Come un’invasione di campo già predetta, un carnevale di Rio fuori stagione, un uragano che porta con sé disordine e meraviglia, così sono per me i giorni di festa. Perché sono quelli in cui le cose da fare aumentano a dismisura e il tempo da dedicare a me stessa diminuisce fino a sparire. Perché è durante quei giorni che tutti tornano a casa.
Tornano i figli che, con il trascorrere dei mesi e degli anni, non sono più soli. C’è la fidanzata, che poi diventa moglie. E arrivano i nipoti che hanno bisogno di più spazio e di maggior tempo da dedicargli. Perché tutti vogliono giocare con i grandi, mentre loro vogliono chiacchierare, ridere e raccontarsi. Perché i momenti per stare insieme sono sempre meno e le distanze geografiche, invece, sono aumentate.
Così i periodi di festa sono i più stancanti per me, ma anche quelli più pieni. Gli stessi che mi permettono di creare ogni volta ricordi sempre nuovi e straordinari. Perché quel campanello che suona, la porta che si apre, si chiude e si riapre e quelle valigie che riempiono la camera degli ospiti mi ricordano ogni volta che la felicità sta proprio nel trascorrere il tempo con le persone che amiamo.
La casa piena, la casa vuota
Quando mi chiedono cosa amo del Natale e del periodo di festa rispondo senza alcun dubbio che tutta la magia del periodo è rappresentata dalla casa piena di persone, quelle che fanno parte della mia famiglia. La casa vuota, invece, è il simbolo di tutto ciò che odio di questo periodo dell’anno.
Anche se le cose da fare aumentano, così come i posti a tavola, le cose da cucinare e da lavare, mentre io mi ritrovo a fare lo slalom tra il lavoro e la ricerca dei regali perfetti, niente di tutto ciò mi pesa. Non lo fa mai perché è questo il momento dell’anno in cui tutte le distanze fisiche si annullano.
E io mi ritrovo lì, in quel luogo che ho costruito con fatica e amore, e che con gli anni è diventato un nido sicuro per tutti, lo stesso dal quale sono partiti loro per volare ad ali spiegate. I miei bambini, quelli che anno dopo anno si sono trasformati in uomini meravigliosi. Insieme a loro ci sono anche i nipoti, quei bambini che vedo sempre troppo poco, quelli che mi emozionano per la velocità con la quale imparano nuove cose e che le insegnano a me, che invece alcune cose non voglio mai impararle.
Come l’utilizzo dello smartphone che però è diventato un prezioso alleato per quelle videochiamate senza fine che ci facciamo ogni sera prima di andare a dormire per sentire vicini, anche quando siamo lontani. Una distanza, la nostra che è solo fisica, perché con il cuore siamo sempre connessi.
Il senso di vuoto quando tutti vanno via
E poi eccolo il senso di vuoto che arriva prepotentemente quando tutti vanno via. Quello che apparentemente mi abbandona durante gli altri giorni perché poi arrivano le abitudini quotidiane a riempire il resto della vita. Ma non lo fanno mai abbastanza, perché è la presenza di chi non c’è a rende ingombrante l’assenza. È quel silenzio assordante che echeggia nelle stanze e nei corridoi.
Così tra casa da riordinare e impegni arretrati da portare a termine, trovo il tempo per incorniciare nel cuore e nella mente, e anche con qualche fotografia, i ricordi più belli dell’anno appena trascorso insieme. Nell’attesa di costruirne altri, e altri ancora.