Valentina Ferragni, sorella della celebre influencer Chiara, ha di recente acceso i riflettori su una condizione che può colpire a qualsiasi età, bambini compresi, sovrappeso ma anche normopeso: l’insulino-resistenza. Aumento di peso e difficoltà a dimagrire, affaticamento e mente annebbiata con scarsa capacità di concentrazione sono i primi segnali del problema. È importante parlarne con il medico, anche perché una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica possono rendere la condizione reversibile.
Indice
Cos’è
“Lo stato di insulino-resistenza esprime la perdita della salute metabolica da parte di una persona”, racconta il prof. Pier Luigi Rossi, medico specialista in scienze della alimentazione e medicina preventiva. “Con questa condizione si intende una ridotta risposta delle cellule dell’organismo all’insulina che, nonostante la sua maggiore presenza, anche a digiuno non riesce a realizzare i suoi effetti”.
Ma come si sviluppa? “Il pancreas – spiega il medico – produce insulina dopo la stimolazione della glicemia, un valore che aumenta a seguito dell’assunzione di carboidrati alimentari. Ogni cellula del corpo umano possiede, sulla sua membrana cellulare, recettori per l’ormone insulina. L’unione tra il recettore e l’insulina attiva la reazione fisiologica della cellula, che accetta l’entrata del glucosio al suo interno per essere utilizzato al fine di ottenere energia biochimica. Il glucosio si trasforma in ribosio, che è utilizzato per la produzione di DNA, RNA. Ma quando la membrana cellulare non possiede i recettori, l’insulina è presente ma non può agire, da qui il termine insulino-resistenza. Il glucosio non entra all’interno della cellula e quindi si ha un aumento della glicemia nel sangue. Questo glucosio però finisce all’interno degli epatociti, cellule del fegato, dove si trasforma dapprima in glicogeno e poi in acidi grassi, causando un accumulo di grasso viscerale con tutte le sue conseguenze”.
Cause, fattori di rischio e complicazioni
Le cause dell’insulino-resistenza sono numerose. Può essere causata da fattori ormonali e familiarità (componenti genetiche). Nella maggior parte dei casi, interessa soggetti colpiti da malattie cardiovascolari (ipertensione, trigliceridi elevati nel sangue, ipercolesterolemia…) e steatosi epatica (fegato grasso), patologie che rappresentano al tempo stesso sia cause sia conseguenze dell’insulino-resistenza e che sono spesso legate a un eccesso di grasso viscerale.
“Tutte le principali ricerche scientifiche – sottolinea il prof. Pier Luigi Rossi – hanno dimostrato che un eccessivo accumulo di tessuto adiposo nella parte superiore del corpo rappresenta un fattore di rischio patologico. Non a caso, chi appartiene al cosiddetto biotipo androide, caratterizzato dall’accumulo di grasso principalmente su collo, spalle, braccia, seno, torace, zona lombare e addominale presenta un rischio più elevato di sviluppare la condizione di insulino-resistenza, dove l’insulina è presente senza esercitare la sua naturale funzione. Un eccesso di insulina nel sangue causa uno stress ossidativo significativo e uno stato di diffusa glicazione del collagene (il collagene si unisce al glucosio), con cedimento del tessuto connettivo e un’alterata nutrizione cellulare”.
“Avere perso la sensibilità all’insulina è un fattore di rischio di patologie come obesità, sovrappeso, diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa, arteriosclerosi, sindrome ovaio policistico, steatosi epatica non alcolica, patologie cardiovascolari, elevati valori ematici di trigliceridi, colesterolo, acido urico, tumori maligni, riduzione del testosterone (negli uomini) e sindrome metabolica. È necessario, dunque, agire con convinzione per eliminarla”, suggerisce l’esperto.
Trattamento e dieta
Il trattamento più efficace e risolutivo per l’insulino-resistenza è dato da una regolare attività associata al dimagrimento e all’adozione di una dieta personalizzata. L’alimentazione ha dunque un ruolo decisivo in questa condizione di salute.
“Come accennato, per insulino-resistenza – spiega il medico – si intende la presenza eccessiva di acidi grassi saturi a catena lunga: uno di questi si chiama acido palmitico e deriva dagli alimenti di origine animale, come carne grassa, salumi, formaggi, latticini”.
“Per superarla – continua l’esperto – occorre individuare la dose giusta di carboidrati giornalieri, ridurre formaggi, salumi e carne con acidi grassi a catena lunga e aumentare l’assunzione di acidi grassi omega 3 contenuti nei semi oleosi, nel pesce e nell’olio extravergine di oliva. Via libera poi alle fibre contenute nei vegetali e nei cereali in chicco, in particolare orzo e avena integrale, che sono ricchi di una preziosa fibra idrosolubile chiamata inulina, capace di regolare i livelli di glicemia nel sangue”.
“Importante è poi fare attività motoria con regolarità”, suggerisce il prof. Pier Luigi Rossi. “Perfetta quella aerobica, basata sulle gambe, compiendo almeno 10mila passi al giorno, e quella di resistenza (pesistica, elastici, maniglie con resistenza) per incrementare la massa magra muscolare degli arti superiori e del tronco”.
Insulino-resistenza e dimagrimento
Chi è affetto da questo stato, anche senza arrivare al diabete di tipo 2, normalmente presenta notevoli difficoltà a dimagrire. “Questo perché il suo organismo è bloccato in una condizione patologica favorente l’accumulo di massa grassa, in particolare nell’addome. Fino a quando non viene rimosso lo stato di insulina resistenza è davvero impegnativa la riduzione del peso corporeo”, racconta il medico. Se infatti, a causa della resistenza, aumentano i livelli di insulina nel sangue, i grassi assunti tramite la dieta saranno spinti in proporzioni maggiori a immagazzinarsi nel tessuto adiposo. Allo stesso tempo, un valore elevato di insulinemia impedisce che i grassi immagazzinati vengano rilasciati al fine di produrre energia per le cellule muscolari. Uno dei primi segni di calo dell’insulino-resistenza è infatti proprio una maggiore capacità di concentrarsi e di mantenere costante l’attenzione, oltre allo “sblocco” del dimagrimento.
Come si diagnostica
Scoprire se si soffre di questa condizione è piuttosto semplice. “Occorrono due semplici valori che è possibile estrapolare dagli esami del sangue: glicemia e insulinemia a digiuno. Con questi parametri si può calcolare l’Indice HOMA (Homeostasis Model Assessment), che si ottiene attraverso questa formula: Glicemia a digiuno (mg/100ml) x insulinemia a digiuno (mUI/mL) / 405. I valori range di normalità sono compresi tra 0,23 e 2,5 (per gli adulti); 0,25 e 3,6 (per i bambini). Se il valore ottenuto è superiore a questi parametri – conclude il prof. Pier Luigi Rossi – vuol dire che la persona è in una condizione di insulino-resistenza”.