Cos’è il Sunshine Guilt, viral trend della Gen Z (e non solo)

Il senso di colpa perchè non si sta approfittando delle belle giornate di sole è diventato virale su Tiktok tra tante giovanissime. Ecco di che si tratta e come affrontarlo

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Marina Mannino

Giornalista esperta di Lifestyle

Laureata in Lettere, è stata la caporedattrice di una famosa rivista per ragazze e ha lavorato nella produzione musicale. Scrive per diverse testate e per DiLei si occupa di test sulla personalità, della rubrica #segretidelcuore e scrive articoli per la sezione DiLei GirlZ.

Il Sunshine Guilt (senso di colpa della luce del sole) indica quel senso di frustrazione perchè non si approfitta di una bella giornata di sole avendo scelto di stare in casa: è un termine diventato virale su Tiktok, dove è tutto un fiorire dell’hashtag #sunshineguilt nei video di tante ragazze della Gen Z (ma anche di giovani adulte) che confessano di non voler uscire malgrado il tempo sia splendido.

Sembra un problema piuttosto futile e invece è imparentato con la FOMO, ovvero la fear of missing out, la paura di essere tagliati fuori: una forma di ansia sociale che consiste nel sentirsi esclusi e angosciati alla vista, sui social, di tutti gli altri che mostrano di divertirsi tantissimo tra concerti da urlo e feste pazzesche dove ci sono tutti tranne noi.

È un’esperienza comune

Il Sunshine Guilt lo abbiamo provato tutte. Catturate dal quel senso di inerzia che ci faceva restare in casa anche se fuori c’era la giornata più bella mai vista negli ultimi 1000 anni, ci siamo sentite in colpa, o infastidite, o frustrate per aver rinunciato a quelle splendide occasioni di bel tempo. E con la brutta stagione, il fenomeno si ripete: ci sentiamo colpevoli di non approfittare di quell’unica giornata di sole in un mese di meteo avverso.

La tristezza dell’estate e dell’inverno

Il Sunshine Guilt può essere paragonato al più generico summertime blues, ovvero tristezza dell’estate, quel senso di malumore e lieve depressione che moltissimi provano nella bella stagione, sia per il caldo che per l’obbligo sociale di divertirsi a tutti i costi. Sì, c’era anche una bella canzone di Lana Del Rey con quel titolo, ma il tema era molto più tragico. Invece, a proposito del vero summertime blues, un sondaggio di “Forbes Health” su 2.000 adulti statunitensi ha scoperto che quasi la metà (48%) sperimenta disturbi mentali durante l’estate, una percentuale che sale ancora di più tra le generazioni più giovani. I sentimenti più comuni sono ansia (42%), stress (40%), problemi di sonno (36%) e depressione (35%).

D’altro canto esiste anche il winter blues, cioè tristezza dell’inverno, Disturbo Affettivo Stagionale che si manifesta nella stagione fredda, quando c’è meno luce e le giornate sono più corte, con stanchezza, tristezza, apatia, insonnia, pessimismo.

Regole esterne e aspettative personali

Da cosa è causato il Sunshine Guilt? Intanto non lo vive solo la Gen Z, ma anche i millennial. Il senso di colpa per il sole mancato lo provano in tanti ed è il prodotto di un mix tra regole esterne e aspettative personali. Siamo abituate ad associare le giornate di sole all’attività e alla produttività, secondo la norma sociale per cui il bel tempo non andrebbe mai sprecato. Ecco perché ci si sente colpevoli e tristi se si rimane a casa mentre fuori c’è quel bel sole che tutti si stanno godendo tranne noi!

Paura della scelta “sbagliata”

Perderci una bella giornata può farci sentire responsabili di aver fatto la scelta “sbagliata” per il nostro benessere. D’altronde, da quando siamo nate siamo bersaglio di marketing che associa il clima soleggiato alla felicità, all’attività, alle belle sensazioni. E queste immagini ci appaiono di continuo anche sui social: chi corre in riva al mare, chi saltella nei parchi, chi si scatena in bici nei boschi, chi condivide un aperitivo all’aperto, gli spot e i profili sono zeppi di messaggi che legano la soddisfazione e la realizzazione personale ai momenti all’aria aperta e alla luce del sole.

Più siamo attive, più valiamo?

Così, potremmo ritrovarci a pensare di non valere nulla perché perdiamo tempo. “Molte persone ha spiegato Emily Hemendinger, docente presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Università del Colorado  – finiscono per equiparare la propria autostima a quanto sono impegnate, a quello che ottengono o a quello che fanno”. Ecco perché una giornata in cui ci va di stare rintanate in penombra ci fa sentire inferiori o in colpa. Ma non dobbiamo mai cedere al dubbio di essere “strane”, diverse o inferiori agli altri.

Come possiamo reagire con 7 consigli furbi

Concediamoci quel momento di asocialità

Se ci va di stare in casa, lontane dalla luce del sole nemmeno fossimo vampiri, non stiamo commettendo un crimine contro l’umanità (social), ma solo dedicando uno spicchio di tempo solo a noi. Di sicuro il giorno dopo salteremo fuori come agili cerbiatte in cerca di luce e compagnia, organizzando magari un’uscita con gli amici, che sia una gita alla scoperta di borghi antichi o una passeggiata in centro.

Cerchiamo di essere indulgenti

Auto-accusarci di sbagliare e di non saper cogliere le occasioni è una tortura di cui la nostra autostima non ha alcun bisogno. Cerchiamo invece di essere indulgenti con noi stesse: se sentiamo di stare sprecando il nostro tempo, ricordiamoci che ognuno è libero di impiegarlo come preferisce – o come deve, se siamo legate al lavoro o allo studio (e in questi casi non stiamo gettando via il tempo, lo stiamo investendo per noi).

Liberiamo il tempo “libero”

Questo significa che dovremmo prendere le distanze dall’idea che dobbiamo sempre fare qualcosa. La vita attiva è il segreto del benessere, è vero, ma il nostro tempo libero è, appunto, libero. Se, per sentirci meglio e più “approvate”, ci uniformiamo ad un modello di comportamento che ci vuole sempre dinamiche e performanti, stiamo negando il concetto stesso di libertà. Possiamo anche impiegare del tempo a non facendo nulla: è un’attività che ha un importante funzione rigenerante e rilassante.

Evitiamo la trappola del confronto

Anche se spesso è un processo spontaneo, confrontarci di continuo con il prossimo non è sempre gratificante e soddisfacente. Gli altri brillano di felicità dai loro video in cui si godono il sole e il divertimento all’aperto: noi, in confronto, ci sentiamo delle sfigate di serie B. È qui che scatta il paragone tossico: loro sono “in”, noi “out”. Ovvero incapaci, inadeguate, fuori dal coro. Spoiler: non è così. Noi (fortunatamente) abbiamo altri tempi e esigenze diverse, una testa pensante in autonomia, atteggiamenti non allineati.  Siamo noi quelle cool!

Diamo valore ai nostri bisogni

Se a volte sentiamo la necessità di riposare o dedicarci ad attività che richiedono spazi chiusi e protetti – come leggere senza confusione intorno, cucinare, dipingere, ascoltare musica, o semplicemente pensare – non crediamo che siano bisogni superflui o sciocchi: sono importanti momenti di recupero di cui la nostra mente sente l’esigenza ricorrente. Accontentiamola, per il nostro e il suo bene.

Programmiamo delle attività all’aperto

Se ci sentiamo in colpa per non essere uscite, programmiamo delle attività all’aperto che però ci piacciano davvero e non siano compiute solo perché “lo fanno tutti” o “lo fanno le più seguite su tiktok”. Non finiremo nella lista dei weird, gli strambi, se vogliamo passare del tempo in casa. L’importante è ascoltare noi stesse e concentrarci su ciò che ci fa sentire bene (questa è libertà) piuttosto che su cosa pensiamo di dover fare (questa è costrizione).

Parliamone con qualcuno

Ma se proprio ci sentiamo oppresse, colpevoli, estranee alla realtà comune, parliamone il prima possibile con un’amica, un familiare ma anche una psicoterapeuta che ci aiuti a fare chiarezza in noi stesse togliendoci questo peso dal cuore.