Piatto simbolo della cucina lombarda, la cassoeula va assaggiata e preparata almeno una volta nella vita, perché è un’occasione per scoprire la tradizione contadina e l’arte di non sprecare nulla. Nasce come piatto povero, ma racchiude una ricchezza straordinaria: si prepara con il cavolo verza e i tagli meno nobili del maiale, che cuocendo a lungo diventano tenerissimi e profumati.
Indice
Le origini e la storia della cassoeula
Legata ai mesi più freddi e alla cultura contadina, che faceva della semplicità un’arte, la sua storia affonda le radici in un tempo in cui nulla andava sprecato: era preparato con cotenne, piedini, costine, musetto e testa unite al cavolo verza, da raccogliere solo dopo la prima gelata, quando diventa più tenero e dolce.
Le origini precise restano in parte avvolte da un alone di mistero. Alcuni collegano la cassoeula alle celebrazioni di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, data che segnava la fine delle macellazioni invernali. In quell’occasione, i tagli di carne destinati ai contadini venivano cucinati con le verze per portare sulla tavola un piatto che fosse nutriente e conviviale al contempo.
Anche sul nome ci sono diverse ipotesi, perché potrebbe derivare da cassœu, ovvero il mestolo usato per mescolare, oppure da cazzuola, l’attrezzo dei muratori. Parente lontano di pietanze europee come la choucroute alsaziana o il bigos polacco, la cassoeula è una ricetta rustica, intensa e profondamente lombarda: vediamo gli ingredienti.
Gli ingredienti della cassoeula
Questo piatto è nato per valorizzare ciò che un tempo non doveva andare sprecato. Al centro ci sono le parti meno pregiate del maiale, quelle che i contadini ricevevano dopo la macellazione. Non possono mancare orecchie, cotenne, piedini e codini, insieme ai verzini, piccole salsicce fresche e profumate. A questi si aggiungono spesso costine, puntine o musetti, per dare corpo e sapore al piatto.
I verzini, preparati con carne e grasso di suino macinati e insaporiti con sale, pepe e spezie, sono immancabili, perché regalano alla cassoeula quella nota morbida e speziata che bilancia la dolcezza della verza. Quest’ultima, protagonista indiscussa, va scelta tenera e raccolta dopo la prima gelata, perché solo allora diventa perfetta per la lunga cottura. Quanto al pomodoro, divide ancora oggi: c’è chi lo esclude del tutto e chi ne aggiunge appena un cucchiaino, giusto per dare un tono di colore al piatto. Ma la cassoeula non deve mai diventare una pietanza “in umido”.
Come preparare la cassoeula
Si comincia dal macellaio, che diventa quasi un complice: è lui ad aiutarci a scegliere le parti giuste del maiale, come costine, cotenne, piedini, codino, orecchie e naturalmente i verzini. A casa, ci aspetta la verza: dobbiamo separare le foglie più scure da quelle chiare del cuore, che metteremo da parte per la fase finale. Sbollentiamole velocemente, solo per ammorbidirle e liberarle del gusto un po’ amarognolo, poi lasciamole scolare.
Nel frattempo, prepariamo il fondo di cottura: cipolla, carota e sedano tagliati fini, un filo d’olio e una casseruola di ghisa che sappia trattenere il calore. Quando le verdure diventano morbide e dorate, aggiungiamo le carni e le lasciamo rosolare, sfumando con vino bianco secco. A questo punto uniamo la verza e un accenno di pomodoro, appena una punta, per dare colore, ma solo se lo desideriamo.
La cassoeula deve cuocere lentamente, coperta: verso la fine aggiungiamo i verzini e le foglie bianche della verza, lasciandole stufare insieme al resto. Un pizzico di sale, qualche rametto di maggiorana o rosmarino, poi si serve bollente, con la polenta accanto: il modo migliore per celebrare l’inverno lombardo.