Ci sono situazioni e vicende sulle quali è davvero difficile sbilanciarsi. La morte di una bambina, per esempio, è una cosa talmente atroce e al contempo delicata da richiamare il silenzio. Ma cosa succede quando a causare il decesso di uno scricciolo di 16 mesi è la madre? Perché è questo ciò che è successo. Alessia Pifferi, 37 anni, ha ucciso la figlia, Diana. In modo lento, doloroso, commettendo un atto incomprensibile ai più: l’ha tradita, l’ha abbandonata.
E non per un lasso di tempo breve. Non per una distrazione, non per un istante, neanche per un raptus: Diana è stata lasciata da sola per sei giorni. Sei giorni passati a soffrire di stenti, senza che i suoi bisogni potessero essere soddisfatti. E così, la piccola è andata via. Si è addormentata per sempre, magari chiamando a bassa voce proprio quella mamma che, giorni prima, aveva chiuso la porta senza provare neanche un rimorso.
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Perché Alessia Pifferi ha lasciato la figlia da sola?
Ma cosa è successo, davvero? Com’è possibile che una mamma lasci la figlia di pochi mesi da sola, per così tanti giorni? Se potessimo concederci la libertà di giudicare, procedendo a tentoni e basandoci sulle (terribili) sensazioni che questa vicenda restituisce, la risposta sarebbe semplice: Alessia non voleva essere madre. Non aveva mai desiderato la responsabilità di quella piccola vita che era, per lei, più un disturbo che un grande amore.
È terribile da dire, ma i fatti parlano chiaro: Alessia Pifferi ha lasciato la sua bambina in casa non per un’emergenza, ma per un desiderio prepotente ed egoista, quello di condurre una vita libera da lei. L’ha lasciata da sola per raggiungere il suo nuovo compagno a Bergamo, per passare con lui dei giorni spensierati, senza curarsi di ciò che poteva accaderle. Tanto era il desiderio di non pensarci, di non averne cura, che persino all’uomo aveva raccontato una bugia, dicendo che la piccola era in compagnia della sorella.
Le parole terribili di Alessia Pifferi: «Sapevo che poteva andare così»
La consapevolezza ha accompagnato questa madre per tutto il tempo. Per ogni secondo. E non era neanche la prima volta che accadeva: già in passato, per dei weekend con amiche e compagno, la Pifferi aveva lasciato Diana da sola, sempre con le stesse modalità. I “preparativi” per la sua assenza erano semplici: un lettino da campeggio dove la bambina giaceva per tutto il tempo, un unico biberon con dentro latte e biscotti frullati e poi, la cosa più inquietante, una boccetta di En.
Sì, accanto al lettino di Diana campeggiava una bottiglietta di questo farmaco ansiolitico, vuota per tre quarti. Una bottiglietta che fa immaginare che la Pifferi intontisse e addormentasse la figlia di soli 16 mesi prima di andare via. E chissà per quanto tempo la piccola rimaneva intontita, incapace persino di piangere e urlare, incapace di fare qualsiasi suono che potesse allarmare i vicini di casa.
Ma se nei weekend passati fuori la bambina era sopravvissuta, questa volta le cose sono andate nel peggiore dei modi. Quando la donna è rientrata, poco dopo l’alba di un mercoledì, ha trovato Diana morta. Constatato ciò che era accaduto, la Pifferi ha bussato ai vicini (fingendosi?) disperata e dando l’allarme. L’intera palazzina si è mobilitata per darle aiuto, ma quando i paramedici sono arrivati, i nodi sono venuti al pettine: Diana era morta da giorni.
Sono scattati, così, gli accertamenti della polizia che hanno fatto capire che Alessia è una lucida omicida, che sapeva perfettamente cosa poteva accadere. Tant’è che al pm Francesco De Tommasi, che l’ha interrogata, ha confessato tutto senza versare una lacrima, aggiungendo: «Sapevo che poteva andare così».
Chi è Alessia Pifferi?
Ma chi è questa donna in grado di commettere un gesto tanto terribile? Chi è questa mamma assassina e dove si trova il padre della bambina? L’ultima domanda è un’incognita: stando a quanto dichiarato dalla Pifferi e dalla sua famiglia, non c’è un padre. La Pifferi aveva avuto diverse relazioni e, stando a quanto affermato, non si è accorta di aspettare Diana fino al settimo mese di gravidanza. Ha persino partorito in casa, senza neanche rendersi davvero conto che era arrivato il momento.
La famiglia, ovvero la mamma e la sorella della Pifferi, venivano tenute lontane dalla sua vita e non solo per distanza geografica. Anche l’ex marito, da cui si era separata, sapeva molto poco e non aveva idea del fatto che la piccola venisse spesso lasciata da sola. I vicini, turbati da quanto accaduto, hanno detto che Diana era anche gracile, veniva tenuta sempre nel passeggino e non camminava.
Si ipotizza che non sia mai nemmeno stata portata dal pediatra, eppure in via Parea, dove le due risiedevano, tutti ricordano il sorriso della piccola, che si allargava ogni volta che vedeva un volto nuovo. Adesso rimane solo tanta amarezza. E la condanna a omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e dei futili motivi, per una donna che probabilmente non aveva mai voluto rivestire il ruolo di madre.