Quando pensiamo ai luoghi da raggiungere, per lasciarsi alle spalle una vita frenetica e caotica, nella nostra mente fa capolino l’Islanda. Non è un caso che la nazione nordica sia stata più volte eletta tra i luoghi più sicuri dove vivere. Non sono solo i paesaggi naturali e mozzafiato a incantare, ma anche gli standard elevati della vita stessa che i cittadini e le istituzioni proteggono alla stregua di un tesoro prezioso. Uno standard che tende ad annullare anche le differenze di genere. Secondo il World Economic Forum, infatti, il Paese nordico è uno dei più attivi per l’azzeramento del gender gap.
Non che la strada sia stata, e sia tutt’ora, solo in salita. L’Islanda, infatti, si è trasformata col tempo in un territorio di battaglie gentili, quelle che promuovono l’inclusività e la parità, che vedono le donne in prima linea per avere le stesse opportunità che da sempre sono concesse agli uomini.
E sono proprio le donne, adesso, a essere le protagoniste di uno degli eventi sociali più importanti della storia dell’intero Paese. Uno sciopero che rivendica la parità di genere e l’inclusione, e che ha visto scendere tra le strade e le piazze migliaia di donne, comprese la premier Katrin Jakobsdottir, e le ministre del suo governo. Ecco cosa sta succedendo.
Le donne islandesi scendono in piazza per annullare le differenze di genere
Di passi avanti, per annullare il divario di genere sociale ed economico, ne sono stati fatti tanti in Islanda. Al punto tale che il Paese, come abbiamo anticipato, è stato inserito nella lista dei più attivi in fatto di inclusione e pari diritti. Eppure, nonostante i risultati raggiunti fino a questo momento sembrano incoraggianti ed esemplari da chi li guarda da fuori, non bastano alle donne che, negli ultimi giorni, sono scese a protestare, dando vita al più grande sciopero della storia.
È successo martedì, come riportano i media locali, che migliaia di donne provenienti da ogni parte del Paese si sono riunite per alzare la voce. Lo hanno fatto per rivendicare i loro diritti e il loro valore, ma anche per combattere il gender pay gap e per annullare ogni tipo di violenza di genere.
Un mare di folla, tutto al femminile, ha dato vita a una manifestazione che è durata tutto il giorno, e che può essere paragonabile solo a quella del 1975, una data storica che ha visto molti cambiamenti importanti nel Paese, tra i quali anche l’elezione della prima premier donna.
La premier e le ministre in piazza
Le cittadine islandesi non erano sole tra le strade e le città della capitale Reykjavík. Insieme a loro, infatti, sono scese anche la premier Katrin Jakobsdottir, e le ministre del suo governo. Lo hanno fatto perché nonostante le politiche sociali siano riuscite a ridurre il gender pay gap del 90%, c’è ancora molto da fare per raggiungere la piena parità salariale e anche sociale.
“Non lavorerò oggi, poiché mi aspetto che lo facciano anche tutte le donne che fanno parte del governo”, ha dichiarato la premier una volta annunciata la partecipazione allo sciopero. La sua richiesta, così come quella di tutte le altre donne del Paese, è che vengano resi pubblici gli stipendi di donne e uomini che lavorano nello stesso settore, soprattutto in quelli in cui è aumentata la forza-lavoro al femminile.
Lo sciopero, che è durato 24 ore, non è solo una rivendicazione, ma anche una dimostrazione di quanto le donne siano importanti e anzi fondamentali per il progresso dell’intero Paese. “Gli obiettivi di piena uguaglianza di genere non sono ancora stati raggiunti” – ha dichiarato Katrin Jakobsdottir – “Ed è inaccettabile che sia ancora così nel 2023”.