C’era una volta il Third Place e quei piccoli momenti di felicità da ritrovare

Tutti abbiamo bisogno di quel posto in cui trovarci con gli amici, socializzare e sentirci parte di una comunità, ma purtroppo lo stiamo perdendo

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Francesca Pasini

Web Content Writer

Laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, vive tra l'Italia e la Spagna. Ama tutte quelle storie di personaggi e leggende, di luoghi e viaggi unici, di cultura e lifestyle, che trasforma in parole per lavoro e per passione.

Tra i tavolini del bar centrale del paese o in quello sotto casa del quartiere di città, sulle panchine lungo la via, nei parchetti oppure nelle biblioteche, le persone di aggregavano, si ritrovavano con gli amici, i parenti, i vicini e socializzavano confrontandosi sulle varie sfaccettature della vita.

Non c’erano smartphone, pc o tablet, nemmeno internet e tecnologie. Senza programmare troppo, ci si incontrava al bar dopo il lavoro o nei giorni di festa e ci si parlava semplicemente, con una bibita, alcune partite a carte e una dolce melodia che usciva da un jukebox a tenere compagnia. Senza filtri e paure, solo con il piacere di stare insieme condividendo il tempo libero e alcuni piccoli momenti di felicità.

Si chiamano Third Places e sono luoghi essenziali per il nostro benessere e per la socialità. Fino a qualche decennio fa tutti ne avevano uno, ma oggi noi li stiamo perdendo e con loro anche i rapporti genuini e gli attimi di pura serenità.

Che cos’è il Third Place: la teoria

Coniato nel 1982 dai sociologi americani Ramon Oldenburg e Dennis Brissett, il termine Third Place, in italiano “terzo posto“, è quel luogo di preferenza, pubblico, nel quale si svolgono le nostre vite. Proprio qui le persone che appartengono a una comunità si incontrano e interagiscono, scambiano opinioni e si aprono agli altri.

Ma se il “terzo posto” è importante, quali sono i primi due luoghi essenziali che fanno parte della nostra vita adulta? Ce lo spiega Oldenburg nel libro del 1989 The Great Good Place: il nostro “primo posto” è la casa in cui viviamo, dove cresciamo e instauriamo i rapporti più profondi e indissolubili. Il “secondo posto” è generalmente i luogo di lavoro, che occupa una parte importante della nostra esistenza ed è un luogo composto da persone nel quale ci si sente di appartenere a una comunità.

Ci sentiamo quotidianamente parte di un gruppo sociale, che sia la famiglia o un team di colleghi di lavoro, ma questo non basta per farci stare bene. È la partecipazione ai Third Places che apporta in noi un maggior senso di completezza e benessere mentale.

Quali sono i nostri Third Places?

Ma quali sono le caratteristiche che rendono un luogo qualsiasi un Third Place? Innanzitutto, devono essere pubblici, accessibili e gratuiti (o comunque poco costosi). Inoltre i “terzi posti” dovrebbero essere accoglienti, mettere a contatto le persone che si recano lì abitualmente con i nuovi arrivati e, perché no, offrire la possibilità di consumare bevande e cibi (anche se quest’ultima non è una caratteristica essenziale).

Il “terzo posto” per antonomasia è sicuramente il bar, ma esistono diversi luoghi pubblici di socialità. Palestre, biblioteche, chiese, parchi, teatri e cinema, sono solo alcuni esempi di tutti quei luoghi che, al giorno d’oggi, possono rappresentare uno o più Third Places, diversi per ogni individuo in base ai propri interessi e alle passioni che ama coltivare.

In questi luoghi ci sentiamo accolti, intraprendiamo conversazioni gioiose e siamo sereni. Sono un po’ come la nostra “casa lontano da casa“.

Stiamo perdendo il nostro “terzo posto”

C’era una volta il Third Place, ma sembra che sia andato a perdersi. Noi dobbiamo cercare di ritrovarlo per tornare a socializzare e stare meglio con gli altri e con noi stessi, per il nostro benessere mentale e per la salute della nostra società.

Nell’epoca della tecnologia sono le “piazze digitali” a rappresentare sempre più spesso il nostro “terzo posto”. I social network fanno da padroni nelle più recenti modalità di interazione all’interno delle nuove generazioni (soprattutto tra i Millennials), ma anche in quelle più adulte.

Siamo cresciuti con serie tv, film e sitcom in cui i luoghi di ritrovo erano bar e ristoranti. Basti pensare ai celebri Peach Pit di Beverly Hills 90210, il Central Perk di Friends o all’Arnold’s di Happy Days, che ci hanno tenuto lungamente compagnia e che rappresentavano la normale vita sociale di quegli anni.

I Third Places facevano largamente parte della nostra vita, ma ora ci rifugiamo sempre più frequentemente nel mondo virtuale senza vivere l’esperienza vera e concreta di una chiacchierata tra amici o di una nuova conoscenza casuale che può rivelarsi una piacevole scoperta. Anche quando usciamo, tendiamo a rimanere chiusi in noi stessi e poco inclini alle nuove amicizie, tutti presi dallo stress della vita lavorativa quotidiana e sempre più impauriti davanti all’idea di intraprendere dei confronti reali, umani. Sì, perché nonostante viviamo in un mondo iper-connesso, siamo più isolati che mai: le nostre interazioni sociali si riducono spesso a qualche parola scritta via chat, un commendo ad un post o un like a una fotografia, tramite uno schermo che filtra le emozioni reali.

Il nostro Third Place è importante: come ritrovarlo

Il nostro Third Place è essenziale per una vita serena e rappresenta un rimedio che viene dal passato per contrastare l’isolamento sociale dilagante dell’epoca contemporanea. Per questo dobbiamo prendercene cura: è la nostra ancora per i momenti di felicità condivisa.

Socializzare con persone amiche e fare anche nuove conoscenze, rilassarsi in pubblico con un senso di serenità che ci fa sentire bene e che libera la nostra mente dallo stress quotidiano. Questi sono solo alcuni degli aspetti positivi del Third Place. Secondo lo studioso Oldenburg, i luoghi di preferenza sociale aiutano anche a favorire la creatività e a raggiungere una società civile e democratica sana.

Ma come tornare alle origini e ritrovare i nostri “terzi posti” che stiamo ormai perdendo? In realtà non esiste una soluzione “ufficiale” in risposta a questo fenomeno. I tempi sono cambiati e non esiste una bacchetta magica per tornare alla socialità del passato.

Anche se questo è vero, qualche piccolo sforzo potremmo però provare a farlo. Iniziamo, ad esempio, a scollarci dagli schermi dei nostri smartphone quando ci troviamo fuori casa e in contesti in cui ci sono più persone. Una volta fatto questo, proviamo semplicemente ad iniziare una conversazione, di qualsiasi tipo, con quella persona che vediamo seduta di fronte a noi. Ci potremmo stupire di quanto sia ancora bello socializzare genuinamente, costruendo man mano il nostro Third Place nel mondo.