È da uno spuntone di roccia immerso nel verde che, quasi come un’apparizione, spuntano i resti di un’antica fortezza di origini medievali: si tratta della Rocca di Vercurago, che tuttavia la maggior parte delle persone conosce con il nome di Castello dell’Innominato. Pare infatti che sia stato fonte d’ispirazione per Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo “I Promessi Sposi”, come ambientazione per uno dei suoi personaggi immortali. Scopriamo qualcosa in più sulla storia e sulle leggende che circondano questo suggestivo maniero.
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Dove si trova il Castello dell’Innominato
Siamo in Lombardia, in un luogo aspro e incontaminato che si trova al confine tra i comuni di Lecco e Vercurago, in posizione suggestiva con splendida vista sul lago di Garlate. L’antica rocca sorge sul Tremasasso – questo il nome affibbiato alla piccola altura calcarea che si erge alle pendici del monte Magnodeno. Qui c’è un’atmosfera davvero incantevole e misteriosa, soprattutto per via delle numerose leggende che circondano il castello. Una volta arrivati davanti alla fortezza (o almeno a ciò che ne resta), si può godere di un panorama mozzafiato.
Il Castello dell’Innominato, tra storia e leggenda
Il Tremasasso, proprio per via della sua posizione strategica (da quassù si vedono i principali corsi d’acqua del territorio e persino le propaggini meridionali del lago di Como), è da sempre un luogo d’importanza militare. Alcuni scavi hanno dimostrato la presenza di manufatti risalenti persino all’epoca golasecchiana, che si sviluppò nel Nord Italia durante l’età del Ferro. Ai tempi dei romani, probabilmente, sulla cima del promontorio roccioso esisteva un presidio militare con funzione d’avvistamento, di cui tuttavia non abbiamo più informazioni.
Per trovare i primi cenni della Rocca di Vercurago, dobbiamo arrivare al XIII secolo: in quel periodo, il territorio su cui sorge fu duramente conteso tra guelfi e ghibellini, quindi la proprietà passò di mano in mano senza che sia a oggi possibile ricostruire fedelmente la sua storia. Le vicende si fanno un po’ più chiare nel corso del secolo successivo. Nel 1509, il castello venne parzialmente distrutto dalle truppe francesi che invasero la Lombardia, quindi venne adibito a dogana. Qualche anno dopo, le rovine del maniero passarono al Ducato di Milano: gli edifici ancora intatti vennero usati per accogliere gli orfani, per istituire una scuola di grammatica e un seminario e per ospitare la congregazione dei chierici regolari di Somasca.
Furono proprio i membri di quest’ultima a preservare, almeno finché fu possibile, ciò che restava della rocca. Nel 1628 venne infatti ceduta dalla famiglia Limonta di Vercurago ai Padri somaschi, che se ne occuparono sino alla completa distruzione del castello durante la guerra tra Napoleone e l’Austria, nel 1799. Nel corso dei due secoli successivi, il maniero venne pian piano rimesso parzialmente in piedi, soprattutto per via della sua importanza storico-letteraria. Pare infatti che sia questo il luogo ad aver ispirato uno dei personaggi più celebri di Alessandro Manzoni, tanto da aver preso il nome di Castello dell’Innominato.
La Rocca nel romanzo di Alessandro Manzoni
La Rocca di Vercurago ha un ruolo speciale nel mondo della letteratura italiana: si narra infatti che Alessandro Manzoni, nella stesura del suo romanzo storico “I Promessi Sposi”, si lasciò ispirare da questo antico maniero per ambientare la residenza dell’Innominato, colui che fece rapire la povera Lucia e la tenne prigioniera tra le sue mura impenetrabili. Lo scrittore non smentì mai tale notizia, che iniziò a diffondersi già nel 1830 – in quell’anno venne pubblicata una mappa di Lecco con i luoghi de “I Promessi Sposi”, tra cui proprio il Castello dell’Innominato.
Manzoni non descrisse mai con esattezza la rocca, sebbene sia possibile individuare notevoli somiglianze tra l’edificio immaginario e quello realmente esistente. Inoltre lo scrittore fu a lungo in contatto con i Padri somaschi, grazie al periodo che trascorse nei collegi di Merate e Lugano. Senza contare che, all’inizio del XX capitolo del romanzo, vi è una ricca descrizione che sembra corrispondere perfettamente al paesaggio meraviglioso che circonda il castello. È in omaggio a questa “leggenda” che oggi il maniero ospita l’esposizione permanente “La Rocca dell’Innominato tra paesaggio, storia e letteratura”.
Cosa vedere presso il Castello dell’Innominato
Il Castello dell’Innominato è raggiungibile attraverso un bellissimo sentiero panoramico che si percorre in circa 30 minuti, partendo dal vicino Santuario di San Girolamo (in alternativa, vi è anche una scalinata di 150 gradini scavata nella roccia). Si arriva così davanti a una bassa cinta muraria che è ciò che resta dell’antico complesso fortificato della rocca. Al suo interno, una piccola torre che oggi ospita la cappella di Sant’Ambrogio, di origine medievale – e di più recente ristrutturazione, avvenuta nel 1895 per opera dell’architetto Antonio Piccinelli.
La cappella è stata ricostruita in stile neoromanico, con pianta rettangolare che culmina in un’abside. L’ingresso è costituito da un arco, sopra il quale spicca un affresco della Madonna e da una finestra circolare, con tetto a capriata che ospita una statua in cemento di San Girolamo Emiliani. All’interno ci sono degli affreschi dipinti di grande pregio, uno dei quali raffigura Sant’Ambrogio. Assieme alla cappella, venne restaurata anche la principale torre del castello: i lavori ebbero inizio solamente quando furono trovate le fondamenta, che erano da decenni nascoste dai detriti e dalla vegetazione.
Gli operai impiegarono le pietre del luogo per ricostruire una torre alta ben 8 metri, facendo attenzione a darle un aspetto diroccato come avrebbe dovuto essere se fosse sopravvissuta alla guerra napoleonica. L’edificio, che si ispira allo stile neogotico, venne poi convertito nell’undicesima delle cappelle del Sacro Monte di Somasca, e oggi ospita alcune statue in cemento dello scultore Eugenio Goglio, raffigurante il miracolo della moltiplicazione dei pani da parte di San Girolamo Emiliani. Un tempo, infine, nei pressi del castello sorgeva un crocione ligneo oggetto di venerazione da parte degli abitanti del borgo di Vercurago. Nel ‘900, venne sostituito con l’attuale crocione in ferro, illuminato da decine di lampadine e dedicato al cappellano di guerra padre Giovanni Battista Pigato.