«Madre non è solo partorire un figlio. Si può essere tale dando amore ad una creatura che adotti per crescerla come tua». A seguito della pubblicazione del nostro racconto Il dolore di non essere diventata madre, questo commento scritto da una lettrice ci ha spinto ad affrontare il tema dell’adozione. Ci siamo rivolte a Ivana Lazzarini. Ivana è presidente dell’associazione ItaliaAdozioni, nonché mediatrice familiare e madre adottiva di una ragazza e un ragazzo. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con lei che ha risposto a molte domande inerenti al tema. Ci ha spiegato quali sono i requisiti che bisogna avere per fare domanda, come iniziare l’iter per un’adozione nazionale o internazionale, quali sono le cose che bisogna aver ben chiare dentro di sé per diventare madre adottiva. E infine ci ha raccontato, non meno importante, come lei stessa ha preso questa decisione. Buona lettura.
Indice
Come fare ad adottare un bambino: i requisiti
Innanzitutto bisogna essere sposati. Per la legge italiana i requisiti sono il matrimonio o la convivenza antecedente al matrimonio: è necessario che la coppia sia stabile da almeno tre anni. Quindi o almeno tre anni di matrimonio o tre anni di convivenza comprovata, convolata poi in un matrimonio. Non serve avere una casa di proprietà ma basta averne una in affitto, può lavorare solo uno dei due componenti della coppia, a patto che sia in grado di educare, istruire e mantenere il minore che si intende adottare. Non ci deve essere in corso una separazione nemmeno di fatto. Sempre secondo la legge ci devono essere massimo 45 anni e minimo 18 di differenza tra l’adottante e l’adottato, anche se poi quello che muove i tribunali e i servizi sociali è il buon senso della filiazione biologica. Se c’è un neonato adottabile si cercherà una coppia giovane. Se il bambino è in età scolare si guarderà a una coppia più matura Si mette al centro di ogni decisione “il superiore interesse del minore”. Si può dare disponibilità per l’adozione nazionale o quella internazionale, o ancora per tutte e due.
Adottare un bambino in Italia
Cosa bisogna fare a questo punto? «Si può andare presso la cancelleria adozioni del Tribunale dei Minori di riferimento o sul sito del Tribunale stesso (qui trovate i riferimenti di tutti i tribunali presenti sul territorio italiano, o l’elenco organizzato per Regioni, ndr.) e si scarica e compila la modulistica necessaria per presentare la propria disponibilità all’adozione. In questo modo inizi a pensare a un bambino concreto, non più a un’idea perché devi segnare con le crocette la disponibilità ad adottare minori di altra etnia, fratrie, bambini con bisogni speciali, portatori di handicap, questo solo per citarne alcune. Ci si rivolge al tribunale di residenza ma si può estendere la propria disponibilità a più tribunali per i minorenni, dandone sempre comunicazione al tribunale di riferimento». A questo punto il tribunale chiama i servizi territoriali del comune di residenza della coppia e richiede una conoscenza della coppia stessa. Si inizia un percorso con l’equipe, solitamente psicologo e assistente sociale, che può essere fatto di incontri di coppia, di gruppo o individuali e al termine di essi viene redatta una redazione, letta prima alla coppia e successivamente passata al tribunale. Si viene inseriti in un database e la propria disponibilità all’adozione ha valenza per tre anni.
Adottare un bambino all’estero
«Fatto tutto il percorso di cui sopra, spieghiamo ora come procedere a un’adozione internazionale per diventare una famiglia multietnica. «Una volta arrivato il fascicolo redatto dai servizi sociali al tribunale, si viene convocati da un giudice onorario per un colloquio che verte sull’intenzione di voler fare un’adozione internazionale. Il giudice redige una seconda relazione». Vi sarà chiesto se avete già un ente autorizzato di riferimento, se avete già pensato a un Paese in particolare. La decisione finale spetta alla Camera di Consiglio, formata da giudici togati (psicologi e assistenti sociali) e onorari (magistrati), che leggono entrambe le relazioni e decidono l’idoneità o la non idoneità per l’adozione internazionale». Per realizzare l’adozione internazionale serve un ente di riferimento. Dal 1993 esiste in Italia la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) che autorizza gli enti intermediari tra lo stato estero e la coppia italiana che vuole adottare in quel Paese. La coppia, una volta ricevuto il decreto di idoneità all’adozione internazionale, ha un anno di tempo per scegliere l’ente e conferirgli il mandato perché trovi per lei suo figlio nel mondo. Un consiglio di Ivana Lazzarini: «Cercare un ente attivo su più Paesi, perché può capitare che per instabilità politica o altri eventi particolari, un determinato Paese blocchi le adozioni internazionali (qui trovate l’albo degli enti autorizzati, ndr.).
Sono pronta a diventare mamma adottiva?
Abbiamo chiesto a Ivana se c’è una domanda che una donna o un uomo si dovrebbe fare per essere certa (o certo) che l’adozione è la strada da percorrere. Ivana Lazzarini ci risponde così: «L’adozione è fatta da due bisogni che si incontrano: quello di una coppia di diventare genitori e quello di un bambino di diventare figlio. Ma il centro non sei tu, mamma o papà mancato, il centro è il bimbo che c’è già e il suo diritto di avere una famiglia». Solitamente la decisione matura prima in uno dei due della coppia. Ma quando si inizia il percorso lo si fa in due, ci deve essere determinazione da parte di entrambi. «L’adozione per i papà è per alcuni versi più coinvolgente, perché si è “incinti” tutti e due allo stesso modo e fin da subito. Nella paternità biologica forse il papà diventa “davvero papà” solo dopo la nascita del figlio. Nell’adozione si diventa genitori insieme, contemporaneamente. Inoltre capita a volte che all’inizio i figli si innamorino letteralmente dei loro papà prima che delle loro mamme, perché negli istituti i bambini stanno per lo più a contatto con figure femminili e non gli sembra vero di avere finalmente un maschio, un papà che si prende cura di loro». Bisogna avere ben chiaro questo: «Un bambino che nasce da te mamma biologica non ha una storia prima di te. Un bambino adottato, invece, ha una storia prima di te. La sua storia è importante per lui e per tutta la famiglia. Accompagnare, spiegare, raccontare, “cucire” il prima con il dopo è uno dei compiti dei genitori adottivi».
La storia di Ivana Lazzarini (leggetela)
«Quando io e mio marito abbiamo avuto la certezza che non saremo mai riusciti ad avere figli, abbiamo vissuto un grande dolore. Con una dose notevole di fatica abbiamo guardato oltre questa sofferenza e abbiamo deciso di sondare due strade. Siamo stati da un medico che ci ha spiegato il percorso della fecondazione assistita. Poi siamo stati a un corso di conoscenza e formazione sull’adozione. Era un weekend di luglio. Ci hanno divisi e mi sono ritrovata da sola in un gruppo di persone che non conoscevo. Mi hanno scelto per una simulazione. Dovevo fare la mamma, insieme a un signore bello piazzato e con la barba che avrebbe fatto il papà. Una signora bionda sarebbe stata Anna, la nostra bambina di 6 anni. Io sono mora e riccia. Lo psicologo che guidava l’incontro ci fece sedere in mezzo al cerchio e ci presentò al gruppo: “Siamo in Brasile e questa coppia dopo due anni di attesa finalmente sta per incontrare in orfanotrofio la piccola Anna, che diventerà loro figlia”. Arrivò Anna e disse: “Io non la volevo una mamma così. Volevo una mamma come me, bionda e liscia. E nemmeno un papà così. Volevo un papà che somigliasse a un principe azzurro”. Lo psicologo ci disse: “Cosa le rispondete?”. Ecco, in quel momento mi ha travolto uno tsunami: dalla mia bocca non usciva nulla, ero di pietra, ma il mio cuore, aperto, batteva all’impazzata. E proprio in quel momento finalmente ho capito: il centro era Anna e le sue aspettative, non le mie. E nel mio cuore, hanno iniziato a trovare posto Anna e con lei i bambini in attesa della loro mamma e del loro papà. Per sempre. Questa è l’adozione».
L’adozione è una strada tortuosa. È una strada di puro amore, che come l’amore vero deve essere forte e non esitare. Se siete pronti a percorrerla, buon viaggio futuri mamme e papà.