Aveva solo 15 anni, Desirèe Piovanelli, quando la sua vita è stata brutalmente spezzata. Desirèe è morta, non per causa di un incidente o di un imprevedibile tragico destino, ma per la crudeltà dell’essere umano, di un branco senza scrupoli che ha tessuto le tele di una trappola mortale. Desirée Piovanelli è stata uccisa 21 anni fa da un gruppo di ragazzi della sua stessa età. Da un branco che ha agito senza pietà e che si è marchiato senza remore dell’ennesimo femminicidio che ha insanguinato il nostro Paese.
La sua storia, che non può essere dimenticata, è stata ricordata da Marina Loi e Flavia Triggiani con il documentario Il branco. L’omicidio di Desirée Piovanelli per fare luce su tutte quelle ombre che ancora avvolgono la tragedia. Per dare voce a un padre che, a distanza di oltre vent’anni, sta ancora cercando verità e giustizia per quella che era la sua bambina.
Chi era Desirée Piovanelli
Non ha ancora compiuto 15 anni, Desirée Piovanelli, quando sparisce nel nulla. È il 28 settembre del 2002 e, come è solita fare, la ragazza si allontana da casa per raggiungere una sua amica e per trascorrere con lei un pomeriggio di studio. È un’adolescente serena e spensierata cresciuta a Leno, in provincia di Brescia, circondata dall’amore della famiglia e dai suoi amici. Frequenta il primo anno del liceo scientifico di Manerbio e per tutti è solo “Desi”. Eppure, all’improvviso, fa perdere le sue tracce.
Passano le ore e della ragazza non si hanno notizie, anche il suo cellulare risulta sempre spento. La svolta, anche se fittizia e depistante, arriva il giorno dopo: suo fratello Ivano riceve un messaggio dal vecchio numero della sorella. È Desirée, dice di stare bene, rassicurando i familiari, di essere in compagnia di un ragazzo e di non voler tornare a casa, almeno per il momento. Eppure, Desi, non è più in possesso di quella scheda sim da tempo ormai.
Il ragazzo in questione è Tony, un suo conoscente. Ma in realtà Desirée non si trova con lui. Iniziano così le ricerche da parte delle forze dell’ordine alle quali si uniscono anche gli abitanti del paese, corredate poi dagli appelli dei familiari, amici e conoscenti. Sono tante le incognite, pochi gli indizi e la polizia non esclude nessuna pista, neanche quella di un rapimento o di un maniaco sessuale. Quello che è chiaro a tutti, sin dall’inizio, è che la ragazza non si è allontanata volontariamente, ipotesi confermata anche dal ritrovamento della sim telefonica – avvenuto i primi giorni di ottobre – dalla quale è partito il messaggio arrivato a Ivano.
Che fine ha fatto Desirée?
Scandagliando la vita privata dell’adolescente, le forze dell’ordine risalgono a Nicola, un ragazzo di 16 anni poco raccomandabile il cui nome compare proprio tra le pagine del diario di Desirée. “Nicola è un ragazzo da non frequentare”, aveva scritto, e chissà se in quelle parole si nascondeva la paura di un epilogo drammatico.
È proprio Nicola, che ha già lasciato la scuola e lavora come manovale nel paese, a chiamare Desirée quel pomeriggio del 28 settembre. La invita a raggiungere insieme la cascina Ermengarda a Leno, una casa circondata dal verde, per mostrarle dei cuccioli di gatto che hanno fatto di quel luogo la loro casa.
Desirée accetta l’invito. Non sa, però, che in quella cascina, ad attenderla, ci sono anche Nicola Vavassori, detto Nico, Mattia Franco e Giovanni Erra. Sono tutti lì per lei, sono lì per stuprarla e ucciderla.
Il ritrovamento del corpo
Dopo giorni di estenuanti ricerche, il 4 ottobre arriva la notizia che nessun genitore dovrebbe mai apprendere: Desirée è morta. Il corpo senza vita dell’adolescente viene ritrovato all’interno della cascina di Leno, martoriato da più di 30 coltellate e riverso nel sangue.
Le forze dell’ordine si concentrano di nuovo su Nicola, su quel ragazzo da non frequentare. Dopo un interrogatorio, intenso e molto lungo, è proprio lui a confessare: ha ucciso Desirèe e non ha agito da solo.
Uccisa dal branco
La verità emersa dalla confessione è terribile. Nicola attira la piccola Desi con l’inganno nella cascina, proprio lì dove l’attendono anche Nico e Mattia, rispettivamente 15 e 14 anni, e Giovanni Erra che di anni, invece, ne ha 36. È proprio la presenza di quest’ultimo a spaventare la ragazza una volta resasi conto della trappola. Giovanni è un suo vicino di casa e lei lo conosce bene: ha fatto più volte da babysitter a suo figlio, non sa però che l’uomo ha un passato di dipendenze e tanti debiti accumulati. Non può immaginare neanche che quell’uomo adulto, in realtà, ha intenzione di violentarla.
Desi non lo sa, ma entrando in quella cascina inizia il suo viaggio di sola andata verso l’inferno creato dai suoi carnefici. La ragazza viene gettata a terra e i tre seguono alla lettera un piano premeditato: la violenteranno e poi la uccideranno. Le cose, però, cambiano rapidamente quando Desirée inizia a lottare per svincolarsi dalla presa dei mostri. È proprio questo suo tentativo a mandare su tutte le furie Nicola che, piuttosto che attenersi al piano, inizia a colpirla ferocemente con la lama del coltello.
A poco servono i tentativi della ragazza di svincolarsi dalla morsa degli orrori. Il branco agisce con violenza sul suo corpo, colpo dopo colpo, fino all’esalazione dell’ultimo respiro. Quando ancora nessuno sa che fine ha fatto Desi, i 4 tornano nella cascina con l’intenzione di fare a pezzi il corpo della ragazza, senza però riuscirci. Il ritrovamento del corpo, e la conseguente confessione di Nicola, portano all’arresto immediato del branco.
21 anni dopo
Giovanni Erra è stato condannato a 30 anni di carcere che sta ancora scontando all’interno dell’istituto penitenziario di Bollate nonostante si sia sempre dichiarato non colpevole. Nicola, Nico e Franco, all’epoca dei fatti minorenni, sono stati condannati a 18, 11 e 10 anni di reclusione e oggi sono in libertà.
Papà Maurizio è ancora alla ricerca della verità sui fatti accaduti quel 28 settembre del 2002 e ha più volte chiesto di riaprire il caso. Secondo l’uomo, infatti, l’omicidio non sarebbe stato compiuto dai soli 4 condannati. Una tesi, questa, alimentata anche dal ritrovamento di una traccia del DNA, sul giubbotto di Desi, non corrispondente a nessuno degli assassini.