Legami distorti che fanno fatica a essere spezzati. Perché definire una storia “malata” è facile da fare quando si è al di fuori di essa. Quando ci si trova in mezzo, impantanate, non sempre è semplice metterci un punto definitivo e voltare pagina. Soprattutto quando lui diventa violento. Vi raccontiamo la storia che Emma (nome di fantasia, ndr.) ha raccontato alla nostra Irene Vella. Perché come ci racconta questa donna, i predatori emotivi sono come gli squali che sentono una goccia di sangue a un chilometro di distanza. E ti scelgono tra mille persone, nel momento in cui ti sei più fragile e vulnerabile, per largarti a loro a doppio filo. Quanto tempo ci ha messo Emma a rompere quel legame malato. Anni durante i quali sua madre ha temuto di poterla perdere per sempre: «Mi disperavo perché ogni volta che uscivi con lui temevo che non saresti tornata a casa».
Cara Irene,
ne ho sempre parlato poco, sommessamente e la maggior parte delle volte sminuendo il mio vissuto.
Dopo qualche anno, una vita completamente diversa e realizzata, con ancora tante paure, mi sento di parlare di quanto da me vissuto perché sento che è stata una violenza a tutti gli effetti. Perdo completamente la testa per questo piccolo uomo. Avevo 33 anni, lui poco di più, vivevo da sola nonostante i miei genitori fossero molto presenti nella mia vita.
Ci travolge una passione che mai avevo vissuto prima. Poco dopo l’inizio di questa avventura mi rendo conto che è una persona che mi mette nervoso addosso perché entra nella mia vita a gamba tesa, senza empatia alcuna, ma convinta di essere io quella che ha poca fiducia negli altri lo lascio fare. Purtroppo.
Mi racconta dopo pochissimo tempo che aveva seri problemi con la ex moglie (che era un caso disperato, che lo odiava etc… etc…) e mi dice di controllare spesso le chat della sua ex perché pensava sempre a dei complotti nei suoi confronti e, facendomene leggere alcune, pensavo avesse ragione tanto da accompagnarlo da un avvocato per delle situazioni che riteneva “pericolose”. E poi si dipingeva sempre come la vittima della situazione, quello che era sempre ferito dagli altri, che tutti odiavano, che era stato in galera per responsabilità altrui assumendosi lui la colpa, che il matrimonio è finito perché la ex era una psicopatica e lui povero uomo fregato da una gravidanza indesiderata… ecco proprio questo omuncolo si rigirava verso di me con violenza estrema. La prima volta, a ridosso della partenza per le vacanze estive, come una furia mi mette le mani al collo e sempre facendo la vittima dice che la stronza ero io perché proprio in quel giorno voleva comprarmi l’anello di fidanzamento. Mi guardo il mio collo: un segno rosso fuoco. Taccio. Indecisa fino all’ultimo, mi metto un foulard e partiamo. Vacanze atroci. Sono certa che mentre io tenevo la figlia lui mi tradiva con la cameriera, ma questo pensiero è arrivato dopo.
Poi succede che mia madre si ammala di cancro. La sera prima dell’intervento di mia mamma si accanisce contro di me ancora mettendomi le mani al collo, salendo a cavalcioni su di me col suo ginocchio sul mio operato poco tempo prima tanto da farmi zoppicare per i giorni successivi. Ed eccomi col collo alto, in ospedale da sola ad attendere mia madre, a giustificare il livido che avevo in faccia dicendo che mi ero addormentata su un attaccapanni nel fare il cambio armadio.
Da questo momento lo trovavo appostato sotto casa mia, quando sono uscita con un’altra persona l’ho visto nella via di casa mia in auto con fari spenti ad aspettarmi, come se sapesse che ero uscita, e la verità è che lo sapeva davvero. Mi controllava il cellulare (non so ancora come e non lo voglio sapere!), mi chiedeva le stampe dei miei messaggi, voleva che dicessi a mia mamma cose del mio passato per farmi passare per una malata di mente… Ma mai che raccontasse le sue porcherie, mai dicesse sono stato in galera… mai! Lui voleva sempre uscire pulito. È venuto a controllare, quando facevo i week end con i miei, se c’erano altre auto parcheggiate vicino a casa nostra.
Ha utilizzato la mia malattia (sono diabetica di tipo 1) per fare vedere al piccolo mondo che frequentavamo quanto lui era bravo nel tagliarmi la carne in un momento di ipoglicemia, ma nessuno sapeva quante volte in grave ipoglicemia mi ha lasciato da sola in mezzo ad una strada e io a correre da qualche parte per prendermi dello zucchero prima di crollare. Ha creato rapporti con persone del mio passato portandole dalla sua parte. Ha cercato di privarmi delle poche amicizie che avevo. La sua gelosia era folle tanto che quando uscivo da sola me la faceva pagare il giorno dopo con ripicche, atteggiamenti violenti, litigate mostruose. Ricordo la volta che sotto casa mia mi ha detto “mi uccido per te” e io gli ho aperto. Anche quella volta. E poi si nascondeva nell’ombra, dietro le auto, tra le persone per controllarmi. E io ancora oggi, dopo 8 anni, mi giro col terrore di vederlo. Col terrore che sappia cosa faccio.
Per anni non sono riuscita a uscire da quella relazione. Mi arrabbio quando sento che superficialmente la gente che dice: “Ma perché non te ne vai!”. È semplice: perché non riesco. Il vero abuso che questi soggetti commettono è questo: ti scelgono, in quel momento particolare della tua vita, in mezzo a mille persone, come uno squalo sente l’odore del sangue a km di distanza. E poi ti ci vogliono anni per riprendere la tua sicurezza, perché prima che te la distruggesse, ce l’avevi. E forse non la recuperi mai completamente perché quando vieni annullata, fatta sentire sempre in errore, sbagliata, fuori luogo, una minima parte di te continua a sentirsi così, in errore. Perché non ti perdoni mai completamente e questo ti fa sentire sempre un po’ in colpa con te stessa. E la colpa ti fa sentire sbagliata.
Sono una sopravvissuta perché dopo il caso di Giulia Cecchettin mia madre con le lacrime agli occhi mi ha detto: “Non sono riuscita ad aiutarti a sufficienza in quel periodo (la chemioterapia e le cure successive l’avevano massacrata) e mi disperavo perché ogni volta che uscivi con lui temevo non tornassi”.
Invece tornavo sempre. Per fortuna.
E ora ho una vita. Mia.
Sono una donna fortunata.
Forse davvero sopravvissuta.
Sicuramente fortunata.