C’è chi cucina solo a vapore, chi teme gli effetti del forno a microonde, chi rinuncia al fritto per paura di ingrassare. A torto, come abbiamo visto in questo articolo. Ma esiste davvero un metodo di cottura migliore dell’altro? Non è corretto mettere semplicemente a confronto i vari metodi di cottura degli alimenti, perché nessuno è preferibile agli altri, sostengono gli esperti dell’Andid (Associazione nazionale diestisti). Ognuno – secondo i dietisti – può essere utilizzato in maniera corretta, a seconda della ricetta, del tempo che abbiamo a disposizione, delle circostanze.
La perdita di vitamine
Nel processo di cottura, la perdita di vitamine è abbastanza consistente, e si aggira intorno al 50% per la vitamina C, fino ad arrivare al 70% per i cosiddetti folati. Le vitamine liposolubili, come la A, la D, la E e la K sono invece più resistenti (la loro perdita si aggira intorno al 25%). Così come i sali minerali che tendono, in minima parte, a sciogliersi nei liquidi di cottura: si passa dal 20% del calcio al 40% del rame passando, ad esempio, per il 25% del magnesio.
I consigli da tenere a mente
In generale, raccomandano i dietisti, per ridurre al minimo la perdita di sostanze nutritive dobbiamo focalizzarci sul tempo di cottura e sulla temperatura. Entrambi dovrebbero essere i più rapidi e bassi possibile. Tempi di cottura troppo lunghi e temperature troppo elevate, infatti, non solo possono impoverire molto gli alimenti, ma – addirittura – provocare la formazione di sostanze potenzialmente dannose.
Occhio all’ossidazione
Altri fattori importantissimi, da tener presente anche prima e dopo la cottura, sono l’esposizione all’aria e alla luce. Quando cuociamo le verdure, per esempio, non riduciamole in pezzetti troppo piccoli perché questo espone una superficie maggiore all’aria e quindi può aumentare la perdita di vitamine, come la C. Un’altra buona abitudine che dovremmo adottare è quella di preparare i vegetali immediatamente prima del loro consumo e comunque di tenerle sempre in frigo o coperte per evitare che si ossidino.
La quantità ideale di acqua
Altro accorgimento importante è quello di evitare di utilizzare quantità eccessive di acqua per il lavaggio degli alimenti, anche in questo caso soprattutto delle verdure, o lasciarle in ammollo per troppo tempo. Anche questa pratica, infatti, può “lavare” via alcune vitamine, soprattutto la niacina e la tiamina. È inoltre utile ridurre al minimo indispensabile la quantità di acqua utilizzata per cuocere le verdure, ma anche la pasta e il riso. Nel primo caso, infatti, ridurremo al massimo la perdita di vitamine e sali minerali nell’acqua di cottura (che può essere comunque riutilizzata per brodi e zuppe). Nel secondo – scrivono gli esperti Andid – permetteremo a pasta e riso di assorbire la quasi totalità dell’acqua, evitando anche in questo caso di buttare via anche amidi, sali minerali e vitamine insieme all’acqua di cottura. Infine, per gli alimenti che possono essere cotti con la buccia, come le patate ad esempio, consideriamo che tale modalità permette la migrazione delle sostanze nutritive al loro interno e quindi ne comporta una perdita molto minore.
Queste le principali tecniche di cottura, con le diverse caratteristiche:
- Bollitura. La temperatura è di circa 100° C. Permette di ridurre l’aggiunta di grassi a favore di spezie e aromi. Ma attenzione a utilizzare la minor quantità di acqua possibile per evitare perdite eccessive di vitamine e minerali, soprattutto per verdure e legumi, per i quali le perdite potrebbero essere abbastanza consistenti.
- Cottura a vapore. Temperatura inferiore a 100° C. Le perdite di nutrienti sono ridotte e le caratteristiche organolettiche degli alimenti vengono preservate. Inoltre, non richiede l’utilizzo di grassi da cottura. È tuttavia possibile cuocere solo alimenti tagliati in piccoli pezzi o fette, perché altrimenti i tempi di cottura sarebbero troppo lunghi.
- Brasatura e stufatura. Temperatura inferiore a 100° C. I lunghi tempi necessari determinano una discreta perdita di vitamine e minerali, che tuttavia si ritrovano nel liquido di cottura. È possibile limitare l’aggiunta di grassi da cottura utilizzando pentolame in materiale antiaderente.
- Cottura al forno. La temperatura in un forno casalingo caria tra i 150 e i 250° C. Le perdite di nutrienti, in questo caso, sono poco rilevanti, soprattutto se il forno viene preriscaldato. Con qualche accorgimento (carta da forno, teglie in materiale antiaderente) è possibile ridurre l’utilizzo di grassi da cottura. Molti forni hanno anche la funzione di “cottura ventilata”, che permette di cuocere in tempi più ridotti perché il calore viene distribuito tramite un ventilatore, appunto, che genera un flusso di aria calda che si distribuisce più velocemente ed in maniera uniforme sugli alimenti.
- Frittura. La tenperatura dell’olio è di 180° C. Il consiglio è quello di friggere in olio sufficientemente caldo e mantenerla temperatura sempre costante. Usare sempre olio extravergine d’oliva (anche quello di arachidi, ricco in polinsaturi, può essere adeguato mentre assolutamente da evitare gli oli di semi vari, le margarine e il burro) ed evitare di riutilizzare olio già cotto.
- Griglia/piastra/brace. La temperatura è superiore a 200° C. È bene vitare il contatto diretto degli alimenti con la fiamma viva e non consumare la bruciacchiatura (non sono dannose, invece, le classiche strisce brune che si formano sulla superficie della carne, del pane e delle verdure quando cotte alla griglia o alla piastra). Preferire piastre in materiale antiaderente e in cui è possibile controllare la temperatura ed evitare di salare gli alimenti prima di cuocerli.
- Forno a microonde. Riduce i tempi di cottura e l’utilizzo di grassi, e le perdite di nutrienti sono poco rilevanti. Tuttavia, non è possibile cucinare alimenti di grossa pezzatura. Per gli scettici del forno a microonde, è importante chiarire che, a tutt’oggi, non ci sono studi che dimostrano la pericolosità della cottura a microonde nell’alimentazione umana, sottolineano i dietisti.