, e quindi possono diventare attivi sulle sostanze in transito o sulle cellule della mucosa. Infine il microbiota oltre ad assicurarci la produzione di vitamine del gruppo B, e in particolare della B12, favorisce la sintesi di energia disponibile per l’organismo