Giulia Cecchettin, il padre Gino sull’educazione affettiva: “Possiamo cambiare ciò che sarà”

L'intervento di Gino Cecchettin presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio: come il dolore può diventare impegno reale per tutti e tutte

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Nicoletta Fersini

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Gino Cecchettin è stato ascoltato in audizione presso la Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere. È accaduto oggi, 11 novembre, data affatto casuale e dal senso profondo. L’11 novembre è il giorno in cui Padova si ferma per ricordare la brutale uccisione di Giulia Cecchettin, sua figlia.

Due anni senza Giulia, strappata alla vita da Filippo Turetta. Troppo pochi per chiudere la ferita di un padre e di un Paese intero, chiamato oggi più che mai a riflettere su questi temi. Gino Cecchettin ha trasformato il lutto in una missione: catalizzare l’attenzione pubblica e quella delle istituzioni per agire. Basta restare a guardare, bisogna prevenire.

L’intervento di Gino Cecchettin sull’educazione affettiva nelle scuole

“So bene che ci sono paure, resistenze e incomprensioni, ma vi assicuro che l’educazione affettiva non è un pericolo, è una protezione. Non toglie nulla a nessuno, ma aggiunge qualcosa a tutti: consapevolezza, rispetto e umanità. Una scuola che non parla di affettività, di rispetto, di parità è una scuola che lascia soli i ragazzi di fronte a un mondo che grida messaggi distorti».

Queste le parole del padre di Giulia Cecchettin, presidente della Fondazione che porta il nome della figlia. “Quando la scuola tace parlano i social, parlano i modelli tossici, parlano i silenzi degli adulti. Noi abbiamo il dovere di dare ai giovani strumenti per orientarsi non solo nozioni per studiare – aggiunge -. Credo che l’educazione sia l’unica risposta sistematica possibile. Non possiamo delegare ai tribunali ciò che spetta alla scuola, alla famiglia, alle istituzioni culturali e lì nelle aule nei luoghi di formazione che possiamo insegnare ai nostri ragazzi a riconoscere la violenza prima che si trasformi in gesto, prima che diventi tragedia”.

L’impegno con la Fondazione Giulia Cecchettin

La Fondazione Giulia Cecchettin è nata per onorare la memoria della giovane studentessa, ma soprattutto per trasformare il dolore di una brutale perdita in un’occasione di miglioramento. Per tutti. “La perdita di Giulia ha scosso le fondamenta della mia esistenza e mi ha spinto a un impegno incrollabile contro la violenza di genere“, si legge sul sito della Fondazione.

E anche questo impegno è ciò che Gino Cecchettin ha portato nell’aula della Commissione di inchiesta sul femminicidio. “Il mio impegno e quello della Fondazione nasce dal desiderio di evitare che altri genitori debbano vivere ciò che ho vissuto io, ma anche nella speranza che un giorno non servano più le fondazioni intitolate a ragazze uccise perché avremmo imparato a riconoscere il valore sacro della libertà di ciascuno, il valore sacro della vita. Non possiamo cambiare ciò che è stato, ma possiamo cambiare ciò che sarà. Per Giulia e per tutte le Giulia che verranno, vi chiedo di fare una scelta coraggiosa, di credere nell’educazione come prima forma di giustizia, come la vera forma di prevenzione”.

“Non sono un politico, non sono un esperto. Sono semplicemente un padre che ha visto la propria vita cambiare per sempre due anni fa”. Riecheggia ancora la storia di Giulia, che ha profondamente scosso l’opinione pubblica. Era una “ragazza piena di vita, curiosa, generosa, capace di vedere il bene anche dove non c’era”. Anche in chi diceva di amarla. Ma qui siamo ben lontani dal concetto stesso di amore.

“Gli eventi come questi ti cambiano per sempre, non c’è futuro, ti viene tolto anche il futuro. Un futuro fatto di abbracci, di ricordi e di giornate che non ci saranno più. Che in qualche modo dovevo riempire e quindi ho scelto di reagire di dare un senso a quel dolore che rischiava di distruggermi. Così è nata la Fondazione Giulia Cecchettin: non per coltivare la memoria del dolore, ma per trasformarla in impegno, perché se non cambiamo la cultura che genera la violenza, continueremo a piangere altre Giulie, altre famiglie, altre vite spezzate”, conclude.

Giudiziariamente parlando, la vicenda si è conclusa proprio in questi giorni. Entrambe le parti hanno rinunciato all’appello e Filippo Turetta, l’assassino di Giulia, è stato definitivamente condannato all’ergastolo, confermando la sentenza di primo grado.

Ma c’è ancora tanto da fare.